Anna Lombroso per il Simplicissimus

Premesso che Putin è uno zar cialtrone e feroce, e come tale poco illuminato, comunque affine più al terribile Ivan che a Caterina la Grande. Premesso che le tre squinzie hanno comunque un agente molto efficiente. Premesso che all’amico di Berlusconi e anche di Monti non importa nulla del dio degli ortodossi e nemmeno di quello degli altri. Premesso che invecchiando sono sempre più prudente nel seguire la lezione di Voltaire, ma che va sempre garantita la libertà di espressione soprattutto se cerca di esercitarsi contro i poteri costituiti, spesso anticostituzionali e sempre forti. Premesso che a volte la Siberia sarebbe un buen retiro consigliabile per una opportuna pedagogia e rieducazione, ad esempio del suddetto zar e dei suoi famigli, beneficati di letti e condotte di gas, malgrado anzi grazie alla pessima condotta. Premesso che comunque Siberia, gulag e galera sono comunque pene sproporzionate per brutte canzoni e abiti quanto mai punitivi di buon gusto ed eleganza.

Premesso tutto questo, ritengo sacrosanto e doveroso manifestare solidarietà per le tre ragazze tacciate di teppismo antireligioso, anche se l’entusiastico ritrovato laicismo – oltre alla sempre troppo poco esercitata militanza a fianco di chi manifesta contro più o meno esplicite tirannidi e più o meno cruente dittature, si dovrebbero esprimere anche in patria.
Ma d’altra parte è comprensibile che al nostro tempo e al nostro sdegno si addicano battaglie che mettono in gioco la visibilità più che la reputazione, le immagini più dei contenuti, la grancassa mediatica più della potenza dell’offesi.
In fondo le tre eroine si ambientano nelle nostre visioni contemporanee più opportunamente di Rosa Luxemburg, chè i martiri belli e dannati sono sempre più graditi di sgorbi intelligenti, ma meno piacenti, come avviene per via di quell’imbastardimento estetico di certi miti rivoluzionari e della preferenza per la satira che per la politica.

Ma siccome sono bacchettona non finirò di sentirmi oltraggiata dal risalto e dall’adesione esaltata attribuiti alle Pussy Riots nello stesso giorno nel quale è passato sotto un silenzio, gravido di minacce per l’umanità, l’eccidio di 30 minatori, vittime di una esecuzione amabilmente oscurata per non ferire i nostri occhi civili e wasp, per il nostro pensiero occidentale e democratico, che vuole persuadersi che l’apartheid, la repressione padronale della libertà, della dignità e dei diritti sia solo il contesto narrativo dei libri di Gordimer, efferatezze finite con Mandela osannato alle olimpiadi, scempi che da noi non potrebbero mai verificarsi.
E non finirò di sentirmi offesa come persona, come giornalista, anche per una volta come donna, della pompa che i regimi dittatoriali concedono anzi promuovono in favore di oppositori più accettabili, meno apocalittici, più sgargianti, meno infausti, più spettacolari, meno scomodi, a nascondere la condanna al silenzio, all’oblio e alla morte di tanti, ricordati in qualche anniversario come Anna Politkovskaja.
E non finirò di sentirmi ingiuriata dalla condanna di governi democratici che denunciano i misfatti contro i diritti e la repressione, brutale o sobria che sia, purché a margine del biasimo si possano a stringere o baciare mani, accettare doni principeschi in cambio del consenso, siglare opache alleanze o profittevoli accordi commerciali.