Incredibile, ma vero. Anzi assurdo e drammatico. Alla Conad viene distribuito un Cd per i 150 anni dell’Unità d’Italia con tutti i canti e le musiche risorgimentali, dal Va pensiero al’Inno di Mameli, dall’Inno di Garibaldi a Daghela un passo avanti. Il titolo “1861, nasce l’Italia” . Bene mi sono detto, un modo per coinvolgere anche i distratti acquirenti, nella loro massima funzione sociale di consumatori.

Alla cassa me lo hanno dato con orgoglio e appena a casa vado a vedere l’indice. E che ti trovo, quasi in fondo all’elenco, in quella zona un po’ nascosta  che si trova nel punto in cui l’onda  della curiosità si arena? “Tripoli bel suol d’amore”.

Ma guarda guarda, col Risorgimento non c’entra proprio nulla e nel momento in cui il cd è stato concepito e prodotto eravamo amiconi di Gheddafi, anzi avevamo chiesto ufficialmente perdono per quella disgraziata avventura coloniale.  Cosa c’entra Tripoli da conquistare al rombo del cannon con Mazzini e Garibaldi? E cosa c’entra la volontà di liberarsi e di unirsi con la volontà di opprimere altri?

Certo chi ha prodotto il disco è la De Agostini, notissima casa editrice di stampo conservatore che naviga nell’universo berlusconiano e queste domande di certo non se le pone: un piccolo colpo di mano storico, qualcosa che ricordasse i nostri posti al sole ce lo si poteva aspettare. E magari anche una strizzata d’occhio per attenuare i baciamano di Silvio. Peccato che l’ironia del destino e la cialtroneria di governo abbiano fatto il miracolo di attualizzare una canzone di un secolo prima.

Ma non c’è nulla di meglio di questo “infortunio” per rendersi conto della grottesca confusione che regna non solo nel governo, tra i ministri, nel milieu di servi ossequiosi e avidi, ma nell’intero Paese, troppo a lungo sedotto dal nulla. E ora disorientato dal cul de sac in cui lo hanno messo gli osannati governanti, impaurito dalle conseguenze di ciò che sta facendo senza avere  il coraggio di farlo. Scaraventato da una farsa al dramma.