Anna Lombroso per il Simplicissimus
AAA… Credevamo di aver già avuto un venditore di spazi pubblicitari come premier, invece al professor Monti l’advertising piace talmente che non resiste nemmeno a quella negativa e come slogan elettorale della pubblicità regresso ci fa sapere che in pochi mesi il suo governo ha saputo mostrarci cosa si può fare in cinque anni. Se questo era il trailer figuriamoci il film: un horror denso di spettri, minacce, ritorsioni, ricatti, espropriazioni prolungati fino a lasciarci corpi nudi in condizione di soggiogata servitù. Almeno quello di prima qualche spot di ristoranti pieni e aerei in viaggio verso mete suggestive, treni pieni di merci inutili che solcavano il paese per darci piccoli sogni a buon mercato lo proiettava per gli elettori ridotti a teleutenti, e si spiega così il suo successo.
Questo invece come ripeto monotonamente fa dell’impopolarità una virtù, quella impopolarità che significa solo agire contro il popolo, contro l’interesse generale, il bene comune, quel patrimonio collettivo fatto di diritti, lavoro, sovranità, certezze, futuro, amicizia. Il consenso sul quale può ancora contare – che comincia a venir meno l’appoggio dei suoi padroni – è limitato ai suoi affini, a quella sua iniqua corporazione di rentier, manager che non rischiano in proprio, imprenditori la cui unica impresa è cercar di moltiplicare patrimoni azionari, indirizzando gli investimenti verso il gioco d’azzardo delle borse, dei derivati, dei fondi pensionistici dei loro stessi dipendenti in un tortuoso avvitarsi di speculazioni e parassitismi; compratori esteri riottosi da persuadere con buoni acquisto, sconti, due al prezzo di uno, come nel caso dell’Alitalia, egregiamente confezionata da quello che pareva il fiore all’occhiello governativo, il liquidatore delle Poste e dello sviluppo del cui nome impropriamente si fregia il suo paradossale ministero. Ma soprattutto quel po’ di suffragio che potrebbe conservarsi, più che al sostegno beota e sciamannato di una stampa angusta e mercenaria ideologicamente oltre che economicamente, si può attribuire a quei soggetti che dovevano rappresentare la critica, l’opposizione, confusi e invertebrati perfino nella latitanza, riottosi e ingenerosi di sé e di creatività politica, ripiegati su agende e fotocopi di agende, che rivelano una inquietante mortifera indole al suicidio in nome del mantenimento magari solo della condizione di salme.
A me personalmente certe acrobazie di Ingroia non piacciono molto, considero il coatto riconoscersi in un premier una forzatura ideale, psicologica e morale oltre che costituzionale, penso che la vanità in politica sia un utile motore ma preferirei l’ambizione di fare e basta, le esperienze già verificate di magistrati prestati alla politica non sono incoraggianti, miserabili esperienze personali a volte mi avrebbero tentata a pensare che Berlusconi non avesse proprio del tutto torto a proposito di prepotenze giudiziarie, da un punto di vista cromatico preferisco il rosso deciso alle sinfonie di arancione, ma come ha sottolineato il Simplicissimus nel suo “Basta professori anche a sinistra”, vale la pena di provarci.
E proprio per i motivi che sembrano invece aver dissuaso le togate e accademiche illustri defezioni, alcune delle quali saranno certamente motivate da quella indole ad appartarsi sotto il giovane susino che in molti abbiamo lasciato prevalere, altre da meno nobili spinte personalistiche deluse, qualcuna da un ragionevole e legittimo timore a mettere le mani in pasta ….. E in questo caso non sarei troppo censoria, dopo tutta l’incompetenza dei tecnici ci sarebbe bisogno di quella forma di professionalità civile che fa scaturire scelte e decisioni ragionate, consapevoli, responsabili, quindi preoccupanti, difficili, e non basta la lunga permanenza in aule più o meno polverose, non è sufficiente lo sfiorarsi con un pubblico di attenti ascoltatori in conferenze e seminari per capire quello che pensa e vuole la gente, non vale la produzione di diagnosi lucide e crudeli per somministrare la cura adatta alla patologia.
Perché infatti gran parte della crisi morale nella quale si agita il paese non è certamente solo un tema “giudiziario” ma è problema di competenza: competenza che non vuol dire tecnicismo, non vuol dire specializzazione, vuol dire, magari invece con un po’ di retorica, mettersi nelle vesti degli altri, camminarci a fianco per conoscerne e condividerne bisogni, aspettative, inclinazioni, passioni, aspirazioni. Insomma il contrario do quell’esercizio di potere cui si è ridotta la politica per la quale il “sapere” promette e produce disprezzo per gli altri, induce malintesa superiorità e separatezza, esalta la polis come luogo del conflitto, prosecuzione della guerra con altri mezzi non meno cruenti.
Allora i temi della legalità, della lotta alla corruzione, dell’impegno colpevolmente rinviato contro il conflitto di interessi non sono di sicuro “parziali”, né specialistici, né tantomeno marginali o “tecnici”. Il raffazzonato riferirsi a un edificio ideologico e di “valori” chiamato sbrigativamente neo liberismo e che legittima precarietà, incrementa disuguaglianze, premia disparità e arbitrio, promuove la dissipazione di beni comuni e la loro alienazione, favorisce l’interesse privato su quello generale rappresenta un contributo esplicito all’affermarsi di un potere che in nome di questi principi stravolge regole e leggi, intacca il sistema democratico e la carta costituzionale, ha già devastato quel po’ di restante e macilenta autorevolezza delle istituzioni, altera le relazioni economiche configurando ormai il muovere una guerra crudele al lavoro e ai diritti di cittadinanza. C’è una ormai chiara coincidenza di interessi che senza indulgere in dietrologie vede contigui i poteri economici sempre più opachi e sempre meno occulti con la criminalità economica, con l’accreditarsi di mafie globali, con la loro iniziativa che si esprime nell’entrare a pieno titolo nella società, nel sistema imprenditoriale sempre più vulnerabile, in quello finanziario, idealmente e culturalmente permeabile alle acrobazie malaffariste.
L’erosione della sovranità degli stati ha reso utopica la convinzione illusoria di temperare beneficamente il mercato, in modo che la manina di Smith distribuisse in giro un po’ di polvere d’oro, che da tanta iniquità scaturisse e circolasse in giro un po’ di benessere.
È triste, è riduttivo che per rimettere in moto un minimo “senso” morale serva un magistrato. È triste e riduttivo che si abbia bisogno di una foto sui manifesti e di un nome per smuovere riscatto e coscienza. Ma è ancora più triste e riduttivo che si rinunci per questo a ritrovare in noi la dignità della politica, eh si, è proprio il caso di provarci, anzi è un obbligo.
Allora è vero, il motore legittimo ma non sempre positivo di Ingroia è l’ambizione.. peccato che soggetti più autorevoli credibili illuminati non abbiano trovato nella generosità e nell’interesse per la democrazia un motore altrettanto potente. È vero, sono laica e vorrei un approccio laico in tutti i settori della vita pubblica e privata: un magistrato non mi dà le garanzie che vorrei. È vero, bene che vada un 5% nel migliore dei casi è poco e Ingroia è più autoritario che autorevole. Ma sento muovere queste critiche da chi ha votato alle primarie e voterà Pd pensando di condizionare Bersani e un partito più strutturato che ha appoggiato Monti e che porta avanti un programma che ne persegue gli obiettivi, se parliamo quindi di velleitarismo il loro peccato è ancora più mortale. È la struttura partito che ha mostrato la corda, partiti che hanno voluto conservare il porcellum per auto conservarsi, ma non c’è tempo e forse nemmeno le forze popolari per ricostruire un’organizzazione diversa. Io sono incline all’utopia, ma pare che siamo diventati così poveri che utopia è costruire un processo modesto e normale di rappresentanza. Qualche giorno fa riportavo la denuncia di Di Pietro:su una acrobazia anticostituzionale consumata nel silenzio delle camere e dei meedia. Credo che avere anche un piccolo drappello che denuncia farebbe sentire meno soli i lavoratori offesi, i malati oltraggiati, le donne emarginate, chi pensa ancora che prima delle barricate alle quali vogliono condannarci per spararci, si debba fare qualche tentativo democratico.
Vorrei non percepire questo senso acuto di pericolo e di disfatta.
Per questo da un alto – nel sistema rappresentativo – mi aggancio all’unico appiglio che avverto non completamente insano, sapendo che le riserve, i dubbi, che nutro e perfino le profonde dissonanze (leaderismo, personalismo, imbarcare all’ultimo minuto chi può attirare voti…) mi aiuteranno ad essere vigile e a non farmi illusioni.
D’altro canto mi pare che occorra riscoprire un solidarismo di base, perduto nell’epoca dei partiti di plastica – l’uno alla Paperon de Paperoni, l’altro alla Veltron de Veltroni –
Tuttavia puntare solo su quest’ultimo è esattamente quello che vogliono.
Vogliono che erodiamo anche dentro la coscienza il senso dei nostri diritti e dei nostri e loro doveri, tanto ce la caviamo con la solidarietà.
Occorre approntarsi ai due aspetti, con una determinazione seria e continua perchè l’opera di propaganda sottile e diffusa è tecnicamente studiata per farci dimenticare che siamo stati cittadini per iniettarci il virus
dell’ineluttabilità che lo possiamo ancora essere.
E lo stanno facendo luciferinamente dicendoci che l’unico modo per essere cittadini responsabili è quello di soggiacere al rigore che tradotto vuol dire soggiacere a mercato-banche-loro affari.
“È triste, è riduttivo che per rimettere in moto un minimo “senso” morale serva un magistrato.” In effetti un plotone di esecuzione sarebbe più opportuno.
L’arancione è un colore che non mi piace in politica, è l’ibrido ucraino dei filoamericani non proprio trasparenti ed è, politicamente, rispetto al rosso l’equivalente di un grigio.
Quest’anno avremo un due-trecento avventizi eletti dal 26% della popolazione che sederanno in parlamento per adattarsi alle forche della BCE e al sistema della corruzione di quelli che in politica hanno il contratto a tempo indeterminato e ci sono sia con i governi di centrosinistra che con quelli di centrodestra. e sono lì da cinquant’anni.
Non so, non so, sono preoccupato, molto preoccupato, credo che sia ora di allestire forme di solidarietà sociale diverse, fare politica in modo meno rappresentativo, visto che da qualche decennio il mandato di fiducia ai poilitici è stato infallibilmente tradito.
La vaccha è ormai un amburgher surgelato nei caveau degli amici di Monti e latte per il welfare non ce n’è più.
sono stufo di capipopolo,di personaggi che hanno soluzioni in tasca,di altri che stanno facendo un lavoro egregio in quel che è la loro professione ma che sono pronti a dichiararsi Dio in contesti di cui non sanno nulla o quasi,diceva un antico adagio “che l’italiano quello che non sa lo insegna”vorrei che chi mi chiede di eleggerlo mi dicesse che si è laureato in politica, che conosce lo stato, che è pronto ad assumersi le responsabilità che gli competono,e che per quello che non conosce chiederà a chi di quello è esperto, è tanto difficile?