
Pare che il gruppo Espresso voglia istituire una scuola di arte musiva e su tavola per onorare degnamente il suo fondatore, non ancora elevato alla gloria degli altari, ma già terzo papa col nome di Beato Eugenio Tryptokoleòs*, nome greco, soprannome greco, fautore di tutto ciò che ci avvicina alla Grecia. Anche oggi La Repubblica on line non si astiene da paginate di colloquio tra Santità Bergoglio e il Beato Eugenio in cui si parla di grazia, di fede, di agape, di misticismo, di concilio, ma di cui si fa fatica ad afferrare il bandolo e il senso.
Perché alla fine i due interlocutori in perfetta simbiosi evitano l’argomento che sta al centro di tutto questo come un buco nero: ammesso che esista una nuova apertura della Chiesa al mondo moderno, ammesso che si torni guardare agli umili e ai poveri, come si traduce tutto questo nel concreto? Forse la cura verso le persone che soffrono si potrà tradurre in una rinuncia da parte del Vaticano ai suoi privilegi che alla fine sono un bel gruzzolo di miliardi ogni anno? Si intende in qualche modo porre mano a quel fantasma che va sotto il nome di dottrina sociale della Chiesa per colpire con chiarezza lo sfruttamento e l’umiliazione del lavoro determinata dalle dottrine liberiste? Oppure la povertà viene considerata come una inevitabile realtà sociale che per fortuna apre la porta dei cieli?
Più papa Bergoglio telefona, più si ha l’impressione del buon parroco che consola con le parole, ma che alla fine non apre la cassetta delle elemosine. E alla fine non è strano che scelga come interlocutore privilegiato proprio Scalfari, per molti anni pontefice di una vaga sinistra, feconda di parole, ma introvabile quando si tratta di cambiare davvero qualcosa della società italiana. Sono due figure complementari: l’una decisa a ridurre lo spettacolo della babilonia vaticana, in scena dai tempi di Lutero, l’altro in trincea contro le deviazioni del berlusconismo, ma sempre nel rispetto del potere e dei poteri reali, sempre sulla superficie, non come Gesù che cammina sulle acque ma come due uomini in barca.
Entrambi credono in una realtà data e immutabile nella sua essenza o perché creata o perché risultato di rapporti strutturali non soggetti all’evoluzione e così bonariamente il Beato e la Santità convengono su una verità rivoluzionaria che Bergoglio enuncia ed Eugenio Tryptokoleòs approva toto corde: ” Ci vogliono regole di comportamento ed anche, se fosse necessario, interventi diretti dello Stato per correggere le disuguaglianze più intollerabili”. Caspita, pare il circolo Bakunin di Cesena. Si, ma mi raccomando solo quelle più intollerabili perché non dobbiamo approfittarci di concetti come eguaglianza e dignità. Ai poveri non si addice esagerare: solo ai Papi e ai Beati è concesso.
*parola del greco antico che indica l’azione di triturare sommata al vocabolo che denota organi maschili pendenti.
Ho un’ottima opinione di Scalfari, anzi superlativa. Più invecchia e più diventa saggio ed equlibrato. Mentre altri restano coglioni inviperiti.
Beh cosa aggiungere, caro Simplicissimus? Centro!
(Non-)E’u(n)genio Scalfari ce li ha triturati da decenni, cercando di essere ciò che non sarà mai: un Maitre à pènser; un tentativo costantemente abortito di crearsi un sistema filosofico, lui pacchiano servo di giornalistume di costume. A differenza di Montanelli che da fascista vi mise e perse la faccia, a differenza di Biagi che doveva espiare la democristianesi d’indole, il nostro sub-eroe, fu allineato e coperto in Piazza Venezia a gridare Duce! Duce! e a zittire i suoi giovanili furori (simile fra simili in ciò ai ‘gnorsì che lo circondavano entusiasti di non si sa che) a un lesto richiamo del predappino accompagnato da virile e sicuro gesto di mano, per capire il vil tipetto, in ciò arciitaliano e Mackie Messer alle cime di rapa. Così docile con Pannunzio, scodinzolante con Malagodi e La Malfa (Ugo), estatico con Olivetti, totalmente afono, acritico con tutte le enormi sozzerie economico-politico-finanziarie che ha combinato da un ventennio il suo portadanèe De Benedetti. Beh, era impegnato a combattere il Berlusca, lui… che vuoi…
Sempre dalla parte di finte minoranze liberali, pensose ed elitarie, ma schifiltose con la plebe, ha dato il masssimo contributo a far odiare la Sinistra italiana pure a chi di Sinistra si sentiva, sino ad abbracciare in un avviluppo mortale l’espressione più cacasotto di questo pseudo-sinistrismo, cioè il Migliorismo (definizione: arrivare alla Rivoluzione facendo di tutto per tarparle le ali), malattia infantile di quella che è la sua appendice senile, cioè il Riformismo (definizione: prendere il Nulla e appiccicargli sopra una parola, possibilmente con desinenza in -ismo), i cui esponenti da Amendola a Macaluso all’abusivo del Colle si sono sempre spesi per far prevalere tutto ciò che da Sinistra doveva spostarsi verso Destra, sino all’apoteosi del Governucolo ‘Napoli-Nano’ (ma donde mi vengono ‘sti calembour? Troppo Travaglio leggo, diamine…). Ora il Nostro F.F.(filosofo fallito), Tryptokoleòs, dopo aver per una vita recitato la parte di mangiapreti, quando sente che la Comare Secca sta cominciando a rosicchiargli i koleotteri, si esibisce nel più classico gesto che tutti gli intellettualoidi laicisti anticlericali (per lo più italiani) fanno poco prima di tirare le cuoia: non è proprio una …conversione… …diciamo, un “avvicinamento”, va’ (vuoi veder che c’è Qualcuno lassù? Mastro Coraggio alla Pascal…). Sì, moriremo democristiani…
Su Bergoglio sospendo il giudizio. Voglio vedere a fine pontificato (spero di camparvi…). In troppi nascono incendiari e muoiono pompieri.