Ed espulsione sia: lo hanno deciso con una maggioranza del 65%, meno della metà degli aventi diritto, cioè dei “certificati” da Grillo: 19 mila su 40 mila. Con le regole del Senato avrebbe vinto la parte contraria alla cacciata della Gambaro, ma è del tutto evidente che l’astensione di ritorno non ha colpito solo alle amministrative, ma si è estesa e in maniera grave anche ai fedelissimi: la vittoria di Grillo rassomiglia a una vittoria di Pirlo.
Ma anche se così non fosse, tutta la vicenda pone dei problemi di fondo che non possono essere nascosti sotto il comodo tappeto dell’assedio mediatico perché questi sistemi non fanno altro che aprire i ponti levatoi ai media main stream e ai loro partiti di riferimento. Innanzitutto occorre chiedersi che senso abbia parlare di democrazia digitale, come fa il sotto guru Becchi che in vita sua non ha mai acceso un computer, che significato abbiano i riti sacrificali alla grande madre Rete, quando alla fine ha l’ultima parola è di una cerchia ristretta, non eletta da nessuno, ma scelta direttamente da Grillo e dai suoi autori. La senatrice Gambaro è stata eletta in Emilia con quasi 600 mila voti, mentre è stata espulsa probabilmente da meno di mille corregionali “certificati”. E’ chiaro come un mezzogiorno nel Kalahari che mentre con il termine rete si allude a una partecipazione diffusa e capillare, attingibile da ciascuno, nella realtà il termine indica una cerchia assai ristretta e personale che non ha alcun rapporto né dialettico, né quantitativo con l’elettorato. Anzi, ancor peggio, si propone come un nucleo di iscritti esattamente come in un partito tradizionale, salvo che per la mancanza di una minima dialettica politica per cui lo zoccolo duro può essere usato come carne da cannone per gli assalti alla baionetta.
Dunque una struttura esiste, anche se con con l’invocazione alla rete si può far finta che tutto sia informale secondo il dettato del non statuto. Esiste un capo (un vero leader avrebbe abbozzato), esistono dei “cittadini”sottoposti, esiste una “vecchia guardia”: più che un rifiuto della forma partito, ne sembra una inconfessata parodia autarchica.
Ora proprio questo è il secondo problema posto dall’espulsione della Gambaro e di cui la curva degli ultrà grillina non sembra accorgersi, quando nella foga urla che anche gli altri partiti espellono, castrano, isolano, censurano, nominano: non c’è dubbio su questo, ma chi ha votato per il movimento voleva per l’appunto cambiare non ritrovarsi dopo pochi mesi con un pugno di mosche in mano a misurare la democrazia del movimento non sui propri meriti, ma sulle malefatte altrui entrando nella nobile gara del chi è più sano ha la rogna. Ecco perché il caso Gambaro è un punto di non ritorno: il M5S, a forza di guardarsi dagli altri partiti e dalle loro possibili manovre, a forza di voler rimanere puro e incontaminato, invece che giocare in attacco, ha adottato il catenaccio e si è messo da solo nell’angolo. Riuscendo alla fine a parere anche peggio. E di certo il caso Gambaro non fermerà le emorragie, semmai le rinforzerà.
Ma non sono soltanto errori, c’è anche una sostanza dietro i passi falsi: succede quando ciò che non si vuole essere è la parte prevalente di ciò che si è.
Martedì scorso a Ballarò Crozza ha sintetizzato la situazione del M5S con una battuta: erano partiti con lo slogan “tutti a casa” e si stanno mandando a casa da soli.
Battute a parte, l’impressione è che Grillo sia uno strumento che il potere ha usato per giungere esattamente alla situazione in cui ci troviamo.
Se i parlamentari M5S vogliono davvero fare qualcosa per migliorare lo status quo devono liberarsi al più presto dell’ingombrante presenza di un soggetto che si pretende leader senza averne né la statura né le capacità, e che sta coprendo di ridicolo un movimento che avrebbe potuto attuare qualche cambiamento significativo. Non credo che i quasi 9 milioni di persone che hanno votato M5S lo abbiano fatto per trovarsi in una situazione simile.
Togliere di mezzo Grillo, a mio modo di vedere, è l’unica chance che resta al M5S.
Altrimenti farà la fine dell’Italia dei valori e della Lega.
Esiste un parallelismo tra le iniziative di Lenin e di Lin Piao per mantenere la corretta linea dei rispettivi partiti comunisti e le scelte del M5S. Le citazioni potete trovarle, se vi interessa, sul mio blog. Penso quindi che non sia da censurare quanto fatto dal M5S in merito all’allontanamento di chi viene ritenuto estraneo ad esso. Devo, tuttavia precisare che queste situazioni politiche non sono comparabili con quelle citate in quanto manca la base ideologica del movimento: il loro progetto è un’evanescente immagine di un programma che somiglia più alle idee dei “liquidatori” che ad un progetto politico.
L’unico consiglio che possiamo dare loro è di mantenere almeno la coerenza con quel poco che hanno. E in questi termini penso che abbiano operato correttamente sul piano politico.
Naturalmente vale la pena di parlare del M5S in quanto è l’unico soggetto politico con idee, gli altri sono gruppi di potere organizzati destinati a sparire in un tempo più o meno lungo a seconda delle condizioni esterne ad essi (economia mondiale, economia italiana, organizzazione del sistema di comunicazione, ecc.).
fate finta di non capire, non capite veramente o siete al servizio di qualcuno?
Simplicissumus, lei fa un po’ di confusione:
1. Chiunque può parlare di democrazia digitale, anche se non ha mai acceso un computer. Non confondiamo l’idea con il mezzo per attuarla.
2. La “cerchia ristretta scelta da Grillo…” non è tanto ristretta, ma soprattutto non è scelta da nessuno. Sono libere persone che si sono iscritte al movimento.
3. La senatrice eletta da seicentomila elettori ha contravvenuto a un contratto da lei stessa firmato; è tutto nero su bianco. Noi del movimento non abbiamo l’idea del berlusca che, siccome è stato votato da milioni di italiani, allora può sottrarsi alle regole (e non solo le leggi dello stato, ma anche quelle etiche e morali). Noti bene che i seicentomila elettori erano sicuramente in buona fede, e forse anche la senatrice stessa, al tempo della sua elezione. Ma ora è ora; chi trasgredisce deve andarsene. E badi che non ho detto “chi sbaglia paga”; semplicemente, le idee della senatrice non sono più le stesse di prima, e sono in contrasto con il Movimento.
4. Lei non può assolutamente criticare il fatto che alcune decisioni vengano delegate agli iscritti. Se non le piacciono certe decisioni, si iscriva anche lei, così deciderà insieme a noi. Se tanti lo facessero, la democrazia diretta sarebbe cosa compiuta.
5. Il paragone fra Movimento e partiti tradizionali è completamente fazioso; mi limito ad accennare ad alcune imprecisioni: il “capo” del partito delega gli iscritti a certe decisioni (espulsioni, candidati per il presidente della repubblica, per esempio), quindi non è tanto “capo” come dice lei. I “sottoposti” sono sottoposti a un regolamento, non al capo.
Infine, non giudichi la strategia dei 5 stelle solo dal suo punto di vista, perché così continua a fare confusione: il movimento sta facendo semplicemente quello che ha predicato per una vita. Non molti capiscono questo, perché hanno la testa piena di abitudini partitocratiche. Ma si possono superare…
Cordiali saluti,
Gottardo
Io sono emiliana e la Gambaro mi FA PIETA’ !!!!!!!! personalmente non voglio essere rapprentata da una poverella che fa crittiche a chi l’ha aiutata molto ad essere al parlamento e non fa nulla Lei per attirare voti anzi fa un’intervista negativa ” e’ palese a tutti noi che e’ corrotta” e nessun emiliano vuole essere rappresentato da una cosi venduta!!!!!!!!
concordo con Stefano,ci sono regole chiare,se le accetti e firmi,devi rispettarle.La Democrazia è questa,il rispetto delle regole.Cosa,che ultimamente,nella politica Italiana si è dimenticato!!La Gambaro,se aveva qualcosa da dire,faceva a meno di andare davanti alle telecamere.
Vorrei anche ricordagli,che è li,solo perchè Grillo ha girato nelle piazze con un progetto,loro,ne hanno voluto far parte.Come quando si sono lamentati per i 2500€ netti al mese.Vero,sono pochi,per giustificare una trasferta settimanale,almeno il doppio dovrebbero prendere,ma perchè non si sono lamentati prima di candidarsi?Forse per paura di perdere il posto nella lista?
Vorrei solo ricordarti che i 600mila emiliani che hanno eletto la Gambaro lo hanno fatto perché lei, come tutti i parlamentari 5 stelle, ha sottoscritto un codice di comportamento, un programma ed uno statuto, pena l’espulsione in caso di tradimento a tali principi liberamente condivisi.
Mai nome fu più azzeccato per questo blog: simplicissimus di nome e di fatto.
Quando ci sei stato nella terra dei bushmen?