soldati-italiani-bd_1364144Proprio non ho resistito. L’altro giorno, navigando su You tube ho scoperto un vecchio sceneggiato televisivo mandato in onda nella primavera del 1968 e presumibilmente messo a punto l’anno precedente, che nella sua apparente ingenuità sembra quasi profetico nel prevedere l’impensabile. Quella che oggi chiameremmo serie è rimasta nota quasi soltanto per il fatto di avere tra i protagonisti Giusva Fioravanti, allora bambino, finito poi nel terrorismo nero diventandone esponente di spicco e macchiandosi di numerosi assassiniì, strage di Bologna a parte.

In realtà la serie cercava di fare il punto in anni di passaggi vorticosi sulla media e piccola borghesia italiana afferente alle prese con valori già in via di diventare presunti, con tradizioni in via di estinzione, con la famiglia e con l’ascesa sociale fatta di casa, auto elettrodomestici, corsi per i figli, furbizie, ipocrisie e quant’altro. Il tutto è stranamente aggrovigliato, quasi scomposto, ma quasi mai gratuito e presenta caratteri di singolare capacità di anticipazione, come quella sull’Afganistan cui si riferisce il breve filmato accanto a incredibili censure, come per esempio quella di non nominare mai il divorzio fatto solo intuire con acrobatiche allusioni.

Tutto naturalmente è filtrato dalla cultura del tempo e al posto dei sistemi di condizionamento sociale messi a punto dalle scienze neuro cognitive e utilizzati da un’informazione quasi totalmente complice, svenduta e comprata, compare la vecchia leggenda della persuasione occulta. Ma l’idea che un intero corpo sociale a forza di inganni, ripetizioni e “tag” automatici possa essere indotto a credere o ad approvare qualsiasi cosa, rimane intatta nel suo nucleo. Così il protagonista della vicenda suppone che gli italiani possano essere spinti a fare la guerra a un popolo di cui solo pochissimi conoscono l’esistenza e la scelta profetica è caduta sull’Afganistan, ritenuto giustamente l’ultima area al mondo dove sarebbe potuto esplodere un conflitto in cui l’Italia potesse avere un qualunque interesse. Del resto negli stessi anni solo un’infima minoranza di americani sapeva dove si trovasse il Vietnam, quanto fosse grande, quanto abitato e dunque poteva essere spacciata qualsiasi balla sulla necessità vitale di tenerlo sotto le grinfie a nche a costo di milioni di morti.

Per ragioni di censura politica il Vietnam che pure era al centro delle cronache di quegli anni, non compare affatto nello sceneggiato ed è presumibile che gli autori abbiano fatto la delirante ipotesi Afganistan proprio per dire qualcosa che non potevano esprimere apertamente sul conflitto in Indocina. Non potevano certo immaginare che questa assurda stravaganza si sarebbe tradotta in realtà e che saremmo stati costretti a rimanere in questo Paese per 16 anni a fare gli ascari degli Usa in una guerra già persa ma che ha consumato enormi risorse necessarie ad altro. Il tutto con un’opposizione marginale e comunque inefficace.