Anna Lombroso per il Simplicissimus
Ci sono formule e parole che perfino il mio pc è proprio stufo stufo di scrivere sotto dettatura. Una di queste è “teatrino della politica” e oggi apparentemente lo dovrei obbligare invece a impiegarla per descrivere quello scontro tra vecchi e impolverati capitan fracassa che menano fendenti con gli spadoni di legno barcollando sulle assi tarlate del palcoscenico della Sette.
Ma ieri non c’era politica, sostituita semmai dall’avanspettacolo con un impari emulo di Peppino che spolvera con il fazzoletto inamidato la sedia dove è stato seduto Travaglio, impari emulo di Montanelli, nel berciare scomposto di Santoro, che non ce la fa a emulare nessuno quando candidamente ammette di aver concordato regole con il nemico/amico, ambedue interessati a audience e reclame elettorali e non.
E non c’era nemmeno televisione, regredita appunto a teatro parrocchiale, dove le uniche immagini non superflue erano appunto costituite dai gesti plateali e scomposti di marionette animate da un burattinaio poco pratico: finti abbracci, tenetemi che lo meno, strette di mano rimaste a mezz’aria, giri di sedie e fughe simulate.
E non c’era il giornalismo, o almeno quello che vorremmo, quello che incuriosisce e informa, che non fa una trattativa per omettere, che non sceglie la visibilità rispetto alla reputazione, che non si infiacchisce per autoconservarsi proprio come la politica.
Faccio autocritica: la politica invece c’era, o almeno quello che è rimasto, la scrematura del peggio, l’unto tossico di quella emulsione di slogan, formule gergali, stereotipi cui è stata ridotta, ormai tristemente bipartisan, ma che aveva da parte di un leader restituito al ruolo proprio da chi per venti anni ha omesso di mirare al cuore del conflitto di interessi, delle correità criminali, della personalizzazione di tutto anche della costituzione e che oggi aveva a malincuore passato il testimone a governi altrettanto sprezzanti di regole e del bene comune.
Si, si è parlato di politica quando Berlusconi ha sciorinato il suo repertorio golpista, la sua litania contro le procedure democratiche, il suo mantra contro lacci e laccioli che imprigionano l’impresa e la libera iniziativa, che si vorrebbe tanto libera da renderci definitivamente schiavi, la sua lagna di despota lasciato solo come tutti i dittatori compresi quelli ridicoli.
Beh, non si lagni, non è poi solo come dice, se sul suo cammino continua a trovare qualche spalla pronta a ogni parte in commedia, pardon, in tragedia, la nostra.
Anch’io ho assistito alla trasmissione dell’atteso confronto con notevole curiosità, dato che quasi sempre, messo in circostanze particolari, chiunque, per quanto abile nel mentire e nel simulare, lascia sempre trapelare qualcosa di verità. Purtroppo il seme della verità quasi sempre attecchisce e germoglia solo in terreni adatti, predisposti ad accoglierla, voglio dire. Nelle discussioni politiche, in modo speciale in quelle pre- elettorali, il pubblico, per altro vario e policromo, vaglia le sementi e seleziona immediatamente quelle che secondo il suo parere sono potenzialmente per lui fruttifere oppure pestifere. Infatti ciascuno resta con le proprie opinioni, invariabilmente.
Secondo me, ha quasi ragione chi, in un commento a caldo, ha detto che (aggiungendo comunque un “purtroppo”) con un altro paio di presenze a Servizio Pubblico, il B. nazionale vincerà sicuramente le elezioni. Sa far leva sugli “indecisi”, cioè su coloro che, o perché poco informati o perché di mentalità suggestionabile, non hanno idee abbastanza chiare. La sua abilità e la sua presenza sono difficilmente eguagliabili e contrastabili grazie alla sua insuperabile capacità di escogitare, in base al vento che tira nella discussione, gli stratagemmi dialettici più efficaci per orientare gli indecisi e galvanizzare i suoi fans. In ogni modo Montanelli giustamente disse “Io non ho paura di B in carne ed ossa ma del B che sta dentro a moltissimi italiani”.
Merita un plauso, tra tutti i quotidiani, il Manifesto. Perchè relega la pagliacciata di cui sopra in un trafiletto, dedicando il pezzo forte alle dichiarazioni di Juncker improvvisamente memore di Marx.
(Intanto, da quel poco che ho visto prima che mi venisse irrimediabilmente a noia, ho compreso che Berlusconi è una mezza sega. Non primeggia nemmeno nel male. Non è il peggiore politico che ci sia mai stato, non arriva a brillare nemmeno in quello. Un omino piccolo, soprattutto moralmente, gretto, meschino, infantile. E questa nullità ha dominato la politica esclusivamente grazie alla totale assenza di chiunque altro.)
Vero. Fantasmi di una realtà che -se mai esistita- potevamo almeno sperare di costruire…l’unico momento di verità -per me- è stato di Travaglio quando ha chiuso l’intervento dicendo di non avere LA domanda e descrivendo la diversa Italia che sarebbe potuta essere …
Santoro ha chiuso la carriera da becero, ma chissà, forse la Innocenzi, serena e attrezzatissima! è una speranziella…
Facendo eccezione per gli addetti ai lavori ai quali tocca di sorbire tutte le zuppe mediatiche, comunque e a prescindere, penso che abbiano ragione quelli hanno detto “stacchiamogli la spina, si nutrono di quello”. Tra questi anche io.
Se volessimo davvero che il potere mediatico scemasse occorrerebbe metterlo a digiuno: non è una operazione facile. Sarebbe infatti meglio educare a leggere questa monnezza con strumenti adeguati, ma le difese dall’impatto sono molto difficili da attivare.
E nel frattempo anche ieri troppe persone hanno seguito con la bavetta alla bocca o sgranocchiando snack rimpiangendo solo di non poter decretare, come con Vespasiano o Nerone, il pollice verso nei confronti del tinto gladiatore o degli spelacchiati leoni. Altro che toro…. Nel frattempo la frase “sangue vuolsi e tu morrai ” rimane nel libretto del Ballo in maschera, e ieri sera, da quel che sento oggi, le maschere hanno ballato un minuetto appena poco più vivace del solito.
Quando ho saputo del “confronto”, che non ho visto perché non sono autolesionista, ho pensato: le logge hanno dato ordine di fare questo spettacolo. Forse così si capisce meglio perché, in fondo, i cosiddetti oppositori di Berlusconi sono stati i suoi migliori alleati.