Quando nel 2010 Viktor Orban, arrivò al potere in Ungheria, la stessa Europa che alla fine degli anni Novanta si era mossa per contenere il dilagare di Heider in Austria, rimase muta di fronte all’abbozzo di un sistema autoritario a Budapest.
Eppure non c’era bisogno di essere profeti per capire che Orban incarnava una logica di trasformazione della democrazia in oligarchia che poi in vario modo è stata favorita in molti altri paesi, con tutta una tipica strumentazione: diminuzione del numero dei parlamentari, sistemi elettorali, che promuovono il controllo assoluto degli eletti da parte del potere, aumento della repressione nei confronti dei focolai di protesta e non ultima, la manomissione delle costituzioni.
Le società europee possiedono ancora molti anticorpi nei confronti di queste operazioni, ma come nei casi di trapianto o in certe strane sindromi , essi sono stati neutralizzati da due fenomeni speculari. In alcuni Paesi dalla supina adesione delle forze socialdemocratiche riformiste, ai diktat della dittatura finanziaria europea incarnata dalla Troika, in altri Paesi proprio dal rifiuto di piegarsi alle filosofie e alle ricette che venivano da Bruxelles, in nome di nome di un nazional-populismo.
Alla fine si tratta di due “attitudini” e comportamenti che percorrono lo stesso sentiero tracciato dallo spirito del tempo, che utilizza la crisi per destrutturare lo stato sociale e lo stato di diritto.
Tuttavia il caso ungherese potrebbe aprire molti occhi e far cadere fette di salame in abbondanza in quei Paesi dive la sottomissione alla Troika è stata la forma prevalente della riduzione di democrazia.
Orban dopo 4 anni ha stravinto semplicemente perché, tenendo fuori l’Ungheria dall’euro, dal fiscal compact e da altri mefitici strumenti di condizionamento e di ricatto, è riuscito a far crescere l’economia del Paese, che nel 2013, tanto per fare un esempio, ha visto un aumento del Pil del 6%.
Purtroppo però pare che solo la destra riesca in qualche modo ad opporsi alle volontà dei poteri finanziari, mentre dal tradizionale riformismo fino alla sinistra radicale, questo appaia impraticabile: così il nostro futuro sembra essere quello di una sottrazione di democrazia, vuoi sotto forma di forze che si ispirano all’autoritarismo nazionale se non anche peggio, oppure a una governance dirigista che prende ordini da poteri su cui i cittadini non hanno alcune controllo.
E dire che basterebbe estrapolare due caratteri, vale a dire le forze riformiste e i no ai diktat europei, per uscire fuori da questo incubo. Ma probabilmente ci siamo scordati di mettere la sveglia.
Ma non e’ una ri-edizione, mutatis mutandis, di quanto accadde in Europa (Germania, Italia etc.) negli anni 20 del ‘900? Quando la destra sembrava fosse di sinistra e la sinistra si squaglio’ in fazioni e frazioni facilmente fatte fuori. Oggi, a quanto si legge, la sinistra “storica” italiana si limita a sottili disquisizioni dottrinali e a contestate interpretazioni esegetiche di Marx, Lenin ed altri. Disquisizioni che ricordano le diatribe scolastiche tra i gnostici e i tomisti e le acerrime lotte, agli albori del primo mille, tra i sostenitori della transustanzazione e quelli della consustanzazione. Mentre profittatori, crapuloni e portaborse, neo-democristiani & C., se la ridono a crepapelle e a tasche piene (di euro).
Lascio ad altri il decidere se il tutto non sia un’ennesima dimostrazione della storica marcia della follia, o una volonta’ diabolica, che parte dagli us of a, per dominare il mondo, stile paperon-dei-paperoni di Walt Disney.
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I dati che figurano attualmente sulla prima pagina online del Népszabadság (La libertà del popolo) dicono che il partito di Viktor Orbán avrebbe il 44,36% dei voti e dunque 133 seggi che corrispondono ad oltre i 2/3 del totale ma nell’editoriale di Sándor Révész si dice che ancora non si sa se Fidesz (il partito di Orbán) abbia superato o no questa soglia.
Le riflessioni di Mr. Simplicissimus sono però giuste. I meccanismi premiali nella ripartizione dei seggi vanno contro al principio della rappresentatività e costituiscono la premessa per ogni tipo di colpo di mano (o di stato) legalizzato. Con i due terzi dei seggi Orbán potrà modificare la costituzione ungherese e fare sostanzialmente quello che vuole pur avendo, in realtà, meno della metà dei consensi dei votanti e senza dimenticare che esistono in Ungheria anche persone che, non andando a votare, non per questo hanno dichiarato una sorta di silenzio-assenso alla gestione Orbán.
Nel post di oggi si dice anche che, in altri tempi, l’UE avrebbe reagito in modo ben diverso. Sì, perché forse era un’altra UE o forse perché, come dico da diverso tempo, e sempre meno da solo, l’UE non è mai stata altro che lo strumento utilizzato dagli USA per imporre le proprie volontà nel continente europeo senza farsi troppo notare. E se è così, potrebbe anche essere il segno che le nuove volontà americane vadano nel senso di tentare di ricostituire in Europa una destra robusta vendicandosi così delle sinistre che, da sempre, sono la bestia nera del neoliberismo e di quelli che ammettono solo la lotta di classe all’inverso, quella che i ricchi esercitano contro le classi oppresse. Fatto sta che stanno capitando troppi déja vu rispetto al periodo preparatorio della seconda guerra mondiale per non avere qualche dubbio non solo sul fatto se anche a noi stiano costruendo attorno gli scenari di una prossima guerra mondiale ma anche su che cosa sia stata veramente la seconda guerra mondiale (e magari anche la prima!).
Se il mondo va avanti a colpi di sanguinose farse orchestrate dall’alto, per capire se anche le due grandi guerre siano state una di queste farse, consultare i libri di storia non credo potrà servire a molto per una banale ragione ontologica: sono produzioni accademiche e il mondo accademico è una struttura di potere, ossia un pezzo di regime, da sempre, anche quando impersona o propone il dissenso. Pensiamo ad oggi e a chi ci sta dicendo la verità: sono gli scienziati della politica, sono i professori di economia, sono gli storici e i sociologi? No davvero. Il libro che più ha influito sulla mia comprensione della crisi è Showdown di Dirk Müller, un broker che si occupa di consulenza finanziaria online! Le altre analisi accademiche che mi è capitato di leggere si fermano tutte davanti agli invalicabili portoni della Casa Bianca. Oltre non si passa.
Ora si capisce perché nessuno si è mai preoccupato di mettere online i quotidiani del passato. Sarebbe molto imbarazzante dover scoprire leggendoli che, magari, quanto sta succedendo oggi ricalca fedelmente uno script del passato. Allora le vittime furono l’impero britannico, i vincitori gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Mi chiedo chi sarebbe la vittima prestabilità di un’eventuale prossima tornata. La Russia, la Cina, gli Stati Uniti?
Qui in Ungheria girava voce che Orban Viktor(Fidesz) non ce l’avrebbe fatta a rivincere le elezioni.Erano male-lingue e sono state smentite dal voto popolare.Del resto qui il comunismo non è stato “il Don Camillo e Pepone” che tutti noi conosciamo e il dopo-Trianon(trattato),ha lasciato profonde ferite nel cuore degli ungheresi e quindi un “Niente di nuovo sul fronte orientale”.