In crisi di astinenza da sondaggi, i cittadini si rivolgono a pusher che nascondono le presunte e “scientifiche” previsioni elettorali sotto forma di quotazione di cavalli. Capisco che il gioco possa essere divertente, ma al di là questo non si capisce qualche oscura pulsione spinga le persone a fidarsi di “indagini” che solitamente ci prendono meno del comune uomo della strada e che sembrano le quote di allibratori interessati. Il sito Termometro politico del resto grande spacciatore di sondaggi, ha fatto una ricerca che svela come alle ultime politiche l’istituto che è andato più vicino ha evidenziato un errore medio superiore al 24% mentre è stato sottostimato del 40% il voto al M5S e sovrastimato del 102% quello alla lista a Rivoluzione Civile di Ingroia. Errori che in maniera vistosa, ma significativa hanno coinvolto Pd, Lega, Scelta civica ai quali venivano attribuiti risultati più alti del reale per una percentuale che va dal 21 al 15 per cento.
Il fatto è che i sondaggi servono più a orientare l’opinione pubblica che a indagarne le tendenze: bisogna in qualche modo “accontentare” il committente o magari valorizzare la parte politica che viene interpretata come più favorevole ai propri affari o si finisce per essere vittime inconsapevoli delle proprie tendenze oppure si hanno campioni di origine commerciale che in qualche modo presentano orientamenti di base tutt’altro che neutri o campionature insufficienti o che presentano gli stessi difetti di alcune celebri sviste del passato, escludendo, per esempio, tutti quelli che non hanno un telefono fisso. Si tratta di circostanze che evidentemente impediscono di attribuire un qualunque valore scientifico ai risultati come accade sempre quando la conoscenza si mischia al denaro rendendo ambigui i ruoli ma che ancora il grande pubblico considera obiettivi e consistenti non diversamente da quanto accade con le cosiddette leggi economiche.
Il fatto che vengano seguite delle metodologie corrette significa poco, visti gli innumerevoli trucchi o consapevoli errori con cui si può manipolare il risultato: così non può sorprendere che le tendenze dei sondaggi per queste europee vedano, come quelle del febbraio 2013, le stesse tendenze di sovrastima e sottostima fra i vari protagonisti. C’è una invenzione della realtà che è affine a quella di tutta l’informazione, ma che in questo appare più “rispettabile” perché ammantata di un’aura di scientificità, che ha senso esattamente quando vi dicono che il tal prodotto è venduto in farmacia. Solo che in questo sono la malattia.
Traggo spunto dalle riflessioni di Mr. Simplicissimus per far notare che esistono altri sistemi per usare lo strumento statistico a fini manipolatori. Per esempio chi andasse sul quotidiano greco Ethnos di oggi troverebbe questo articolo sui risultati delle elezioni locali http://www.ethnos.gr/article.asp?catid=22767&subid=2&pubid=64009688 che, apparentemente, attribuisce a Nea Demokratia il 26,4% dei consensi, a Syriza il 17,7% e al Pasok il 16,2%. Noto di sfuggita che le elezioni locali sono solo al primo turno per cui di risultati definitivi non si può parlare neppure per sbaglio. Eppure, andando su Wikipedia inglese alla voce “Greek local elections, 2014” si trova il paragrafo intitolato “Nationwide percentage results” (risultati nazionali in percentuale) che riporta fedelmente i dati succitati del 26,4%, 17,7% e 16,2%. Come mai? Incuriosito, sono andato a vedere da dove Wikipedia avesse mai preso questi dati e sono arrivato a questo articolo: euro2day.gr/news/economy/article/1215722/public-issue-sto-263-h-eklogikh-epirroh-ths-nd.html che però non parla di dati basati su voti reali ma solo della “capacità di influenzamento” del votante da parte dei partiti. Ossia la società demoscopica greca che ha originato la classifica, Public Issue, ben nota in quelle contrade, utilizza un concetto statistico che il pubblico non conosce, quello di capacità di influenzamento (epirroì), e dà così modo a giornali e alla stessa Wikipedia di fraintendere grossolanamente il significato dei numeri presentati e di indurre false percezioni della realtà nel grande pubblico, cosa che presumibilmente era lo scopo di tutta l’indagine statistica in questione, anche se la cosa non si potrà mai dimostrare. Al punto che la statistica non figura neanche sulla prima pagina del sito di Public Issue.
Un’ultima parola su Wikipedia. I suoi meriti sono stratosferici. Ma che si tratti della continuazione, con altre forme, della politica statunitense di “win the hearts and minds” (conquistare i cuori e le menti) delle popolazioni non anglosassoni mi sembra scontato. Non ho prove, ma neanche dubbi, sul fatto che Wikipedia sia un grande progetto di omologazione culturale e di soppressione graduale delle culture e delle lingue altrui. Come anche non ho prove, e neanche dubbi, sul fatto che tutti i grandi del web, nessuno escluso, siano stati messi in pista dal cuore segreto degli Stati Uniti per contribuire a quel piano di rifusione della realtà in un unico melting pot (calderone) che è nello stesso tempo presupposto e fine ultimo dell’impero stellostrisciato (in piena espansione nonostante le voci che lo davano per morto:-)