Non si finisce mai di imparare e di riallacciare i fili secondo nuovi circuiti. Così ho scoperto una cosa che avevo dimenticato, sulla quale avevo glissato per carità di patria e cioè sul fatto che Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica, aveva votato monarchia al referendum. Lo ha ricordato lui stesso, nella sua nuova veste di Beato Eugenio da Scalfari ad un convegno su Calvino in cui ancora una volta ha rammentato gli anni del liceo a Sanremo, trascorsi assieme allo scrittore.
Così si è riascoltato l’organetto degli strusci in centro e delle presunte discussioni su Montale e Ungaretti, ma anche su Eddington, un astronomo inglese che aveva scritto un libro divulgativo sulla relatività, il quale però è universalmente noto per la teoria delle scimmie dattilografe, riassunta nella frase “se un esercito di scimmie battesse per un tempo sufficiente sui tasti di macchine da scrivere, produrrebbe prima o poi tutti i libri del British Museum”, teoria che immagino abbia molto impressionato i due baldi giovanotti. Ma Scalfari en passant spiega anche perché abbia votato per il re: «Pensavo che solo la monarchia potesse contrastare il Vaticano».
Certo che adesso con tutta quella pappa e ciccia con San Pietro, con le telefonate papali e le discussioni teologiche, la prospettiva dev’essere totalmente cambiata: ad averlo saputo prima forse avrebbe votato repubblica e fondato il giornale “La Monarchia”, ma probabilmente adesso si è convinto della necessità di avere un papa re. Certo è una prospettiva non immediata, ma il Beato Eugenio non se ne sta con le mani in mano: fa le prove con Napolitano.
Come si fa a stupirsi che Scalfari abbia votato per la monarchia? Ha fondato un giornale radical-liberale che ha spostato l’asse dell’opinione pubblica da sinistra a destra attraverso l’uso di ragionamenti errati a rigor di logica. Quindi è sempre stato un reazionario e ho sempre considerato non in buona fede quanti si adeguavano alle idee sociali ed economiche di Repubblica. Ora Scalfari ha ottenuto il paese che voleva e non capisco quanti ora si lamentano di come sarebbe cambiato. Ha solo rivelato la sua vera natura ed è felice di aver ottenuto piena vittoria sulla sinistra “abboccona” che l’ha sempre considerato una parte di sé.
E che t’aspetteresti da un Eugenio Scalfari che fa pappa e ciccia con un altro ex fascista come lui, massone della più perfida specie, tanto intellettualmente vacuo e disonesto quanto stentoreo trombone, così paraculo da essersi conquistato, nonostante tanta conclamata nullità, un bel bis al Quirinale?
Beh, da uno che che con voce stentòrea e petto in fuori in Piazza Venezia si squarciava la gola urlando “Duce Duce!”, mentre Divo Benito proclamava solennemente la consegna della Dichiarazione di guerra all’ambasciata della perfida Albione, e l’unica peluria che si concedeva sul viso imberbe da calabro parvenu era solo la nappina pendula del fez che sfiorava il petto dell’orbace, che ti aspetteresti?
Che ti aspetteresti da uno che, promuovendo ‘urbi et sgorbi’ la marketta della sua ennesima autobiografia da filosofo fallito che ha capito (udite udite!) che “il senso della vita è l’amore” (ma neanche in Liala, neanche Giannetta Alberoni quando scopiazzava, neanche sui tubi dei Baci Perugina si arriva a cotanta banalità…), ricorda come suo nonno omonimo sfilava per le strade del centro di Vibo Valentia coi nipotini a intonare, per il Primo Maggio, “l’Internazionale”, e il parroco scandalizzato a intimar loro di recitare il “Pater Noster”, e il nonno, dopo un paio di versetti: “Padre Nostro, che sei nei Cieli…” a continuare il canto: “…Su fratelli, su compagne!/ su venite in fitta schiera/ sulla libera bandiera…”. Bell’acquerello della gioventù, pardon “giovinezza”, scalfariana. Peccato che le strofe dell’Internazionale recitino: “Compagni, avanti il gran Partito,/ noi siamo dei Lavorator…”. Chi ha tracciato almeno le astine dell’abbecedario della Sinistra sa benissimo che quelle sono le parole dell’Inno dei Lavoratori. Che ti aspettersti da uno che non conosce neanche i canti gloriosi della Storia della Sinistra italiana (ma magari scatta sull’attenti, taccheggiando come un flamenchero, con la destra ben stesa a paletta, sulle note della Marcia Reale sabauda)?
Che ti aspetteresti da (non-)E’ungenio Scalfari, uno che ha perso tutti i tram che portavano alla Fermata dell’Onestà Intellettuale, ma, in compenso, è sempre stato il Bob Beamon di tutti quelli che saltano sul Carro dei Vincitori?