Anna Lombroso per il Simplicissimus

Si tranquillizzi chi si era preoccupato per il temporaneo silenzio: può santificare la domenica con la preghiera religiosissima del Grande Interlocutore con il Papa e direttamente con Dio, più abilitato di chiunque altro a celebrare l’avvento del Salvatore, incaricato oltre che dalla Provvidenza,  da Scalfari medesimo che lo gratifica con il suo  paterno appoggio.

Conosco l’ex presidente della Bce da molti anni”, scrive,  “eravamo diventati molto amici lui ed io e lo siamo ancora nonostante la mia vecchiezza…..Ebbe vari incarichi e mostrò le sue capacità” . Saprà dunque assolvere all’alta missione di condurre a buon fine il  “concerto che sta portando avanti con la bacchetta del direttore”,  battendo “il tempo per tutti”, comprese quelle indecorose frattaglie della democrazia parlamentare con le quali è costretto a interagire.

E a sottolineare la comune appartenenza alla razza padrona, superiore per doti naturali, censo e cultura, chiude così l’omelia,  pregando “ l’amico Mario Draghi di non dimenticare la politica coniugata con l’arte e la bellezza… ricordiamoci di Shakespeare, Baudelaire, Beethoven e Chopin e anche di Federico García Lorca che chiude al meglio l’arte della vita”. 

Il  frettoloso ripasso sul Bignami di economia alla voce Keynes, con il richiamo al passo dedicato alle  “delizie della vita”, cultura, musica, arte, contemplazione, quelle insomma che meriterebbero gli umani una volta liberatisi dalla smania di accumulazione e dall’avidità, ci sta tutta con l’edificante conversione del venerabile e con il nuovo afflato solidaristico  del  conferenziere al meeting di Comunione & Liberazione S.p.A..

Per ambedue e da sempre per lignaggio, matrimonio, arrivismo o fidelizzazione si sono dischiuse le opportunità di godere di tutto quello che è invece interdetto a chi è sotto il giogo dello stato di necessità, quando conoscenza, informazione, qualità della vita sono lussi destinati ai pochi che non corrono su è giù per le scalette della gabbia, fronteggiando debiti, bollette, mutui di una classe retrocessa e esautorata perfino della possibilità di comprare a credito i suoi bisogni oltre ai suoi sogni.

Non stupisce dunque la sponsorizzazione entusiasta al presidente incaricato che arriva da quelle cerchie. Meraviglia invece la fiducia disperata di tutti i “segmenti di pubblico” che affidano la loro salvezza a qualcuno che  ha dichiarato con le parole e coi fatti di voler favorire il passaggio a una nuova era nella quale è doveroso cancellare lo stato sociale, abbattere quell’edificio di garanzie conquistate che sono obiettivamente di ostacolo allo sviluppo di libera iniziativa e profitto, sospendere la dissennata elargizione di aiuti a beneficio di target immeritevoli, da destinare invece alle misure  necessarie alla concentrazione  delle imprese in un grande oligopolio transnazionale.

Servirebbe probabilmente più dell’analisi del sociologo, la diagnosi dello psichiatra  per riconoscere le cause e i sintomi dell’istinto suicida dei fan del boia  manifesto. Si può però azzardare qualche ipotesi sulla composizione di questo gruppo sociale che traduce la sua frustrazione di ceto medio che sta naufragando nel mare salato della proletarizzazione, affermando con forza risentita la sua distanza dagli straccioni rozzi, ignoranti, razzisti che hanno trovato un miserabile approdo nel populismo, proprio come gli avanzi della Middle Class americana che ha sognato di liberarsi dell’incubo reaganiano votando Trump.

E difatti le cheerleader di Draghi sono le stesse personalità autodistruttive e incarognite che plaudono il Biden green che premia l’uomo forte della Monsanto, il Biden universalista che incarica la donna a mezze tinte e la transgender dopo aver agito in prima persona seminando guerra e distruzione, che in sostituzione di diritti primari cancellati si accontentano di qualche optional, di accessori sacrosanti, ma inutili se il minimo della condizione civile e sociale è stato soppresso o è stato oggetto di rinuncia.

Molti di loro rivendicano perfino antiche afferenze identitarie alla “sinistra”, cui guardano con la simpatia riservata al vintage, prestandosi a collocare nei suoi ruoli la variegata banda dell’abiura, cui non sarebbe giusto attribuire la grandezza del tradimento, se è dalla Bolognina e anche da prima, dal congresso di fondazione al Lingotto che ogni giorno viene ribadito il ripudio del mandato di testimonianza e rappresentanza degli sfruttati. È che non è nuovo nella storia dell’uomo che una volta sancita la morte anche virtuale e la successiva rimozione di una utopia, venga voglia di stracciarla, ridicolizzarla, come se fosse lei la colpevole dell’infedeltà, dell’inganno e del voltafaccia.

Chi sono, chi siamo ormai in questo calderone nel quale affogano le aspettative di una classe che non vuole ammettere di essere ormai “disagiata” per potenzialità d’acquisto, affermazione personale, progressione di carriera o remunerazione, quella frazione “intellettualizzata”, che usa la conoscenza come strumento di potere, viziata da  uno stile di vita che non può più permettersi, ma che accampa scuse e meriti intellettuali, culturali, sociali per alimentare una pretesa “preminenza” che dovrebbe risparmiarle l’arretramento umiliante  tra gli ultimi, cui si imputa di non possedere le qualità e i meriti per guadagnarsi e mantenersi la salvezza.

Era più facile capire chi si era prima che gli insegnanti dovessero prendere atto della loro funzione produttiva, proprio come un Cipputi qualsiasi,  contribuendo a norma di legge o di riforma  al bilancio dell’impresa scuola,  prima che  arricchissimo Amazon acquistando e offrendogli gratis i nostri dati diventati la marce più profittevole,  prima che in veste di pazienti dovessimo collaborare al bilancio delle Asl dichiarate anche ufficialmente “aziende”.  

Prima cioè che diventassimo “produttivi” cioè dipendenti della finanziaria globale che fa circolare i capitali, che lo sapessimo o no, che lo volessimo o no. Che poi in questo ceto senza confini, ci stiamo tutti,  consumatori alla pari di chi ci consegna i prodotti, clienti delle major della comunicazione telefonica e dipendenti dei call center,  laureati che fanno i rider e “creativi” senza laurea che disegnano siti, consulenti d’immagine e facilitatori di appalti e gare, operatori sanitari e sindacalisti che confezionano i piattini indigesti dei patronati a base di assicurazioni,  fondi e opportunità del Welfare aziendale, i disoccupati insieme ai Navigator che lo saranno tra qualche mese, ma anche dipendenti pubblici esposti anche loro alla precarietà da quando l’interesse del sistema è quello di economizzare sulle prestazioni delle gerarchie di medio e basso livello, promuovendo invece le funzioni di chi da ruoli più elevati è addetto alla negoziazione e ai servizi in favore dei privati o a svolgere mansioni di sorveglianza e controllo.

Stavolta non potremo dire, non lo sapevamo. Perchè è vero, abbiamo permesso che facessero a pezzi l’utopia del riscatto rivoluzionario, è vero abbiamo concesso che si compisse il sacrificio di mettere le riforme al servizio dello sfruttamento, ma almeno non lecchiamo la mano dell’accalappiacani.