Spesso in questo blog ho osservato come il Wef, alias World economic Forum sia stato al centro della narrazione pandemica e del relativo piano di “reset”  sociale che vi si accompagnava come un retro pensiero opiù che visibile, ma letture più recenti mi hanno suggerito che forse l’attenzione andrebbe piuttosto spostata sul Council on Foreign Relations (Cfr) , come autore principale del racconto. Questo cambia le cose perché sposta l’asse del ragionamento più sugli Usa e sulla sua elite come motore principale di tutto questo, insomma più su una dimensione mista tra impero e globalizzazione dentro una visione nella quale l’uno garantisce l’altra e viceversa. Innanzitutto cosa è questo Cfr?  E’ un think tank americano specializzato nella  politica estera e nelle relazioni internazionali degli Stati Uniti . Fondato nel 1921, conta attualmente oltre 5000 membri e ha fin dall’inizio incluso politici di vertice, segretari di stato, direttori della CIA , banchieri, intellettuali, personaggi di spicco dei media e loro proprietari, pubblica la rivista bimestrale Foreign Affairs dal 1922 e gestisce anche il David Rockefeller Studies Program. Ma soprattutto il Council è riuscito a creare un circuito informativo transatlantico ampiamente autonomo in cui quasi tutte le fonti e i punti di riferimento pertinenti sono controllati dai membri del Consiglio e dalle sue organizzazioni partner. In questo modo si è creata una matrice informativa storicamente unica, nettamente superiore alla classica propaganda governativa degli Stati autoritari e grazie a questo controlla la politica estera degli Stati Uniti e determina i presidenti e i politici chiave. Ci sono ramificazioni in tutto il mondo, come il Gruppo Bilderberg in Europa, mentre la Commissione Trilaterale è stata fondata anche per l’Asia orientale nel 1972 dall’allora  presidente del Cfr David Rockefeller e dal suo direttore Zbigniew Brzezinski.

Il World Economic Forum non è stato semplicemente un’idea di Klaus Schwab, ma è nato da un programma di Harvard finanziato dalla CIA guidato da Henry Kissinger,  da John Kenneth Galbraith e dal “vero” dottor Stranamore, ovvero Herman Kahn, l’adoratore della bomba e della guerra nucleare. La storia documentata del World Economic Forum è stata progettata per far sembrare che l’organizzazione e il suo piano di global leaders sia una creazione puramente europea, ma non è così. In effetti, Klaus Schwab aveva una squadra politica americana che lavorava in segreto, aiutandolo a fondare l’organizzazione globalista con sede in Europa. Chiunque abbia una certa familiarità con la storia di Schwab e io mi sono letto parecchio  in proposito negli ultimi due anni, sa ha studiato ad Harvard negli anni ’60 e lì ha incontrato l’allora professor Henry Kissinger, con il quale Schwab ha stretto un’amicizia per la vita. Ma, come per la maggior parte delle informazioni dai libri sul World Economic Forum, ciò che viene raccontato non è l’intera storia. In effetti, Kissinger ha reclutato Schwab come parte del seminario internazionale di Harvard sponsorizzato dalla Central Intelligence Agency degli Stati Uniti. Sebbene questo finanziamento sia stato scoperto l’anno in cui Klaus Schwab lasciò Harvard, la connessione è passata fino ad ora in gran parte inosservata. Insomma il Wef non è una creazione europea quanto piuttosto il frutto di un’operazione proveniente dalle amministrazioni  di Kennedy, Johnson e Nixon  i quali avevano tutti legami con il Council on Foreign Relations e il movimento associato della “Tavola rotonda”, nella quale la Cia giocava un ruolo di supporto.

Gli indizi, raccolti fra gli altri anche da  Johnny Vedmore il quale presenta molti interessanti spunti  suggeriscono che Klaus Schwab sia stato reclutato da Kissinger nella sua cerchia di imperialisti della Tavola Rotonda e che attraverso il seminario finanziato dall’agenzia spionistica egli abbia coltivato rapporti con i politici americani di massimo livello i quali lo avrebbero aiutato a fondare il più potente istituto di politica pubblica d’Europa, il World Economic Forum, nato per “dar forma” al continente come si proponeva Kissinger. Questa diversa prospettiva, fa meglio comprendere come sia stato possibile organizzare una narrativa pandemica, manipolando informazioni e dati e come si sia arrivati alle soglie di un conflitto nucleare che a suo tempo fu l’ossessione del Cfr.

Tanto per dire una e per comprendere la potenza di questo gruppo nella sua reale dimensione basta riferirsi a un’ email intercettata da Wikileaks nella quale si conferma che nel 2008  Michael Froman, Senior Fellow del CFR (e banchiere di Citigroup) aveva dato ad Obama l’organigramma dell’intero futuro gabinetto già un mese prima della sua elezione. Di conseguenza, i posti chiave nel gabinetto di Obama erano occupati quasi esclusivamente dai membri del CFR, come è avvenuto nella maggior parte dei gabinetti dalla seconda guerra mondiale. A dire il vero, anche l’avversario repubblicano di Obama nel 2008, il defunto John McCain, era un membro del CFR. Michael Froman ha successivamente negoziato gli accordi commerciali internazionali TPP e TTIP, prima di tornare al CFR come Distinguished Fellow. Questa spiega anche la campagna senza sosta contro Trump che aveva spezzato questa sorta di consuetudine e che aveva portato avanti una sieri di idee contrastanti con le visioni del Council e dunque di una notevole parte dell’elite americana. Non sorprende che la maggior parte dei media statunitensi , i cui proprietari ed editori sono essi stessi membri del CFR , non abbiano gradito il presidente Trump. Questo valeva anche per la maggior parte dei media europei, i cui proprietari ed editori sono membri di affiliate internazionali del CFR come il Gruppo Bilderberg e la Commissione Trilaterale. Inoltre, è stato il CFR che nel 1996 ha raccomandato una più stretta collaborazione tra la CIA e i media, ovvero un riavvio della famosa operazione  Mockingbird da parte della Cia.

Insomma il Wef non è davvero il motore dell’approccio maltusiano alla limitazione della crescita che lo lanciò come think tank di livello mondiale quando nel 1973 fornì una tribuna importante ad Aurelio Peccei e nemmeno delle distopie che dobbiamo combattere mezzo secolo dopo, ne è solo la cinghia di trasmissione. Le radici del male sono altrove.