Gas burnerOggi mi dedico al gas, intendo quello vero, quello con cui cuciniamo e riscaldiamo la casa, non quello venefico degli sceneggiati angloamericani che servono ad alimentare il caos geopolitico. Si il semplice gas di casa che tuttavia è uno degli esempi da scolpire nella pietra dei metodi quasi criminali con i quali un ceto politico lungo ha gestito le privatizzazioni. Si potrebbe parlare di molti servizi, a partire dall’acqua, ma la distribuzione del gas è particolarmente significativa perché l’orgia del privato (magari collegato alla politica) è stata chiamata a fare soldi senza una ragione al mondo e comunque senza alcuna necessità di grandi investimenti che è stato il classico trompe l’oeil con cui queste svendite venivano giustificate: le fonti della materia prima rimanevano ovviamente le stesse e i prezzi quelli del mercato internazionale, la rete di distribuzione era abbastanza efficiente ed era stata completata quasi per intero nei decenni precedenti con i soldi pubblici: si trattava solo di ritirare i soldi della bolletta per farci profitto e semmai aumentarlo licenziando o precarizzando con il pretesto della competitività.

Del resto in questa Italia dove le narrazioni neo liberiste si coniugano a meraviglia con pratiche opache e border line dal punto di vista etico era questo il modus operandi: distribuire benefici da privatizzazione a gruppi intenzionati a sfruttare il momento in cambio di regalie nei confronti dei benefattori. E del resto anche una legislazione pletorica. confusa e contraddittoria e di fatto sempre favorevole ai “padroni” faceva la sua parte: probabilmente molti ricordano la sentenza della Cassazione del 2016 che stabiliva come il licenziamento possa avvenire non solo in seguito a difficoltà economiche, ma semplicemente per aumentare i profitti. Certo si tratta delle manifestazione giuridica di un istituto dai compiti ambigui e ormai così anacronistico che dovrebbe essere cassato,  ma anche nella pratica quotidiana emerge un ambiente talmente favorevole nel complesso alle aziende di servizio che esse si possono permettere qualsiasi abuso senza davvero pagare pegno.

Per la verità qualcosa i nuovi privati potevano farla: modernizzare e portare nel XXI° secolo si sistemi di controllo dei consumi in maniera da evitare il più possibile la pratica  delle bollette “stimate” che oltre a essere un danno per l’utente, oltre a costituire uno degli strumenti più dissuasivi verso ogni forma di risparmio energetico è stato anche accettato come pratica legittima dai tribunali, sancendo così un diritto delle aziende all’arretratezza. Anzi la filiera dei controlli ha subito un’involuzione spaventosa con molti soggetti improvvisati, non in grado di far fronte a questi compiti e di certo senza la minima intenzione di investire per migliorare qualcosa o affidando a terzi, ancora meno interessati la gestione del settore. Però anche i privati che avevano maturato molta esperienza nel campo, ma che avevano visto la privatizzazione esclusivamente come una mucca da mungere per i loro azionisti, hanno fatto a gara per assicurarsi il podio della malagestione: basta vedere i danni fatti da Gas Suez, oggi Engie, che ha suscitato un vespaio di class action con le sue bollette pazze e con la sua pretesa che esse venissero pagate mentre ancora oggi una pletora di società di recupero crediti sguazzano in quest’acqua. Certo la cosa è stata così grossa che sono arrivare sentenze di condanna per richieste illegittime o per pratiche commerciali scorrette. Del resto a Roma questa multinazionale si serviva di Italgaa e di Acea visto che essa non era nemmeno abilitata si conteggi.

Ma in tanto quante centinaia di milioni di sudati risparmi se ne sono andati in fumo, quante ore si sono perse per star dietro all’avidità di questi pescecani? E dire che basterebbe qualche semplice aggiustamento a costo zero per normalizzare la situazione e riportarla sui binari della correttezza: dare per esempio due anni di tempo per adeguarsi dopodiché i consumi stimati divengono illegittimi e le aziende che non sono in grado di farlo vengono escluse dal settore, in favore magari di aziende a partecipazione pubblica come appunto Italgas e Acea che già svolgono questo compito anche per conto terzi. Tornare a legiferare realmente in favore dei consumatori, ma in questo caso direi dei cittadini visto che si tratta di servizi universali e non solo per burla come purtroppo oggi accade: basterebbe per esempio prevedere corposi rimborsi per le vittime di errori e bollette pazze che spesso sono una strategia più che un errore. Mi fermo qui perché basta il minimo sindacale per cominciare a invertire una rotta e anche se l’obiettivo potrebbe apparire modesto colpirebbe come un pugno una razza padrona abituata a lucrare senza modernizzare,