Così vanno le cose nell’ Europa della dolce vita finanziaria e nell’amara Italia: il sostituto procuratore generale di Milano. Gaetano Santamaria che ha chiesto l’assoluzione di Dolce e Gabbana per la società Gado in Lussemburgo dove transitavano i profitti fatti anche in Italia. “l’ottimizzazione del regime impositivo e’ lecita”, questa la ragione suprema. La sentenza di condanna in primo grado è stata completamente ribaltata alla luce di questa filosofia, la stessa per la quale Google e le altre major realizzano risparmi miliardari.
E’ lo spirito del tempo, quello che segna l’avvento, anche con il prossimo trattato transatlantico del dominio legislativo delle multinazionali e al quale si piegano ora anche i tribunali o quanto meno le eterne santemarie di questo Paese così ben delineate nel Gattopardo. Mi chiedo a questo punto perché anche i singoli cittadini, magari a gruppi non aprano piccole società in Lussemburgo e in Liechtenstein e non conferiscano a loro retribuzioni, salari e guadagni lordi al fine di godere di un regime fiscale più favorevole. Perché Dolce e Gabbana e non il macellaio all’angolo? Tanto basta qualche piccola e innocua operazione di compravendita azionaria per giustificare l’effettiva operatività all’estero.
Ma naturalmente ci sarebbe uno sbarramento feroce: solo i poveracci, gli umili, gli impoveriti debbono pagare, compresi gli esorbitanti stipendi di certi magistrati con toga griffata i quali ritengono che i due stilisti “non erano di fatto amministratori di fatto della Gado, ma si occupavano solo di aspetti creativi”. Del resto quanto a creatività, come si vede, hanno temibili concorrenti in ogni campo. E non si può nemmeno credere come si possa conciare e agghindare la bilancia della giustizia per questa primavera – estate
Il 30 marzo dell’anno scorso ho lasciato un commento sulla vicenda di Dolce&Gabbana in corrispondenza della relativa notizia sul Fatto Quotidiano online. Mi scuso per l’autocitazione:
“L’abuso di diritto è un concetto vergognoso che allontana ulteriormente l’Italia dalla platea dei paesi civili. Vedo di spiegarmi.Se hai un diritto, ossia se lo Stato ha promulgato delle leggi che ti consentono di fare una certa cosa, come può lo Stato, retroattivamente, dire che hai abusato del diritto di fare quella cosa che ti era stata in precedenza permessa? Che senso ha avere delle leggi se poi passa il discorso aberrante che “la legge te lo permette, ma non devi abusare di questo permesso”. Infatti, come potrebbe il cittadino sapere che cosa costituisce abuso e cosa no, visto che nella legge non è precisato? E quale investitore estero potrà mai portare i suoi capitali in Italia con una situazione giuridica così labile e compromessa dove è il Fisco a decidere caso per caso cosa costituisce abuso di diritto? Per tornare al caso concreto, se lo Stato non voleva che si potessero creare delle filiali in Lussemburgo o altrove, doveva fare una legge in tal senso, chiara e precisa. Ma non si può sostituire alla certezza della norma una legge vaga che dica: caro cittadino, cara azienda, fa’ pure, è tutto permesso, se però domani ci ripenso, te la farò pagare, evasore che non sei altro! Due annotazioni per finire. Il motivo per cui lo Stato non fa quella legge chiara e precisa che dovrebbe è perché è probabilmente illegale secondo la normativa UE vigente che obbliga gli stati membri alla libera circolazione delle merci, dei servizi e dei capitali. Per questo stesso motivo Dolce&Gabbana avranno partita vinta appena sottoporranno la diatriba ad un tribunale europeo di rango superiore. Intanto, però, cominceranno a pensare che è ora di abbandonare l’Italia al suo destino delocalizzando le strutture produttive, amministrative e la sede sociale. Di abuso di diritto si può anche morire. E quando muore un’azienda, si sa che a farne le spese, più che i titolari, sono i dipendenti e le relative famiglie.”
Fine citazione.
Noto che mi sono sbagliato e che non c’è stato bisogno di portare il caso Dolce&Gabbana davanti alle corti europee. Rimane il fatto che imputare alle aziende il fatto di comportarsi come la legge consente è profondamente sbagliato mentre avere delle leggi o soggiacere a leggi, come quelle comunitarie, che consentono la delocalizzazione fiscale è immorale. Ancora una volta la soluzione è uscire da quest’Europa che premia i grandi e opprime i piccoli. Si può infatti star certi che un’azienda piccola non avrebbe mai avuto l’assoluzione che Dolce&Gabbana è riuscita ad ottenere in virtù dell’intervento di studi di avvocati che conoscono bene il diritto e, soprattutto, godono di quel prestigio e di quel peso contrattuale che anche nel mondo della giustizia è spesso l’elemento essenziale per far pendere la bilancia a proprio favore.
Per quanto riguarda l’abuso di diritto, un istituto giuridico farsesco come il sesso degli angeli, si tratta invece di una delle tante fervide creazioni del fisco che con l’appoggio dei soliti giuristi di chiara fama riesce a trasformare anche l’acqua in aceto o in olio di fegato di merluzzo.
D&G boycott è giusto.