Roberta Corradini per il Simplicissimus

Storia. Resistenza. Libertà. Vita. Repubblica. – Parole di genere femminile.

Dignità, giustizia, uguaglianza, speranza. – Anche queste.

Terra, gioventù. – Altre parole di genere femminile.

Tutte espressioni che qualcuno, da tempo, sta minacciando.

Anche Costituzione è una voce femminile. E anch’essa è in pericolo.

Dura la vita per il genere femminile.

Prima che il loro ruolo venisse riconosciuto in Costituzione, le donne furono protagoniste della ricostruzione e venne loro riconosciuta la cittadinanza con l’attribuzione del voto – fino ad allora sempre negata – con il Decreto Legislativo Luogotenenziale del 1945. Una prima applicazione del principio di uguaglianza.

Quell’anno ci fu il primo intervento svolto di una donna in un’assemblea democratica nazionale nel nostro Paese: nel discorso inaugurale alla Consulta Nazionale, Angela Maria Guidi Cingolani si alzò sdegnata alle parole di un collega Consultore, affermando che la prima battaglia è quella “contro i pregiudizi sulle donne e la volgarità che qualche volta cade come sasso anche in quest’aula”. Disse, tra l’altro: “Per la dignità di donne siamo contro la tirannide di ieri come contro qualunque tirannide di domani. Noi donne abbiamo la visione della nuova dignità del lavoro”.

Il suo discorso appassionato – e drammaticamente attuale – continua: “… invitandovi a considerarci non come rappresentanti del solito sesso debole e gentile, oggetto di formali galanterie e di cavalleria di altri tempi, ma pregandovi di valutarci come espressione rappresentativa di quella metà del popolo italiano che ha pur qualcosa da dire, che ha lavorato con voi, con voi ha sofferto, ha resistito, ha combattuto, con voi ha vinto con armi talvolta diverse ma talvolta simili alle vostre e che ora con voi lotta per una democrazia che sia libertà politica, giustizia sociale, elevazione morale. È mia convinzione che se non ci fossero stati questi 20 anni di mezzo, la partecipazione della donna alla vita politica avrebbe già una storia. Comunque, ci contentiamo oggi di entrare nella cronaca, sperando, attraverso le nostre opere, di essere ricordate nella storia del secondo risorgimento del nostro paese. Tutti oggi siamo preoccupati dalla catastrofe morale che ha accompagnato la rovina materiale del nostro Paese: le cifre spaventose, indici del dilagare della prostituzione minorile, dell’intensificarsi della tratta delle bianche, della precoce iniziazione al male di migliaia di fanciulli, ci rendono pensose del domani così pauroso per le conseguenze di tanto disastro morale. È vero, la guerra porta sempre con sé devastazioni morali: ma credo che mai nel passato se ne sia verificata una così spaventosa, nella distruzione di tanta innocenza, di tanta promessa, invano sbocciata, di una nuova migliore generazione.”

Le donne conquistarono il diritto al voto e il diritto al lavoro per merito della Resistenza, alla quale presero parte attivamente, ricoprendo svariati ruoli, combattendo per affermare la democrazia e la libertà.

Il 2 giugno 1946 la presenza delle elettrici al referendum istituzionale per scegliere tra monarchia e repubblica fu altissima. Furono elette 21 donne nell’Assemblea Costituente. Di queste Madri costituenti, 5 entrarono nella “Commissione dei 75”, incaricata di scrivere la Carta costituzionale.

Il loro contributo alla nascita della Costituzione non fu ispirato da uno sterile “rivendicazionismo di genere” ma dalla consapevolezza che la costruzione di una vera democrazia sarebbe stata possibile solo con una democrazia paritaria. E’ grazie a loro che esiste il bellissimo articolo 3:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

Non permettiamo che l’impegno e le lotte di tante donne e tanti uomini vadano sprecati. La Costituzione fu scritta per i contemporanei di allora ma anche per le generazioni a venire.

Uno dei messaggi dei ragazzi intervistati per la ricerca “I giovani e la Costituzione”, realizzata nel 60esimo anniversario della stessa, i pronipoti a cui pensarono quelle Madri costituenti, è “Costruire un Paese più giusto e armonico, nel quale i meriti vengano riconosciuti e tutti abbiano le stesse opportunità e possibilità.”

Anche i giovani chiedono il riconoscimento dei meriti, l’autonomia degli individui, opportunità e possibilità per tutti, una maggiore armonia sociale e un rafforzamento delle libertà riconosciute.

Il plutocrate e la sua corte stanno calpestando la Costituzione italiana. L’ultima, recente proposta è quella di modificare l’art. 41 che sancisce la libertà di impresa, affermando che essa “Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Un’altra norma costituzionale dotata di visione e di preveggenza. Un altro ostacolo alla realizzazione di un paese basato su un sistema d’impresa irresponsabile e pericoloso, il cui fine è esclusivamente il profitto.

Ma l’art. 1 della Costituzione recita, al primo comma: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

Per questo oggi, come allora, donne, uomini, giovani dobbiamo dimostrare il coraggio di proteggere la democrazia contro il nuovo fascismo, difendendo e diffondendo la Costituzione, perché è un’arma civile potente contro la dittatura.

Ci vuole una rivoluzione libera e nonviolenta, non una violenta rivoluzione liberista.

Altrimenti saremo solo merce di un’attività imprenditoriale senza scrupoli, dove il nostro prezzo potrebbe anche essere il numero indicato su una busta, relativo alle migliaia di euro in essa contenute…

E non sarebbe più nemmeno una trattazione di genere ma un trattamento degenere.