Mentre è tristemente tramontata la stella di Tsipras, nonostante i grotteschi tentativi di riabilitazione da parte qualche eterno funanbolo della sinistra da salottino e quella di Iglesias rischia seriamente di offuscarsi, sta sorgendo all’orizzonte un nuovo personaggio destinato a radicalizzare il linguaggio politico a sinistra. Si tratta di Jeremy Corbyn che il 12 settembre prossimo potrebbe diventare segretario del partito laburista. Una chance concreta, confermata da un sondaggio pubblicato due giorni fa e accreditate anche dal tiro di sbarramento subito attuato dai media mainstream anche attraverso falsificazioni sulla storia del Labour o tesi prefabbricate e insulse come divide il partito, è troppo radicale, è un populista aiuto che potrebbe non essere poi così europeista. Insomma le solite sciocchezze di rito da tirapiedi delle oligarchie, riproposte da noi anche in funzione italiana. Dal momento che di Jeremy Corbyn so poco riporto un illuminante articolo sul personaggio e sul Labour di George Monbiot, celebre editorialista del Guardian, autore per la Bbc e scrittore. Un intervento che dice cose interessanti anche per noi e per la nostra sinistra.
“Su un punto sono d’accordo con i suoi avversari: Jeremy Corbyn ha poche possibilità di vincere le elezioni generali del 2020. Ma lo stesso vale per gli altri tre candidati. Il Labour dovrebbe riconquistare i seggi che aveva una volta in Scozia, cosa certamente impossibile senza virare a sinistra o deve battere i conservatori di 12 punti in Inghilterra e Galles per formare una maggioranza assoluta: insomma deve riconquistare 106 seggi. Se qualcuno pensa che sia probabile, rispettosamente gli devo suggerire che vive nel mondo dei sogni.
Però a questo improbabile risultato Corbyn potrebbe dare qualche inedita chance. Solo un movimento politico dirompente, che possa infuocare, ipnotizzare e mobilitare, che possa creare un esercito di volontari, come ha fatto il SNP in Scozia, può distruggere il calcestruzzo politico conservatore.
Immaginare che il Labour possa vincere diventando ancora più blando, confuso e vile significa soccombere a un pensiero che è allo stesso tempo magico e disperato. Tali sognatori sostengono che il Labour deve riconquistare la terra di mezzo. Ma non c’è un posto del genere: la via di mezzo è una montagna magica che si ritira quando ci si avvicina. Quanto più è inseguita da sinistra, tanto più si muove a destra.
Come il filosofo sociale Karl Polanyi ha sottolineato verso la fine della seconda guerra mondiale, quando la politica offre poca scelta e poche prospettive di risolvere i problemi, le persone cercano soluzioni estreme. L’incapacità dei laburisti di fornire un’ alternativa forte e orgogliosa alle politiche conservatrici spiega perché tanta parte della sua base sia passata all’ UKIP alle ultime elezioni. La chiarezza politica di Corbyn spiega perché le stesse persone stanno ora tornando verso di lui. Stanno tornando perché lui agisce per qualcosa, qualcosa che li potrebbe aiutare, qualcosa di non ideato da manichini in giacca e cravatta. Niente era più politicamente inetto che il tentativo del Labour prima delle elezioni di riconquistare i tifosi dell’ UKIP inasprendo le proprie posizioni sull’immigrazione. Perchè votare per l’eco quando si può votare per il grido? Cosa c’è di attraente nell’ abbandonare i propri valori fondamentali per la prospettiva di guadagno elettorale? Cosa può attrarre in un partito che striscia, proponendosi come uno zerbino politico, offrendosi agli interessi più potenti?
In un articolo per openDemocracy, Ian Sinclair mette a confronto i tentativi da parte del Labour di fermare Corbyn con i tentativi da parte dei conservatori nel 1974-1975 per fermare Margaret Thatcher. Divisiva, odiata dalla stampa, percepita dal suo partito come un estremista, è stata ampiamente respinta in quanto ineleggibile. I Tory, convinti che il partito avrebbe potuto vincere solo stando centro, ha fatto tutto il possibile per fermarla.
Attraverso tre decenni, gli strateghi del New Labour hanno trascurato una realtà fondamentale: i politici devono rafforzare i principi che sposano. Più si cerca di vincere con l’adozione dei valori degli avversari, più essi vengono legittimati e promossi: Tony Blair ha vinto tre elezioni, ma così facendo ha reso difficili altre future vittorie dei laburisti. Con l’adozione dei valori conservatori e del linguaggio conservatore, ha spostato la nazione a destra, anche quando ha perseguito politiche di sinistra, come il salario minimo, i crediti d’imposta e la libertà di informazione. È possibile sostenere le politiche senza valori per un po’, ma poi, come le piante senza terra, i movimenti appassiscono e muoiono.
Al pensiero mainstream del Labour piace far finta che solo la guerra in Irak sia stata un errore da parte di Blair. Ma potrei riempire una pagina intera con l’elenco di capitolazioni all’avidità e alla tirannia: la mercificazione della sanità, il via libera alle avventure della finanza privata, la criminalizzazione della protesta pacifica, la collusione nel rapimento e la tortura dei dissidenti di altre nazioni, l’eliminazione dell’edilizia popolare. I danni di Blair sono alla luce del sole, ma i cortigiani che affollano le liste dei potenziali candidati, spiegano perché il partito si sforza ora di trovare qualcuno sotto i 50 che si presenta come un leader.
Le capitolazioni sono continuate sotto Miliband, che ha dato via libera all’ossessione conservatrice per il deficit e l’austerità subordinando ad esse la politica del lavoro. Come spiega Paul Krugman, l’austerità è una truffa che non fa altro che male alla ricchezza di questa nazione. E ‘stato screditata salvo in Gran Bretagna dove rimane un mito. Tuttavia Miliband si è fatto catturare volentieri nella trappola. Il suo manifesto ha promesso di “tagliare il deficit ogni anno” e ad adottare le politiche dei Tory, alcune crudeli come il taglio degli aiuti per la casa. Si può scegliere di credere che questa politica straniante, aggravata da sbalorditivi atti di vigliaccheria, sia in grado di catturare lo stato d’animo della nazione, invertire il declino del lavoro e garantire 100 altri seggi. Ma per favore si smetta di credere che questo sia realistico.
La ricostruzione di un movimento politico significa sposare i propri valori e trovare un modo per concretizzarli. I realisti senza speranza propongono il contrario. Affastellano una lista di politiche logore che ritengono fattibili, poi cercano di convincerci che questo pacchetto è desiderabile. Anche se mantengono i valori fondamentali, essi sono così confusi da essere ormai indecifrabili.
Il danno compiuto nella permanenza di 21 anni nel triangolo delle Bermuda di Blair è stato enorme e potrebbe richiedere molti anni per sperare in una vittoria. Questa è una prospettiva spaventosa, ma più a lungo il Labour continua a ripetere gli stessi errori, rafforzando i valori che dovrebbe contestare, più a destra spingerà la nazione e più remote diventeranno le possibilità di elezione. Il compito è quello di ricostruire i valori del partito, riappropriarsi del dibattito democratico, tirare il centro verso la sinistra e il cambiamento.
Poiché le prospettive immediate dei laburisti sono così remote, a prescindere da chi vincerà le primarie, il candidato prescelto dovrà essere un custode e un curatore del futuro. Il suo compito deve essere quello di infondere nuova vita in politica, per “ricaricare” la democrazia, per accendere la speranza che renderà ancora votabile il partito. Un solo candidato si propone di farlo: Jeremy Corbyn.
Sul Newstatesman online c’è un’intervista a Corbyn: http://www.newstatesman.com/politics/2015/07/jeremy-corbyn-interview-i-think-we-have-think-terms-disillusioned-who-didn-t-vote.
È un’intervista condotta nello stile pseudo-intervistatorio che si vede spesso sui giornali, in cui anziché avere domande e risposte, con magari anche un video che documenti che la conversazione è realmente avvenuta, ci sono solo ampie considerazioni dell’intervistatore intervallate da qualche sparuta parola di Corbyn che fornisce le sue risposte.
Anche così, comunque, l’idea che mi faccio di Corbyn è di un politico iperprudente che ha già capito che il miglior modo di navigare la politica di oggi è applicare all’ingrosso la tecnica del dire e non dire. Ecco alcuni esempi di sue affermazioni accompagnate da un mio breve commento.
Sull’austerità: I have put the case for anti-austerity economics (= ho messo sul tappeto la questione di un’economia anti-austerità)
Mio commento: Corbyn non dice che è contrario all’austerità!
Sugli armamenti nucleari: I have put the case for the kind of anti-Trident peace view of the world (= ho messo sul tappeto una visione del mondo pacifista e anti missili intercontinentali)
Mio commento: Corbyn esprime una preferenza e non si impegna esplicitamente a smantellare il programma Trident. In più non c’è un programma, c’è una “visione”.
Sulla NATO: I’d rather we weren’t in it (= preferirei che non ne facessimo parte)
Mio commento: di nuovo una preferenza, non un impegno preciso a uscire dalla NATO.
Su un’eventuale Brexit (uscita della Gran Bretagna dall’Europa): I have not closed my mind (= non ho chiuso il discorso sull’argomento)
Mio commento: Corbyn sembra un maestro dell’arte del non dire, non fare, non chiudere, non aprire (il 19 luglio ha affermato che gli inglesi non dovrebbero “walk away”, andarsene, ma “fight together for a better Europe” ossia combattere assieme per un’Europa migliore, una posizione con cui potrebbe essere d’accordo perfino Schaeuble!)
Sull’abolizione della monarchia in UK: [the abolition of the monarchy can wait] because my priority is social justice (= l’abolizione della monarchia può ancora aspettare perché la mia priorità è la giustizia sociale)
Mio commento: evidentemente Corbyn sembra non avere ancora capito che l’esistenza stessa della monarchia è un aspetto particolarmente clamoroso di ingiustizia sociale, e, per soprammercato, di un’ingiustizia sociale che dura già da parecchi secoli!
Sulla Grecia: If we allow unaccountable forces to destroy an economy like Greece, when all that bailout money isn’t going to the Greek people, it’s going to various banks all across Europe, then I think we need to think very, very carefully about what role they [the EU] are playing and what role we are playing in that. (= se permettiamo a forze sottratte all’obbligo di rendere conto delle proprie azioni di distruggere l’economia greca e tenendo conto del fatto che tutti i soldi dei prestiti destinati a salvare la Grecia non vanno in realtà al popolo greco ma a varie banche europee, penso che sia veramente giunto il momento di riflettere con molta attenzione su quale ruolo l’Unione Europea stia di fatto svolgendo e quale ruolo noi stessi stiamo svolgendo in essa)
Mio commento: questo modo di porre i problemi più angosciosi con notarile cautela e senza identificare soluzioni immediate pone Corbyn perfino al di sotto di Tsipras e di Pablo Iglesias (ovviamente l’Iglesias precedente alle sue inaccettabili dichiarazioni di supporto a Tsipras che lo hanno, per fortuna, smascherato anzitempo).
La prevedibile ascesa di Corbyn, come già prima di lui quella di Prodi, Monti, Renzi e Tsipras, è interessante perché permette di vedere come si costruisce un'”ascensione” nel senso quasi religioso del termine. Non è difficile: basta che tutti i media, contemporaneamente, si mettano a parlare di un politico come del futuro messia. Quel politico diventa il messia! È una procedura collaudata da decenni di marketing che hanno insegnato a costruire dal nulla un successo in tempi rapidissimi attraverso strategie di comunicazione ben precise che fanno perno sulla psicologia delle masse e su media già completamente asserviti alle esigenze dei padroni del mondo e pronti a rispondere all’unisono non solo localmente ma, grazie ai social media, anche in tutto il mondo e contemporaneamente. Si va dai film alle canzoni, dai prodotti di moda a quelli alimentari, dai registi agli scrittori. Alla fine ci ritroviamo anche la politica ingolfata di personaggi che sono di fatto più dei prodotti, nel senso del marketing, che delle persone. Vengono lanciati dall’oggi all’indomani come si fa con praticamente tutto ciò che ha successo oggi e che, per avere successo, deve aver dietro uno di quei padrini eccellenti che riescono a muovere le leve mediatiche tutte nello stesso momento, cosa non da tutti. Tra questi personaggi indubbiamente baciati in fronte dalla fortuna vorrei citare anche l’ottimo Varoufakis che ha dimostrato di saper reggere il ritmo di svariate decine di interviste in pochi settimane e che, grazie a questo battage efficacissimo, rimane saldamente in testa alla classifica dei leader più pompati, insidiato solo da Corbyn, ovviamente. Vedremo chi dei due riuscirà a entrare per primo nel Guinness dei primati nella categoria “politici di sinistra sprint”.
“nonostante i grotteschi tentativi di riabilitazione da parte qualche eterno funanbolo della sinistra da salottino”
Si parla, per caso, di Sergio Di Cori Modigliani..?