Generalmente Thomas Malthus è conosciuto per la sua teoria secondo cui i livelli della popolazione tendono sempre a una crescita geometrica, mentre le risorse agricole tendono  a una crescita aritmetica portando a cresi sociali che si possono evitare solo con il controllo della popolazione. Sarebbe abbastanza inutile analizzare questa tesi per mostrarne l’inconsistenza perché in realtà lo scopo finale di Malthus non era quello di stabilire un teorema, quanto quello di indurre l’elite dell’impero  britannico a gestire  scientificamente il “gregge umano” servendosi sostanzialmente di 3 preziosi strumenti: guerra, malattia e carestia. Esattamente quello che vediamo oggi proprio nel contesto culturale dentro il quale friggono le distopie del grande reset.

Ciò che mi propongo  di dire consiste essenzialmente tre concetti: il  primo è che  l’idea imperiale di dominio, realizzabile solo attraverso un controllo delle popolazioni coloniali, è intrinsecamente collegata alla cultura anglosassone di cui il maltusianesimo è una delle razionalizzazioni. Sì tratta di una forma di razzismo ipocrita e questo ci porta al secondo concetto: quando questi signori parlano di diminuzione della popolazione si riferiscono generalmente  alle popolazioni altre, non alla propria, anche se non lo si dice esplicitamente. Il terzo concetto è che non essendo più possibile sostenere argomenti come la crescita “aritmetica” dell’agricoltura si è passati – a partire dagli anni ’60 – alla denuncia della scarsità di materie prime, tipo il petrolio sta finendo, poi alla catastrofe ambientale e infine a quella climatica che essendo indimostrabile può essere manipolata e gestita apertamente dalle elite di comando con più facilità, mentre la difesa dell’ambiente tollera meno sciocchezze . Tutte questi visioni , soprattutto quella ambientale, contengono qualcosa di vero à, ma la loro finalità converge sempre e comunque nella necessità di drastica riduzione della popolazione umana.  Negli anni ’60 venne creato il Club di Roma come il centro motore che faceva  riferimento alla scarsità o alla diffusione di allarmi   per riproporre il maltusianesimo sotto una forma più attuale  e  stringente visto che alcune aree del pianeta cominciavano a svilupparsi e dunque occorreva stabilire fin da subito che le risorse non erano sufficienti per garantire il tenore di vita della popolazione occidentale e in particolare statunitense. Ora il libro di gran lunga più conosciuto e influente è stato il celebre I limiti della crescita  uno dei cui autori fu Dennis Meadows, un personaggio che potremmo tranquillamente utilizzare per comprendere i vari passaggi che ci stanno portando all’inferno.

Innanzitutto egli non è stato per nulla  uno scienziato esperto di geologia, ambiente o clima, ma un docente di gestione dei sistemi informativi  ed ex direttore dell’Istituto per la ricerca sociale dell’Università del New Hampshire, questo per indicare la radice essenzialmente politica degli allarmi via via lanciati, C’é un video del 2017 in cui Meadows, che naturalmente è socio e complice del Wef espone chiaramente il suo pensiero proprio mostrando che i limiti della sviluppo sono essenzialmente limiti demografici: “Potremmo avere otto o nove miliardi di persone solo se avessimo una dittatura molto forte e le persone avessero un basso tenore di vita …  Ma se vogliamo avere la libertà e  un alto tenore di vita vivendo non dovremmo essere più di un miliardo . E ora siamo a  sette miliardi , quindi dobbiamo tornare giù.  Spero che questa discesa  possa essere lenta, relativamente lenta e che possa essere fatto in un modo relativamente equo, in modo che le persone condividano l’esperienza” 

insomma bisognerebbe far fuori l’86 % della specie umana.

E’ straordinario come tutto questo rappresenti alla perfezione le distopie attuali, compresa il tentativo che le persone partecipino entusiasticamente alla loro rovina. Ed è anche significativa la cifra di un miliardo di esseri umani che non viene in alcun modo giustificata, ma che guarda caso è il numero di persone che vivono in quello che possiamo chiamare occidente. Ed sì l’inconscio andrebbe messo a freno. Comunque non è un caso che le parole di Meadows facciano eco alle parole del  Global Biodiversity Assessment del 1995 presentato per la prima volta alla conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP1  che affermava:  “Un mondo agricolo in cui la maggior parte degli esseri umani sono contadini, dovrebbe essere in grado di sostenere da 5 a 7 miliardi di persone… Al contrario, una stima ragionevole per una società mondiale industrializzata all’attuale tenore di vita materiale nordamericano sarebbe di un miliardo”.

Adeso siamo già 8 miliardi, ma vivremmo benissimo se nessuno si intestardisse a fabbricare virus e vaccini, a provocare guerre e a creare continuamente carestie di qualcosa. Questo però è tipico delle modellazioni predittive manipolate (tipo quelle di Neil Ferguson  sul Covid) inaugurata in qualche modo proprio da I limiti della crescita  che pubblicò i risultati di previsioni simulate al computer calcolate da un gruppo di statistici reclutati al Mit. Nessuna di quelle previsioni si è mai verificata, in compendo però è stato il libro a fondere la temperatura globale con variabili economiche come la crescita della popolazione, la perdita di risorse e la categoria sottodefinita di “inquinamento”. Utilizzando equazioni lineari per estrapolare le tendenze nel futuro, Meadows e i suoi coautori, uno dei quali era sua moglie, avevano posto le basi per due grandi errori: non esistono in natura cose così poco complesse per essere espresse con equazioni lineari , mentre l’altro e che i set di dati sono facilmente distorcibili  manipolabili per sfornare quasi tutte le “verità ” che si vogliono creare.