L’immagine a sinistra tra qualche anno sarà  qualcosa di indecifrabile per gli studenti, un ghiribizzo stravagante e inutile. Perché mentre la terra si restringe, da noi si è pensato bene di eliminare lo studio della geografia dalle scuole. Bisognava pure sacrificare qualcosa per foraggiare le intoccabili ore di religione e così si è fatta una croce sopra al mappamondo.
Certo l’idea nasce in qual coagulo di ottusità che è il ministero della Gelmini, ma sarebbe un errore pensare che tutto possa essere fatto risalire solo a un deficit di cultura e di intelligenza. E’ invece un’ideologia che si afferma.
Osservate il mappamondo: anche ingrandendo l’immagine è molto difficile riconoscere l’Italia e ancor più difficile individuare quei territori locali che sono diventati la nuova retorica governativa. Insomma la nostra indipendenza dall’esterno, il chiudersi in un ambito che a fatica risulta visibile, diventa molto poco difendibile se si appena si osservano le carte geografiche. Inoltre la conoscenza dei luoghi, sia pure solo forma e simbologie, costituisce una bussola,  un’apertura che non si vuole che si per sé è sospetta. Tutto dev’essere vago, indeterminato: l’unica geografia ammissibile è quella delle agenzie di viaggio o dei navigatori satellitari.
Si, il mappamondo esprime sempre una visione del mondo. Al principio c’era la necessità di essere al centro delle terre abitate, poi prevalse la necessità di dare una raffigurazione esatta, più recentemente si sono affermati gli atlanti che mettono in relazione il territorio con la densità di popolazione o con la dimensione economica.
Adesso l’ideologia localistica e xenofoba richiede che non ci siano più atlanti,  i quali immediatamente restituiscono un senso di ridicolo a queste pretese, così come la visione di una terra enorme al centro di un piccolo universo divenne grottesca  non appena un telescopio fu puntato nel cielo notturno.
Ma non abbiamo un telescopio, abbiamo solo una immensa caverna della notte.