Agli inizi di luglio ha fatto un tenue scalpore la notizia che Santa Sofia ad Istanbul tornerà ad essere una moschea, dopo che nel 1931 era stata sconsacrata e successivamente trasformata in un museo da Ataturk come atto simbolico di una occidentalizzazione in chiave nazionalista della Turchia che pareva l’unica via di sopravvivenza per il Paese. Ma che era anche stata un trait d’union tra l’occidente e l’impero turco sin dalla caduta dell’impero bizantino visto che la chiesa era rimasta intatta, conservando, sia pure nascosta, tutta l’iconografia greco cristiana che vi si era accumulata nei mille anni di storia precedente, salvo i sessant’anni durante i quali fu requisita e saccheggiata dai crociati. Ora tutti si sono moderatamente e “responsabilmente” lamentati di questo passo che risponde ad interessi interni di Erdogan, perché dopotutto non si può continuamente invocare inclusione e multiculturalità per poi attaccare un atto assolutamente legittimo e richiesto da tempo dalla comunità mussulmana. E tuttavia, visto che di certo Istanbul non ha bisogno di nuove moschee e che già il turismo tentenna dopo il Covid, ci si può legittimamente chiedere che senso abbia questo atto di per sé inutile e in un certo senso anche imbarazzante da un punto di vista diplomatico.
Invece sono proprio l’inutilità e la gratuità dell’atto che consentono di comprenderne appieno la portata al di là degli interessi spiccioli del momento e delle motivazioni religiose: è simbolicamente l’inverso della sconsacrazione di Ataturk e dunque un segnale che l’occidentalizzazione non viene più considerata obiettivo vitale. Del resto ormai la fabbrica del mondo è in Asia e l’occidente ha esaurito la capacità propulsiva del suo modello da quando il neoliberismo ha rotto gli argini provocando da una parte l’agonia delle speranze sociali e una disuguaglianza mai vista prima, dall’altra una narrazione di buone parole e buoni sentimenti rivolta una umanità astratta, mentre si procede verso lo sfruttamento integrale delle persone. Cosi, per esempio Benetton celebra l’antifascismo e l’antirazzismo, mentre concede 970 dollari a testa per le 1.134 vittime si del Rana plaza, ovvero l’industria tessile andata a fuoco in Bangladesh. E’ questo che non vogliono vedere o che addirittura piace agli antifà devastatori di statue, agli antirazzisti d’occasione, alle sardine, ai “ggiovani” simbioticamente immersi nella favola del capitale, ai giornaloni e a quella ridicola informazione “alternativa” fasulla che soffoca come la cipria della quale è composta, a una sinistra che celebra e si sente a suo agio in questi fumi oppiacei. Chi potrebbe sentirsi irresistibilmente attratto da tutto questo, dalla democrazia formale e fasulla dentro la quale la rappresentanza e la cittadinanza sono divenute un ‘illusione e persino un’offesa, da un potere grigio e pervasivo che ordina di trasformare una sindrome influenzale in peste per creare uno choc e uno stato di eccezione costituzionale e adesso non sa più come uscirne. Chi può davvero aspirare al nulla sociale che sembra qualcosa solo grazie all’ipocrisia?
Dunque non c’è affatto da meravigliarsi se una percentuale di turchi decisamente superiore a quella che ha votato Erdogan, vuole riportare Santa Sofia al culto islamico e con questo atto intende voler ripensare l’occidentalizzazione come strategia. Ancora nel 1997 la parte occidentalizzata e ataturchiana, rappresentata principalmente dai militari, riuscì ad imporre le dimissioni del primo ministro Necmettin Erbakan solo con la minaccia di un intervento, mentre nel 2016 nonostante un’azione militare vera e propria, in qualche modo avvenuta con la benedizione degli Usa, Erdogan è riuscito a spuntarla, segno del cambiamento dei tempi. Ciò che va compreso è che i turchi non sono oggi più religiosi e integralisti di prima, è solo che sono via via venuti a mancare i presupposti sui quali si fondava, fin dai suoi albori, la repubblica ideata da Atatürk: il rifiuto dell’islam politico era stato infatti concepito in funzione dell’occidentalizzazione del Paese e questo sia pure con grande fatica era stato accettato. Oggi non più e lo si vede dal fatto che proprio a Istanbul dove Erdogan è debolissimo e ha subito una rovinosa sconfitta elettorale, il 73 per cento dei cittadini è favorevole alla re islamizzazione di Santa Sofia. E’ che non abbiamo proprio più niente da offrire sul piano ideale, men che meno una qualche sofia che non sia compromessa col mercato .