Anna Lombroso per il Simplicissimus

Ormai non c’è ambito della società, bisogno dei cittadini, accesso ai diritti che non sia stato trasformato in problema di ordine pubblico, da affrontare con il dispiegamento di strumenti di sorveglianza e controllo, con misure di repressione, con repulisti e pogrom, salvo, si direbbe, il contrasto alla criminalità, alle mafie, al malaffare e alla corruzione che vivono una beata fase di quiete, accertata e dichiarata apertamente dalla stessa Ministra dell’Interno impegnata a garantire il controllo del territorio, la sicurezza e la coesione sociale messe a rischio dai disertori sociopatici del vaccino.

Da due giorni si aggiungono altri probabili nemici pubblici che potrebbero attentare alla legalità e al decoro, aggiungendosi ad altri di “vecchia data”   che, secondo le rilevazioni del Censimento Permanente della Popolazione 2021 ammonterebbero a più di 500 mila, una cifra quadruplicata rispetto a 10 anni fa. Dall’1 gennaio infatti scade il termine ultimo del blocco degli sfratti e altri 100 mila soggetti si sommeranno a quelli che l’Istat definisce “popolazione speciale” o “elusiva”  costituita da persone senza tetto, senza fissa dimora o che vivono nei campi attrezzati e negli insediamenti tollerati o spontanei.

I dati per ammissione degli organismi incaricati dell’indagine, non sono attendibili perché molti  di questo “universo variegato e di difficile intercettazione” sfuggono all’identificazione, almeno finchè non diventano visibili perché va a fuoco un accampamento, finché non li porta alla luce un pogrom di altri disperati o di forze di polizia, o, peggio secondo le autorità, finché non manifestano, occupano alloggi, vanno in piazza e allora tocca passare alle vie di fatto, come si conviene con chi non ha saputo meritarsi l’ammissione al consorzio civile e il minimo sindacale della cittadinanza.

Eh si, è un universo variegato perché la popolazione elusiva di 10 anni fa, sia pure in piena crisi economica, ci veniva descritta come una coagulo di marginali, per scelta o per effetto di scelte sconsiderate, di anziani derelitti che non avevano potuto o saputo approfittare delle opportunità dello stato sociale, in modo, già allora da esimere dalle colpe e dalle responsabilità, governi e decisori che avevano demolito il sistema dell’edilizia popolare, che, sia pure con limiti e opacità, aveva fatto da compensazione al sacco delle città ad opera di costruttori e immobiliaristi spesso in odor di mafia e collusi con amministratori disonesti.

Da anni l’andazzo lo possiamo vedere tutti, basta uscire dalle mura cittadine, basta percorrere a Roma la Cristoforo Colombo, a Milano gli itinerari della cancellazione del tessuto urbano operata da sindaci spregiudicati in perfetta consonanza con affaristi bulimici, dinastie e sceiccati, che hanno prodotto una fungaia di costruzioni mai terminate, alloggi vuoti e cadenti, scheletri di condomini abbandonati o gli scenari spettrali di valorizzazioni che aspettano gli aiuti pubblici per completare l’osceno disegno di gentrificazione, grazie all’espulsione degli abitanti per far posto a operazioni speculative.

Così è cambiata la composizione dei soggetti a rischio di diventare barboni, occupanti illegali, baraccati, provvisori residenti di favelas condannati a diventare permanenti: in due anni migliaia di attività economiche sono fallite, altre stanno per essere cancellate, nuovi disoccupati e neo precari non possono più pagare fitto e bollette, altri che fino a ieri pensavano di essere al sicuro si trovano addosso un mutuo che non possono estinguere.

Si tratta di persone e famiglie che passano la loro vita come cavie in gabbietta, che corrono su è giù per le scalette e saltano nel cerchio spericolato della fatture, dei debiti, delle assicurazioni contratte per conquistarsi tetto e assistenza medica. Peccato che adesso anche la loro gabbietta è a rischio da quando è in corso la grande sperimentazione che ci vuole cavie sanitarie e sociali e che si traduce in azioni e misure che premiano rendite e grandi proprietà, cordate del cemento che si spartiscono il suolo tra opere infrastrutturali e strutture per i comparti del terziario e dell’economia delle piattaforme che malgrado il nome ha bisogno di sterminati magazzini, strade, parcheggi, svincoli e raccordi.

E difatti la legge finanziaria non destina risorse nuove o nuovi strumenti operativi alle città, come era stato richiesto dalle rappresentanze degli inquilini  che avevano denunciato come nella manovra mancassero stanziamenti per il contributo all’affitto e per la morosità incolpevole.

E non c’è da sperare nella questua europea: il Pnrr  non destina il becco di un quattrino all’incremento di alloggi popolari, non prevede stanziamenti   nell’ambito dei fondi per la rigenerazione della aree urbane con una dotazione di 3,5 mld e l’housing sociale con un budget di  2,8 mld, per l’acquisizione da parte dei comuni  degli  alloggi liberi degli Enti Pubblici, o per l’assegnazione di quelli di edilizia popolare vuoti e spesso in condizioni di degrado  (quelli censiti sono oltre 50 mila) a canone sociale.

E a dimostrazione che l’intento è sempre quello di penalizzare la dimensione ridotta,  non  è stata messa a punto nessuna azione di tutela i piccoli proprietari che hanno in una singola casa affittata un’integrazione fondamentale per il reddito familiare.

E dire che proprio i loro think tank e i loro organismi di ricerca non hanno potuto nascondere che quella abitativa è una emergenza vera, dissonante con la narrazione della casa come rifugio da contagi  e minacce millenariste:  Nomisma  ha rilevato  che esiste un target di domanda di alloggi che rimane sempre escluso   non solo dal mercato, ma anche dall’offerta a cura del Fondo Investimenti per l’Abitare, tanto che nella Capitale Morale è diventata una criticità che si aggrava di continuo, con una domanda elusa di oltre 146 mila di case a prezzi calmierati.

 

Eppure nella pastorale di fine anno il presidente uscente nel ricordare i fondamenti “sani” del Paese garantiti dalla sottomissione al vaccino e ai patentini a punti in crescendo di obblighi e limitazioni, ha dimenticato altri obblighi, quelli in capo a chi ci governa e ci ha governato e che ogni giorno dimentica quello di promuovere quell’unità patria che ha cittadinanza solo nella retorica degli oppressori, se l’intento ormai praticato esplicitamente consiste nella disuguaglianza arbitraria e nella discriminazione feroce che retrocede a invisibili molesti che è difficile intercettare nelle statistiche quelli che erano cittadini.