Certo che è dura la vita dei servi. Fanno una fatica bestia a convincerci che non solo stiamo bene, ma che viviamo in una perfetta democrazia, poi arriva il padrone e in due minuti cancella tutta la fatica di lecchini, arlecchini e colombine svaccate.

Basta una stizza senile non adeguatamente sedata e si apprende che il premier considera un ostacolo la Costituzione in nome della quale governa. Intendiamoci non è che Berlusconi non lo pensasse già da prima, forse già dalla nascita, ma si è accorto che non è così semplice aggirarla. Anche da capo azienda sapeva dell’esistenza di un codice civile e penale, ma certo non doveva sudare sette camicie per farne carne di porco.

Il fatto è che la tensione di questi giorni per blindare il bavaglio e salvare le cricche, lo deve aver stancato. Così per lo spazio di una mezz’ora la cipria di capo di governo si è sfatta per il sudore dello squallido mercato sottobanco ed è apparso il capo comico che pensa di avere la voce sensuale, il capo cricca, il capo banda che è la sua vera filigrana.

E dire che fino a qualche anno fa si parlava di peronismo del Cavaliere. Ma evidentemente il livello per l’uomo era troppo alto: siamo al Nicaragua di Somoza.

Credo che disobbedire in queste condizioni e con queste prospettive sia un dovere civile. Sempre che non si voglia assistere alla trasformazione della carta costituzionale in rotoli per un regime che già esala il suo fetore.