Sulla Grecia si è detto di tutto, ma sentire l’opinione di uno dei protagonisti è comunque un’occasione da non perdere. Ecco perché mi è parso interessante riportare qui un articolo che Varoufakis ha scritto sul Guardian due giorni fa e ancora più interessante perché l’opinione dell’ economista Varoufakis consente di chiarire bene e in modo semplice la vicenda greca, ma anche di far emergere l’approssimazione con cui gli apparati di Syriza, fin dal 2012 hanno analizzato la situazione del Paese e offerto risposte di fatto impossibili arrivando al dramma politico di questi giorni. La cosa interessante è che Varoufakis stesso sostiene che il nodo è politico e non economico, per poi inalberare alcuni alibi su improbabili difficoltà tipografiche e su desolanti questioni di tempistica a scegliere la strada programmatica di un uscita dalla insostenibile moneta unica: è qui che si legge molto bene la frattura tipica del mondo contemporaneo fra il dover essere e l’essere. Ovvero tra ciò che si dovrebbe fare regolarmente travolto e schiacciato dall’adesione a prassi globalizzate ae a paure interiorizzate. Insomma il vorrei, ma non posso che si trasforma nel non posso dunque non voglio. Comunque buona lettura.
” Il dramma finanziario greco ha dominato per cinque anni la scena mediatica per un motivo: l’ostinato rifiuto dei nostri creditori ad offrire sollievo al nostro debito. Perché contro il buon senso, l’opinione dell’Fmi persino contro la normale prassi bancaria di fronte a creditori insolventi, non si vuole una ristrutturazione del debito? La risposta non può essere trovata in economia, ma nella labirintica politica europea.
Nel 2010 lo stato greco è divenuto insolvente. E si sono presentate due opzioni legate comunque alla permanenza del Paese nella zona euro: ristrutturare il debito e risanare l’economia oppure quella tossica di fornire altri prestiti a uno stato in bancarotta fingendo però che sia solvibile. L’Europa ha scelto la seconda opzione, mettendo il salvataggio delle banche francesi e tedesche gravate dal debito pubblico di Atene sopra della sopravvivenza socio economica della Grecia.Una ristrutturazione del debito avrebbe comportato perdite per i banchieri e così l’Unione – senza far sapere ai Parlamenti che sarebbero stati i cittadini a ripianare le difficoltà bancarie – hanno diffuso una narrazione secondo la quale il problema greco era di liquidità e non di insolvenza, giustificando così il salvataggio come solidarietà nei confronti dei greci.
Per far passare il cinico trasferimento delle perdite private sulle spalle dei contribuenti, come un atto amorevole, si è imposta un ‘austerità a causa della quale il reddito nazionale – che poi è quello che paga i debiti passati e presenti – è diminuito di un quarto. anche un bambino di otto anni capirebbe che così si sarebbe andati a finire male. Una volta che questa squallida operazione è stata completata, l’Europa si è trovata in tasca una nuova scusa per evitare la ristrutturazione del debito: quella che avrebbe colpito le tasche dei cittadini del continente. Perciò sono state somministrate dosi crescenti di austerità che hanno aumentato il debito e che hanno richiesto nuove misure ancora più “austere”.
Il nostro governo è stato eletto per porre fine a questo circolo vizioso, per chiedere la ristrutturazione del debito e la fine dell’austerità paralizzante. I negoziati hanno raggiunto il loro impasse per un semplice motivo: i nostri creditori continuano a escludere qualsiasi significativa ristrutturazione del debito e insistendo sul fatto che il nostro debito impagabile dovesse essere ripagato in modo “parametrico” dalla parte più debole dei Greci, dai loro figli e i loro nipoti.
Nella mia prima settimana come ministro delle finanze ho ricevuto la visita di Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, che mi ha posto di fronte a una scelta brutale: accettare “logica” del piano di salvataggio e abbandonare eventuali richieste di ristrutturazione del debito oppure l’accordo sui futuri prestiti sarebbe stato cancellato e le banche greche si sarebbero ritrovate senza un soldo e costrette a chiudere. sono seguiti cinque mesi di trattative in condizione di asfissia monetaria e di accesso agli sportelli bancari sorvegliato e gestito dalla Bce. su questo muro c’era una scritta ben chiara: o la capitolazione oppure controlli di captale, bancomat col contagocce, serrata delle banche e in sostanza la Grexit.
La minaccia della Grexit ha avuto una storia come sulle montagne russe: nel 2010il debito greco di cui erano zeppe le banche aveva messo nell’angoscia il cuore e la mente dei finanzieri. Ancora nel 2012, quando il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, pensava che la Grexit sarebbe stato un utile investimento a disciplinare la Francia e anche gli altri, questa prospettiva spaventava. Quando Syriza è andata al potere lo scorso gennaio, quasi a confermare cià che dicevamo e cioè che il salvataggi non servivano a salvare la Grecia, ma ad innalzare un muro attorno al nord Europa, l’Eurogruppo – sotto la tutela di Schäuble – ha adottato la Grexit come risultato preferito o come arma contro il nostro governo.
I greci giustamente tremavano di fronte all’amputazione dell’unione monetaria. Uscire da una moneta comune per la Grecia non è come per la Gran Bretagna che aveva la sterlina come piolo a cui aggrapparsi, la Grecia non ha nessun piolo. Ha l’euro, una valuta estera completamente gestita da un creditore ostile alla ristrutturazione del debito insostenibile della nostra nazione. Per uscire, dovremmo creare una nuova moneta da zero. Nell’Iraq occupato, l’introduzione della nuova carta moneta ha richiesto quasi un anno, 20 Boeing 747, la mobilitazione della potenza delle forze armate Usa, tre aziende di stampa e centinaia di camion. In assenza di tale sostegno, la Grexit sarebbe l’equivalente di annunciare una grande svalutazione con 18 mesi di anticipo: una ricetta per liquidare tutto il capitale greco e trasferirlo all’estero con ogni mezzo disponibile (se lo chiedeva a me gli davo l’indirizzo di almeno tre tipografie svizzere specializzate che in 15 giorni e in assoluto segreto potevano sfornare circa quindici miliardi di pezzi di carta moneta n.d.r).
Con la prospettiva della Grexit la corsa agli sportelli, i nostri tentativi di rimettere al centro delle trattative la ristrutturazione del debito è caduto nel vuoto. Di volta in volta ci hanno detto che questa questione avrebbe dovuto essere affrontata in un non ben specificato futuro, dopo aver esaurito il “programma di completamento” di riforme e di aiuti a debito, un comma 22 visto che senza un consolidamento del debito qual programma non può funzionare.
Questa settimana si arriverà al clou dei colloqui perchè Euclid Tsakalaotos, il mio successore, cercherà disperatamente di rimettere ragionevolmente il cavallo davanti al carro nel tentativo di convincere un Eurogruppo chiaramente ostile che la ristrutturazione è un prerequisito per il successo delle riforme in Grecia e non un premio da elargire ex post.
Perché tutte queste difficoltà? Vedo tre ragioni. La prima è che c’è un’inerzia istituzionale da superare; la seconda è che un debito insostenibile dà ai creditori un immenso potere sui debitori e il potere corrompe anche i migliori. Ma la terza ragione è più importante e interessante: l’euro è un ibrido fra un vincolo valutario fisso come come il Meccanismo di cambio europeo del 1980 o il gold standard e una “moneta di Stato”. Il primo si basa sulla paura di esserne espulsi, mentre la “moneta di stato” implica meccanismi di riciclo (reinvestimento) dei surplus fra stati membri (ad esempio un budget federale e emissione di titoli di Stato in comune). L’euro è una via di mezzo – più vincolo monetario che moneta di stato.Qui sta il problema. Dopo la crisi del 2008/9, l’Europa non sapeva come rispondere. Doveva preparare il terreno per almeno un’espulsione (cioè la Grexit) e rafforzare la disciplina? O passare a una federazione? Finora non ha fatto nessuna delle due cose, la sua angoscia esistenziale per sempre in aumento. Schäuble è convinto che allo stato attuale, ha bisogno di una Grexit, di pulire l’aria, in un modo o nell’altro. Improvvisamente, un permanente e insostenibile debito pubblico greco, senza il quale il rischio di Grexit svanirebbe, ha acquisito una nuovo utilità per Schauble.
Cosa voglio dire con questo? Sulla base di mesi di negoziati, la mia convinzione è che il ministro delle finanze tedesco vuole la Grecia fuori dalla moneta unica per paura ai francesi e fargli accettare il suo modello di una zona euro con una ferrea disciplina.”
Sono sempre stato affascinato dai paradossi e questo intervento di Varoufakis è un ottimo esempio di dedalo mentale senza uscita. L’ ex ministro dice alcune cose che testimoniano della confusione assoluta in cui si agisce. Vengono stabilite alcune premesse tutte vere, ma senza soluzione senza un completo cambiamento di prospettiva: la Grecia non potrà ripagare il suo debito; l’euro è una moneta anomala su cui il governo greco non ha alcuna sovranità; le decisioni dell’eurogruppo sono di natura politica e non economica; la Grexit fa parte di tali considerazioni politiche. Tuttavia il governo Tsipras ha tentato di trattare basandosi su considerazioni esclusivamente economiche, dunque senza valore in chi cerca o la resa totale o l’uscita per questioni di disciplina nell’ ubbidire ai massacri sociali. E tutto questo perché esistono insormontabili ragioni tipografiche per servirsi dell’unica arma di sovranità disponibile, ossia l’uscita dalla moneta unica, consigliata fra l’altro da fior di economisti in tutto il mondo. Rimango senza parole.
Ancora disinformazione e partigianeria. Insopportabile sulla crisi greca, peggio della nuova Unità.
Adesso lo sappiamo : Syriza è una bolla di sapone che si sgonfierà : Podemos è un movimento “sospetto” con la facciata di Spartaco per permettere a Cesare di fare quello che vuole ; ebbene, cari corrispondenti , non mi resta altro che suicidarmi . Perché alla mia età. se questa è la realtà politica e sociale, fatta di un dominio incontrastato non solo sui popoli ma anche su tutti i gruppi, i partiti e i movimenti politici che dicono ( ha, ha , ha, ) di opporsi al potere ferreo e onnipotente del capitalismo globale, bisognerà aspettare alcuni secoli – o quanto meno l’estinzione di questa generazione di ” oppositori critici degli oppositori” per poter solo immaginare di “alzarsi e combattere ” contro il potere ” che si fonda su diecimila anni” più cento, più cento, più cento…. ma andate tutti a……..
Non se la prenda con i latori delle brutte notizie! Lei ha ormai capito come funziona il mondo e ha la tentazione di tornare indietro per recuperare un po’ di sana normalità. Anch’io ne avrei tanto bisogno ma ho ormai varcato il Rubicone e non intendo tornare indietro anche se non ci fosse alcun “avanti” verso cui procedere. Quanto ad Alèxis Tsipras Le riporto le parole di un suo estimatore, il giornalista greco Yorghos Delaktis, che ha fatto di tutto per giustificarlo sino ad oggi. Ma ora nel suo blog su Ethnos ecco cosa scrive Delaktis:
“No” il popolo, “sì” Tsipras!
Il popolo greco è stato all’altezza di circostanze davvero storiche. Orgoglioso e altero ha detto “no” con una percentuale del 61,3%! Con le banche chiuse, cosa mai vista prima in un referendum. Con tutti i leader della zona euro ad infierire contro la nostra Patria. Con tutte le stazioni TV a imperversare a favore del “sì”. I greci non si sono piegati. Hanno resistito, rimanendo fedeli alla loro storia.
Ha ceduto il governo, purtroppo. E’ “scoppiato” anche il primo ministro Alexis Tsipras. Hanno chiesto al popolo di dar loro un “no”. La gente glielo ha dato generosamente. Questi del governo hanno preso la vittoria del no e l’hanno gestita come se avesse vinto il sì! Hanno trasformato il “no” del popolo greco nel “sì” del governo a tutte le richieste e condizioni dei tedeschi e degli altri creditori! Come se non bastasse, in un “sì” a tutto e incondizionatamente! Che altro dire …
Il popolo aveva respinto le richieste dei creditori. Il governo, invece, non solo ha accettato i termini dei tedeschi e degli altri, ma è stato costretto da Berlino a sottomettersi alle richieste dei creditori facendo finta che si trattasse di proprie richieste! Si è arrivati al punto penoso di dover implorare i tedeschi… affinché accettino le condizioni da loro stessi fissate!
Riecheggiano vuote le parole pronunciate dal primo ministro Alexis Tsipras non prima delle elezioni, ma successivamente, durante la lettura delle dichiarazioni programmatiche del governo in Parlamento l’8 febbraio.
“La decisione irrevocabile del nostro governo è quella di onorare e dare attuazione a tutti i propri impegni programmatici elettorali”, aveva detto. “Sono certo che il nostro governo … rimarrà nella memoria collettiva come il governo che ha mantenuto la sua parola”, aveva aggiunto.Aveva detto molte cose, anche troppe, il primo ministro. Da dove partire per ricordarle?
“No al protocollo di intesa con la Troika (Mnimonio o memorandum)” aveva dichiarato. “Il nuovo governo non ha il diritto di chiedere una proroga del protocollo di intesa, perché non si chiede una proroga all’errore e alla distruzione”, aveva dichiarato Alexis Tsipras, dopo aver finito di leggere le dichiarazioni programmatiche. Non erano trascorse ancora due settimane che già aveva accettato, il 20 febbraio, quattro mesi di estensione del protocollo di intesa con la Troika! Ora, spudoratamente, il primo ministro chiede ai tedeschi un nuovo protocollo di intesa di ben tre anni…
Fine della citazione parziale tratta da: http://www.ethnos.gr/article.asp?catid=22792&subid=2&pubid=64217029
Gli è che voi siete latori non di brutte notizie, ma di brutti pronostici ( oltre ad essere, forse, un po’ troppo presuntuosi ). Il buon BM, qui sopra “riannuncia” per la terza o quarta volta la fine di Tsipras. Può darsi. Prendiamo appuntamento da qui a un mese.
Buongiorno Eduardo, non sono pronostici. Questo blog è una prova che mi sono accorto di ciò che stava dietro al fenomeno Tsipras da ben prima che vincesse le elezioni, credo almeno un anno prima. Quanto alla presunzione, se è una presunzione che si rivela sbagliata mi farà fare una cattiva figura e sarò dunque “punito” in termini di immagine e prestigio personale. Ed è giusto che sia così. Ma finora non è mai capitato. Non bisogna poi scambiare la lucidità di visione con presunzione. Chi è abituato ad esprimersi in forma esitante vuol dire che non si è ancora formato un’opinione precisa su fatti e personaggi. E va benissimo, ci mancherebbe altro. Chi invece ha un’opinione precisa e non se ne vergogna è bene che la esprima nettamente e faccia capire alla controparte qual è questa opinione. Se la controparte ha motivo di controbatterla, che lo faccia e la cosa servirà a generare un dibattito utile ad entrambi.
Per i motivi bene esposti dal Sig. Casiraghi, movimenti come Podemos sono altrettanto sospetti. Si intravede un distinto parallelismo tra i partiti “populisti” e le rivoluzioni “colorate.”
Come le rivoluzioni colorate sono la facciata dello spettacolo per coprire il colpo di stato reazionario, cosi’ i partiti populisti sono la facciata di Spartaco per permettere a Cesare di fare quello che vuole. Vale a dire, si applica a Cesare il lessico di Spartaco per turlupinare i milioni (tra cui, purtroppo, molte persone educate) che non attendono altro che essere turlupinati. Del resto “Syriza” sta per “Coalizione Radicale della Sinistra”. Bella coalizione e bella sinistra.
Rispondo a Learco: se i dati da Lei citati sono definitivi, il quasi raddoppio dei sacrifici è negativo ma altrettanto negativamente considererei il fatto che le somme prestate siano aumentate di sette volte il che si traduce ineluttabilmente in ulteriore debito che sappiamo non essere rimborsabile se non con ulteriori tagli, strangolamenti e nuovi prestiti futuri per ripagare i vecchi prestiti e i relativi interessi. È il ciclo vizioso dell’usura, e che ad applicarlo sia proprio l’Unione Europea è un non-senso che fa venir voglia di darsi un pizzicotto per vedere se si è svegli o se si sta sognando. In tutti i casi, giudico la gestione Tsipras catastrofica in tutti i sensi tenuto conto dell’alto livello di speranze che aveva suscitato.
Fino al 30 Giugno i creditori chiedevano alla Grecia 8,5 miliardi di sacrifici in cambio di 7,5 miliardi di aiuti.
Adesso siamo arrivati a 13 miliardi di tagli e tasse di fronte a 53,5 miliardi.
E’ tutto merito di Tsipras, che si è rivelato un mago delle trattative o sono intervenuti gli USA, che, per motivi geopolitici, non vogliono il Grexit?
Una delle scoperte più importanti che ho fatto per conto mio è che se uno dice le stupidaggini più incredibili utilizzando però la sintassi tipica dei ragionamenti le fesserie passeranno tranquillamente per buone e la mente umana le registrerà a tutti gli effetti come spiegazioni accettabili, anche se magari da discutere ulteriormente. Quando un bambino ti fa una domanda del tipo “perché il sale è salato?” e tu non hai voglia di rispondergli e gli dici “Perché è così!” per il bambino hai già dato una spiegazione adeguata in quanto hai utilizzato la struttura tipica della risposta causale: ad un perché interrogativo hai risposto con un perché esplicativo, anche se il contenuto fornito non spiega poi un bel niente (tanto è vero che il bambino se ne starà zitto, pago della risposta fornita).
Volendo essere ancora più sottili, la struttura esplicativa costituisce, su un altro piano, un’espressione indiretta di autoritarismo (dice a chi ascolta: guarda che se non accetti la mia risposta, qualunque essa sia, sei uno che mi sta prendendo per un idiota e questo non te lo perdonerò mai). Di qui la propensione ad accettare per buone le spiegazioni che provengono dai potenti, soprattutto se manifestamente illogiche: non per la loro intrinseca plausibilità ma per prudenza in quanto la loro stessa illogicità indica che sono una specie di test di fedeltà al potere e guai a chi non lo supera. Dunque, visto che gli adulti funzionano in questo modo, uno come Varoufakis non avrà alcuna difficoltà ad inventarsi una, cento o mille spiegazioni che tappino la bocca alla gente.
Quanto all’impossibilità di trovare alternative all’austerità, essa non dipende dal fatto che le alternative non esistano. Le alternative ci sono ma il problema è che tutti siamo ben consapevoli che se i nostri politici si comportano da alcuni anni in un misto di efferato sadismo e di teatro dell’assurdo è perché evidentemente qualcuno li obbliga a farlo e se questo qualcuno riesce a trasformare i sommi leader europei in personaggi da circo ridicoli, imprevedibili e inaffidabili chissà che cosa non sarebbe disposto a fare nei confronti di un movimento che fosse davvero quello che aveva promesso di essere Syriza all’inizio.
La paura non fa solo novanta, fa anche Anno Domini 2015. E questo spiega perché nascono partiti bolla-di-sapone come Syriza che sono progettati a tavolino per incorporare le speranze del popolo e poi gonfiarsi, gonfiarsi e gonfiarsi fino a scoppiare nel nulla. Ad una settimana dal referendum greco, che cosa è rimasto di quell’oceano di retorica, speranze ed emozioni?
Per errore ho scritto il commento al post di Mr. Simplicissimus sotto a quello di Learco. Me ne scuso.