Anna Lombroso per il Simplicisssimus

Ma vi pare davvero che centinaia di migliaia di residenti cacciati dai centri storici dove erano nati loro e magari anche i loro nonni, per far posto a banche, uffici di multinazionali, grandi firme, residence di lusso, possano sentirsi rassicurati che nel 2023 si riversino in Italia 35 milioni di festosi pellegrini a celebrare il Giubileo. In modo che venga così consolidata la vocazione delle città a location di selfie sia pure mistici e la loro natura di Arlecchini al servizio di padroncini interni e multinazionali del turismo?

Ma vi pare davvero che il grido di allarme che si ripete puntuale come le catastrofi autunnali sugli effetti del consumo di suolo abbia proprio bisogno dei mercanti nel tempio che si accingono a allestire il nuovo shopping center Vatican Mall, il frutto di un investimento pari a oltre 15 milioni di euro, voluto -scrive la stampa – da un pool di “dinamici e lungimiranti imprenditori italiani”, un nuovo shopping center che si presenta come un mix di arte, etica e tecnologia nel segno della sostenibilità più evoluta. E che ospiterà proprio dall’autunno, i grandi brand nazionali e internazionali offrendo anche una pluralità di servizi alla clientela romana e internazionale, oltre ad arte, tecnologie avanzate e food di qualità. La sua superficie complessiva misura 11.000 mq – di cui 5.000 per la galleria e 6.000 per i parcheggi e magazzini – e dispone di circa 50 locali commerciali di varie metrature.

Ci voleva proprio, pare, a fronte del conclamato declino dell’ideologia del centro commerciale come nuova piazza capace di attirare famiglie, creare opinione pubblica, attirare i consumi secondo trend voluti dai creatori delle mode obbligate. Eppure negli anni erano falliti e si erano disgregate i templi e le utopie della retorica nazionale del primato italiano del gusto, l’expo del palato globale, le cittadelle del sapore secondo i norcini imperiali, le sfilate oltreoceano corredate di Caravaggio e guglie del Duomo spediti spericolatamente a fare da contorno per le fortunata circostanza. D’altra parte ormai si fanno gli stadi, le olimpiadi, i grandi eventi per collocarci vicino il loro centro commerciale, il loro sito del terziario, le loro banche e gli hotel per la dirigenza di istituti di credito, studi legali, multinazionali.

Ma non basta, infatti anche stavolta ruota intorno all’opera “che sarà dotata di infrastrutture intelligenti e innovative”, in grado di offrire agli utenti finali “un intrattenimento mai così immersivo e fatto di esperienze ibride, fisiche e virtuali”, tutta la strategia messa in campo dal Comune di Roma per il giubileo 2025 della quale in sindaco ha rivendicato la paternità con orgoglio. Sarà adottato l’approccio di sempre, già identificato per i grandi eventi sportivi e non e con fierezza Gualtieri lo ha ricordato: nuovo look per tutte le stazioni della metropolitana, riqualificazione di piazze importanti come San Giovanni, Risorgimento e quella dei Cinquecento. Ma anche il sottopasso per unire Castel Sant’Angelo e via della Conciliazione creando una grande area pedonale, grazie a «investimenti che serviranno ai pellegrini ma che lasceranno un’eredità positiva alla città dopo anni di abbandono», come quelli che ci hanno lasciato in eredità falansteri fatiscenti prima di essere completati e utilizzati, le stazioni del Mondiali, piscine e piste, secondo una variabile tipologia di monumenti dell’archeologia sportiva. Perchè come è ormai convinzione nei paesi marginali, al di sotto degli standard terzomondista, mentre vige in molti siti del superiore Occidente, decoro e reputazione internazionale non si ottengono e consolidano dando ai cittadini case, servizi efficienti, trasporti dignitosi, assistenza agli svantaggiati, ma offrendo stereotipi accoglienti di Città del Sole, esibendo l’organizzazione di un sistema urbano più adatto a visitatori occasionali, capi di Stato in gran spolvero, riti matrimoniali e cerimonie di personalità e influencer, di quelli che possono usufruire di limousine, relais romiti, percorsi impenetrabili per la massa.

Viene quasi da rimpiangere gli antichi Giubilei e perfino l’ingenuità dei più recenti e i loro buchi di bilancio coi creativi che si occupavano dei cammini dei pellegrinaggi con annessi nuovi B&B, dei biscottini a forma di sanpietrino, dei riti di iniziazione nei prati fuori porta. Eppure su di noi ne pesano ancora i costi, anche quelli dell’85% delle opere giubilari programmate a Roma e che non sono state realizzate, dei 2.578 miliardi stanziati dal Comune di Roma dei quali ben 2.208 miliardi riguardano opere previste abbandonate: la linea C della metropolitana per 1.500 miliardi, le linee tramviarie per 213 miliardi, il passante viario Nord-Ovest per 91 miliardi, il passante ferroviario per 30 miliardi, ecc. concessione..”(Enac). E poi c’è stato il Giubileo straordinario, altra voragine di sprechi, talmente vergognosa agli occhi Dio da persuadere il Vaticano che era meglio tirarsi indietro malgrado avesse appena incassato il primo miliardo dell’8 per mille. Intanto sappiamo che il pio Draghi ha già stabilito nella manovra 2022 di stanziare quasi un miliardo e mezzo dal 2022 fino al 2026 per finanziare le celebrazioni. Si preoccupa il ministro Giovannini: “è vero che nel salvadanaio arriveranno a Roma 8,2 miliardi, ma c’è da temere che nel 2025 ci saranno i cantieri ancora aperti, come purtroppo è d’uso in queste occasioni che pur appresentando eventi di interesse generale ritardano nella messa a terra delle opere tra investimenti per lo sviluppo delle metropolitane e delle tranvie oltre che per la ciclabilità e il rinnovo autobus”. E poi per i porti, la cittadella giudiziaria, le infrastrutture idriche, la rigenerazione urbana, l’housing sociale: “complessivamente 4,6 miliardi di euro per il periodo 2022-2026 in parte stanziati dal Pnrr, a cui aggiungere oltre 3 miliardi della Regione Lazio, affidati alla gestione commissariale del sindaco Roberto Gualtieri”.

Senza nessuna indulgenza, è proprio arrivato il momento di organizzarci per il No-Giubileo.