Anna Lombroso per il Simplicissimus

Non c’è da stupirsi se oggi, 8 settembre, nessun quotidiano, né il servizio pubblico, né le rubriche variamente commemorative e neppure i blog hanno dedicato qualche riga alla ricorrenza.

Era il 3 settembre, quando a Cassibile, in Sicilia, Italia e Alleati anglo-americani firmano un armistizio, sottoscritto a nome di Badoglio dal generale Giuseppe Castellano.

Mentre tocca proprio Badoglio, la sera dell’8 settembre,  leggere alla radio un proclama, anticipato qualche ora prima dalla radio angloamericana di Algeri,  che annuncia, come preteso dagli Alleati, l’armistizio e  la resa incondizionata dell’Italia: “Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta.   Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo.  Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”.

Nell’intervallo tra i due proclami i tedeschi hanno avuto il tempo di occupare quasi tutto il territorio nazionale  e di allestire con la complicità dei fascisti, la punizione esemplare per i “traditori”, disarmando, deportando e uccidendo centinaia di migliaia di soldati italiani, colti  di sorpresa e allo sbando, privi di istruzioni “superiori” diventati nemici da criminalizzare e cancellare come gli oppositori.

No, non stupisce: da anni è in corso, al posto del doveroso processo di storicizzazione degli eventi, una interpretazione che doveva rispondere a istanze morali volte alla pacificazione, alla soluzione “diplomatica” di contenziosi alimentati sfacciatamente da improvvisati lettori degli accadimenti, preferibilmente giornalisti prestati dalla cronaca per prodursi in un accanita ricerca di verità rimosse che servissero alla indegna equiparazione di vittime e carnefici, di partigiani e ragazzi di Salò, di martiri e boia.

La verità è che l’intento, lo stesso che ha animato la condanna alla pari di comunismo e nazifascismo da parte dell’Europarlamento, è quello di cancellare con un colpo di spugna responsabilità e crimini delle classi dominanti, ieri come oggi e in previsione del domani, quando gli stessi misfatti, sfruttamento, sopraffazione, occupazione coloniale di territori e sottomissione violenta di popoli,  ruberie e repressione al fine di disperdere tradizioni e identità culturali, si ripeteranno sia pure con differenti modalità.

A fronte delle sempre più feroci disuguaglianze la volontà è quella di persuadere il pubblico dei media, delle serie e degli sceneggiati televisivi, adesso che nessuno ha l’ardire di girare “Tutti a casa”,  o “Paisà” o “Roma città aperta”, che se si soffia sulla polvere del tempo, là sotto erano, sono e saranno tutti uguali, tutti con i loro umani e miserabili interessi, le loro umane e miserabili viltà, fratelli Cervi o Decima Mas.

Beh, non è così. Non è stato, non è e non dovrà mai essere così. E bisogna ricordarlo visto che è in corso una sgangherata campagna di dissoluzione della storia, di manipolazione e di criminalizzazione condotta contro gli storici colpevoli di non piegarsi a interpretazioni secondo quella contaminazione che ha fatto  della politica il teatro dove soggetti che dividono le stesse mediocri aspirazioni personali, gli stessi angusti orizzonti, gli stessi interessi di bottega fingono di combattersi come i Pupi, sguainando le spade di cartone e urlando contumelie mentre sottobanco si accordano per spartirsi l’ormai scarso potere concesso alla provincia remota dell’impero ormai ridotto a espressione geografica.

Così se continui stancamente a concedere un 25 aprile sempre più abusato e sottotono, devi necessariamente elargire una speculare Giornata della Memoria che cali il velo della commemorazione sui crimini fascisti commessi durante dell’invasione della Jugoslavia da parte dell’esercito italiano, quando le truppe italiane, di concerto con quelle tedesche ed ungheresi, attaccarono il Regno jugoslavo da diversi punti e l’occuparono collaborando al massacro di centinaia di  migliaia di persone, quando gli italiani brava gente contribuirono direttamente e indirettamente operazioni di sterminio, che la nostra Repubblica uscita della Resistenza non ha mai ufficialmente condannato.

Non c’è da essere negazionisti, termine ormai tanto abusato da perdere ogni qualità morale e intellettuale, se si dice apertamente che certe letture della storia sono concessioni disonorevoli offerte al fascismo di ieri che vanta ancora degli esegeti che ci ricordano che i treni andavano in orario e si bonificarono le Paludi Pontine per far dimenticare il martirio degli oppositori e la Seconda guerra mondiale, costata la vita a quasi mezzo milione di italiani, fra militari e civili.

E  che fanno comodo al fascismo di oggi, quello che usa la stessa attrezzatura: sfruttamento, corruzione, repressione, ricorso a leggi ad personam o a strumenti giuridici eccezionali, censura, limitazione delle libertà, cancellazione dei diritti conquistati, delegittimazione del pensiero e delle esternazioni critiche, al servizio del totalitarismo che non è contemplato nel repertorio del Parlamento Ue, quello economico-finanziario che non ha bisogno di etichette per condurre le sue guerre imperialistiche fuori e dentro i paesi, promuovendo differenze e divisioni, dissipando risorse in una orgiastica bulimia di potere e ricchezza.