Adesso che Xi se ne è andato si può constatare il vuoto che rimane e fare un piccolo bilancio su un continente che si dà la zappa sui piedi con incredibile ostinazione e si direbbe quasi con diligenza. Il piccolo re francese sperava che la visita del leader cinese gli avrebbe fatto acquistare dei punti nel concorso senza premi “chi è il più bello dell’Europa”, ma,  a parte gli scherzi, pensava di scavarsi una nicchia da protagonista: dopo aver tentato di diventare il massimo nemico della Russia con l’invio in Ucraina di reparti della Légion Étrangère (peraltro smentito dal suo ministro della difesa dopo che la Russia aveva promesso risposte adeguate alla minaccia) cercava pure di diventare l’interlocutore privilegiato della Cina. Ma chi troppo vuole nulla strige, anche perché Macron non è per nulla un re, ma al massino un barone di campagna.

Infatti all’incontro con Xi si è presentata ospite inattesa e non invitata Ursula von der Leyen ( come era accaduto anche quando fu Macron ad andare a Pechino) per controllare che l’inquilino dell’Eliseo non correggesse la sua rotta e rimanesse fedele allo scontro tra Natostan ed Eurasia voluto da Washington. Insomma l’incontro faccia  a faccia è stato sabotato e agli occhi del leader cinese è stato subito chiaro che la Francia, assieme agli altri paesi europei, non gode di nessuna autonomia strategica: le decisioni che contano provengono dall’eurocrazia kafkiana della Commissione Europea, a sua volta prona di fronte all’egemone. Quindi immaginatevi la pena di Xi di fronte alle chiacchiere del grillo parlante dell’Eliseo il quale cianciava sulla “destabilizzazione” di Putin e cercava di spingere  la Cina ad abbandonare il sostegno alla Russia (e alla Palestina) nel momento stesso in cui diventava chiaro che Macron non è altro che un ventriloquo di Washington. E non solo, ma il leader cinese è stato anche minacciato dalla sordida cretina von der Leyen di mettere dazi altissimi ai prodotti cinesi, il che ancora una volta sarebbe un disastro per la l’Europa e non certo per la Cina. Senza dire del fatto che la visita di Xi in Serbia e in Ungheria, prefigura una futura divisione del continente tra chi va verso il futuro e chi rimarrà attaccato al passato fino alla morte.

Oltretutto la disgraziata vicenda francese  dimostra che nessuno ha ancora capito quale sia la profondità e la portata del partenariato strategico Russia – Cina che fa da perno al cambiamento dell’asse geopolitico mondale. Del resto le esercitazioni nucleari tattiche avviate dalla Russia dopo le minacce della Nato hanno mostrato che è la Russia a guidare il ballo e non l’Alleanza atlantica, la quale è stata avvisata che Mosca considererà qualsiasi F-16 che entrerà in Ucraina come un potenziale portatore di armi nucleari, indipendentemente dal fatto che le abbia o meno e inoltre che la Russia risponderà con misure simmetriche se Washington dispiegherà missili nucleari a raggio intermedio con base a terra in Ucraina o nei Paesi confinanti con essa. 

D’altro canto le minacce di invio diretto di truppe Nato lasciano il tempo che trovano: le straordinarie perdite subite dagli ucraini negli ultimi due mesi, fino a  5o mila uomini tra morti, feriti e dispersi, ovvero soldati che hanno abbandonato il fronte,  escludono che le truppe dell’Alleanza possano eventualmente svolgere solo ruolo secondari e di retrovia: nessuna mobilitazione obbligatoria, qualunque sia la sua portata, può contrastare perdite di questo tipo e dunque su arriverebbe a uno scontro diretto e a questo punto impari (per la Nato ovviamente) . E la tanto pubblicizzata offensiva russa non è nemmeno iniziata. In poche parole la partita è persa e la Nato vuole servirsi degli ultimi fuochi per testare la capacità strategica di colpire installazioni militari, produttive o energetiche russe all’interno della Federazione.

Come si evince anche dal discorso tenuto alla parata della vittoria, Putin non rifiuta affatto il dialogo con l’Occidente purché esso si svolga su un piano di parità e di razionalità. Purtroppo sono i suoi interlocutori che mancano dell’equilibro necessario per considerare gli altri come dei pari e che sono preda della follia.