Niente come il massacro libico è la cartina di tornasole dello stato vegetativo nel quale siamo ridotti. La quarta sponda di Mussolini, la sponda d’affari di Berlusconi e della sua cricca esplode e siamo gli unici a difendere il carnaio che il tiranno di Tripoli sta provocando. Perché in realtà non abbiamo una politica estera, abbiamo solo le ambigue amicizie d’affari del premier e quelle il governo difende.

Lo dimostra il fatto stesso che pur avendo rapporti privilegiati sia con Gheddafi, sia con Ben Ali, ci siamo fatti completamente sorprendere dalle rivolte, segno che in realtà oltre agli affari non c’è alcuna strategia, nessuna conoscenza reale del mondo esterno alla bolla del berlusconismo.

Frattini sta facendo in Europa la figura più triste e desolante dai tempi di Galeazzo Ciano. Dopo anni che ci  vanta l’esportazione di democrazia in Afganistan, ora che c’è di mezzo Gheddafi e di conseguenza gli affari di padron Silvio, viene a dire che la democrazia non si esporta. Definire costui un ministro degli esteri è come scambiare il cameriere per lo sposo.

Ma pazienza. Abbiamo ben capito in che mani siamo e nulla di quanto viene dagli sguatteri di cucina può impressionarci. Però anche l’opposizione sembra scomparsa. Anzi Veltroni, proprio quello che doveva andare a fare il dottor Schweitzer in Africa, se ne viene fuori accusando il governo di non badare agli interessi del Paese e solo in ultimo lamentandosi dei metodi di Gheddafi. Come se il massacro fosse un inconveniente secondario, marginale e non una vergogna per l’umanità. E come se non fosse proprio il modo orrendo con cui il colonnello cerca di rimanere al potere che determinerà le maggiori conseguenze future.

Ormai manchiamo di qualsiasi lucidità: e quando la ragione è in coma, lo è anche l’animo.