Oggi voglio usare solo poche parole perché ormai la realtà si sta facendo strada da sé in mezzo ai detriti dell’informazione che tentano di soffocarla. Poche parole per descrivere le ragioni dell’odio che vediamo nell’accanimento dell’impero anglosassone contro la Russia e più recentemente contro la Cina che non sembra avere alcuna motivazione, ma che intanto tiene il piedi il conflitto in Ucraina e spaventa con la questione di Taiwan. Un odio che stiamo facendo nostro, che fa sempre più gioco al potere, che viene pompato dai media e da tutto l’apparato di corte e che viene espresso sotto pelle anche da Draghi quando dice che occorre un cambiamento radicale per competere con la Cina e con il nuovo ordine globale in cambiamento. Ciò che prescrive urgentemente sembra il copione dei suoi amici controllori di Davos: un appello all’azione per “integrare” i paesi dell’UE con il pugno di ferro, costringendoli a cedere i loro punti di influenza individuali a una burocrazia superiore e non eletta.

La dialettica è sempre la stessa: creare uno spauracchio per unire artificialmente le persone sotto un’unica bandiera per motivi di “sicurezza” ed evitare così la morte di un sistema di sfruttamento colonialista secolare, a beneficio di una classe di famiglie mercantili e bancarie d’élite il cui potere e influenza dura da secoli. Ma che di certo non ci riguarda.

Ora quale sono le radici dell’odio a cui dovremmo convertirci? Esso cominciò nell’ XIX secolo quando, dopo l’alleanza antinapoleonica, la Gran Bretagna si rese conto che la vastità e la forza della Russia erano il vero ostacolo al dominio mercantile del mondo e via via ha insegnato queste cose all’America: la Russia era la nazione che poteva opporsi al disegno imperial – monopolistico. Quindi è stata odiata quando era sotto il tallone degli zar, quando era comunista e quando non era più comunista. Uno storico di vaglia, JH Gleason, rispose a questo interrogativo già negli anni 50: il punto chiave è che non c’era alcuna ragione per l’odio. La Russia non aveva fatto assolutamente nulla era solo una grande potenza e quindi un affronto all’egemonia britannica. Questo è lo stesso motivo per cui gli Stati Uniti odiano la Cina: non per qualcosa che la Cina fa effettivamente, ma perché è grande. Più in specifico gli inglesi si erano messi in testa che la Russia avrebbe invaso l’India attraverso l’Asia centrale e l’Afghanistan – una delle idee più bizzarre, false e sbagliate che si possano immaginare, poi tematizzata da Mackinder nella sua teoria dell’ Heartland– ma la presero alla lettera. E si sono detti questo: ‘Noi siamo gli imperialisti. Come osa la Russia presumere di invadere l’India?

Questa è la ragione delle guerre prima in soccorso della Turchia e poi delle guerre mondiali che volevano impedire una qualunque amicizia tra Russia e Germania. Ma è anche la radice della guerra in Ucraina. Trascuro qui tutto il capitolo che riguarderebbe Benjamin Disraeli – fino ad oggi l’ unico primo ministro ebreo nella storia britannica e primo sionista conosciuto, la diaspora ebraica in seguito ai pogrom in Russia verso quelli che oggi chiamiamo i Paesi dell’Est, l’influsso bancario dei Rothschild, perché è una storia molto complessa, ma che in definitiva ci fa capire perché il fronte ucraino contro la Russia abbia dato origine anche al conflitto in Palestina. La cosa che voglio mettere in rilievo è che la russofobia non ci riguarda né come Paese, né come continente, ed è anzi contro di noi. Esso suona ridicolo nei suoi miserabili pretini nostrani, così desolatamente stupidi e ignoranti. Esso suona come un’offesa alla nostra cultura, ma anche come un attentato alla nostra economia che Draghi vorrebbe arricchire di nuovi schiavi del lavoro e di totalitarismo eurocentrico per far piacere a Washington. Non abbiamo nulla a che fare con l’odio che accende il tramonto dell’occidente anglosassone: il futuro non è più lì a fare da camerieri all’ultimo ballo dei vampiri.