Anna Lombroso per il Simplicissimus

Si sono innamorata delle piazze. Preferisco quelle magari non oceaniche ma belle piene, alla faccia della contabilità della questura. Ma alla fin fine mia vanno bene tutte anche le piazzette, i campi e perfino le piazzole di sosta. Quindi ben venga qualsiasi libera e spontanea manifestazione di dissenso, di opposizione di testimonianza pubblica. E esibita. Ma non sempre mi piace come viene esibita  la volontà di rappresentarmi e interpretarmi e tanto meno certe parole d’ordine (che tra l’altro a volte sarebbero preferibili quelle del disordine). Se poi i miei portatori di interesse sono pochi mi sono piuttosto estranei e pretendono di testimoniare della parte più specifica e corporativa del mio disappunto di cittadina, allora persevero nella mia critica al cospetto del loro perseverare in una certa arroganza.
Lo dico perché non so a voi ma a me l’appropriazione peraltro sacrosanta e legittima del diritto di parola a mio nome da parte del parterre delle trasmissioni televisive che si presta a sviscerare ogni giorno il repertorio di delitti sessuali e di crimini veri ma anche indirizzati contro il buon gusto perpetrati dal premier, un premier accusato di delitti ben più lesivi delle leggi delle regole e della cittadinanza oltre che di aver contribuito e non solo per quanto riguarda la cattiva fama, alla rovina del paese. Si dicevo la rappresentatività di genere delle belle signore con la sciarpa bianca appesa al collo come l’asciugamano dei patetici corridori cittadini di mezza età che fanno jogging nei parchi, non mi soddisfa un granchè.
Perché il bianco francamente evoca una cultura rinunciataria, confessionale e anche un bel po’ retriva perché non credo che contro la corruzione occorra recuperare verginità, semmai responsabilità e determinazione
Perché come ho ripetuto fina alla stanchezza, ma sono affati miei non pretendo di rappresentare nessuno, le ingiurie peggiori da parte del premier sono state commesse ai danni di istituzioni, della politica ridotta a un’attività illecita che ripugna ai buoni cittadini, perché a sentirsene offesi devono essere i cittadini tutti senza differenza di genere e ormai nemmeno di classe, perché più o meni sono calpestati diritti universali.
Perché io sono convinta che la democrazia serve alle donne e le donne servono alla democrazia soprattutto quando pur maggioranza numerica, sono condannate in una condizione di minoranza sociale civile economica. E le donne che appartengono o vengono dai territori esclusi o marginali al benessere ai privilegi della lotteria di nascita sono minoranza due volte. E allora non è onesto interpretare l’offesa di chi in condizione di relativo privilegio si sente offesa dal commercio dei corpi, ma bisogna invece pensare di dare voce a chi il corpo lo deve difendere dalla morte, dall’uso e dal suo commercio coatto e brutale, dalla fame, dalle malattie, dall’ignoranza e dalla esplicita sopraffazione fisica oltre che morale.
E allora bisogna superare l’ambito del “genere” per rivendicare il “genere umano” offeso. E forse bisogna anche trovare altri modi e altra qualità di protesta e disubbidienza meno spettacolare, meno mediatica ma più diffusa e più emozionante, perchè deve farci sognare e trascinarci al riscatto.