Rai 1 per farsi perdonare il semi silenzio omertoso sul progetto governativo di permettere la caccia tutto l’anno, ha avuto un sussulto animalista e ha cacciato via un gastronomo che, in una seguitissima trasmissione, aveva dato una ricetta per cucinare i gatti. Peraltro vantandone i sapori e le qualità organolettiche. Pura pazzia.
Ma che ci volete fare, qualcuno dice che siamo nell’Italia dei fatti e altri capiscono gatti, forse interpretando al meglio l’espressione. Tuttavia mi sento di spezzare una lancia a favore del gastronomo felinofago. Per una settimana, afflitto dall’influenza, ho seguito ogni tanto spezzoni di quella trasmissione e devo dire di aver trovato assai più scandalosa la presa per il sedere dei telespettatori a cui, con un’insistenza che ricorda gli anni dell’autarchia fascista, si consiglia di usare solo prodotti italiani , i quali com’è ovvio in qualsiasi repubblica delle banane, sono i migliori del mondo.
Non metto in dubbio che l’Italia abbia straordinari prodotti di nicchia. Ma fin dal tempo dei Gracchi è anche noto che lo Stivale, a causa della sua orografia coniugata alla densità della popolazione, non è in grado di essere autosufficiente dal punto di vista alimentare: oggi consumiamo il doppio dell’olio di oliva che produciamo e la stessa cosa o anche peggio si può dire del grano, del latte, dei pomodori, della carne, del pesce e via dicendo.
Quindi questo ossessivo richiamo al prodotto nazionale, spesso fuori luogo,  favorisce speculazioni sui prezzi e truffe commerciali. L’olio tunisino che fatalmente finisce nella costosissima bottiglia dell’uliveto di “Zia Maria” è solo un fatto veniale: il martellamento italiota fa trovare un lucroso mercato a prodotti provenienti  da coltivazioni sospette o da quelle che ancora reggono grazie allo schiavismo. E’ una sponda per il prodotto autoctono di scarsa qualità.
E poi francamente il martellamento italiota su una cucina basata su prodotti che solo un terzo della popolazione può permettersi, mi dà un certo senso di rigetto, sa di mangiate brioches, invece del pane.
Ecco perché l’incauto gastronomo non mi è del tutto antipatico: ha suggerito un alimento che avrà un grande futuro, direttamente correlato a quello del governo Berlusconi. Sapete i caimani hanno un retrogusto fangoso e sono francamente immangiabili.