Anna Lombroso per il Simplicissimus

Prima o poi doveva succedere. L’ambasciatore Usa ha segato il naso lungo e le gambe corte del burattino di Palazzo Chigi, rivelando l’elmetto e la divisa mimetica sotto il cappelluccio e la camiciola col fiocco:  l’Italia ha pubblicamente indicato la sua volontà di mobilitare e inviare 5000 unità in Libia. E non ha lasciato scampo al nostro Pinocchio in trono, che aveva fornito la sua versione nel boudoir di Canale 5, largamente preferito a altre Camere, smentendolo clamorosamente: “Non si è trattato affatto di un suggerimento o di una raccomandazione da parte degli Stati Uniti”.

Quante intelligenze luminose del passato dovrebbero farci causa per abuso e manomissione del loro pensiero tirato di qua e di là in favore di vizi, perversioni, soprusi, a cominciare da Machiavelli, se perfino un furbetto del quartierino si sente autorizzato alla menzogna, al cinismo, alla sopraffazione, legittimate come indispensabili virtù del “principe”, necessari alla manutenzione dello stato, senza preoccuparsi dei giudizi negativi che gli procurerebbero, che tanto, si sa, il popolo è sciocco e credulone.  E che sia un po’ vero lo dimostrerebbe il fatto che lo smascheramento non è venuto dalla gente, tantomeno dai suoi rappresentanti eletti e nemmeno da un bambino che ha  svelato le nudità imperiali, ma dal nunzio dell’imperatore stesso, esplicitamente divertito dall’incarico di rendere palesi una volta di più, da Clare Boothe Luce in poi e anche prima, i difetti attribuiti agli italiani, infingardaggine, indolenza e insolenza, ambiguità e ipocrisia, fanfaronaggine e superficialità, e soprattutto un istinto alla codarda doppiezza, alla falsità, all’imbroglio, a volte creativo più spesso solo cialtrone.

C’è chi ha voluto leggere nello sghignazzo arrogante dell’ambasciatore quella idiosincrasia puritana per la bugia, che, nella retorica che accompagna la narrazione americana pubblica e privata, avrebbe il sopravvento morale sull’interesse, sull’ambizione, sul profitto. È invece più probabile che, senza dover ricorrere alle rituali intercettazioni, il padrone americano abbia semplicemente ricordato che la colonnella di Renzi da mesi quantificava in 5 mila unità le “truppe” pronte a prestarsi, che il pischello in mimetica ha concesso Sigonella ai droni, e abbia voluto rimettere al suo posto il saputello, ricordagli che è a quel posto usurpato per ubbidire, per mostrare mansueta disciplina, ma senza farlo sapere, zitto e muci e nel suo stesso interesse, in modo da conservarsi una parvenza di autorevolezza, ma anche per confermare che a tutte le baggianate idiote sullo scontro di civiltà, sulla necessità di una guerra in difesa di valori e principi democratici contro il fanatismo sanguinario, lui e gli italiani ci credono talmente da essere pronti a spenderci i risparmi e da andarci a morire.

Il fatto è che anche uno di quegli psicoterapeuti che raccattano adepti tra le madame Bovary di Facebook o tra uomini frustrati nella loro virilità dalle mimose e pizze dell’8 marzo, potrebbe osare una diagnosi della patologia del nostro premier, caso di studio esemplare del bugiardo compulsivo.

È proprio vero che oggi più che mai per diagnosticare e interpretare la crisi che stiamo attraversando ci vorrebbe lo psichiatra, per via dell’istinto suicida del capitalismo, per via dell’indole necrofila del potere, che ama il sangue e la morte, per via appunto della coazione a mentire di chi quel potere se lo vuol conservare a tutti i costi. E, ammettiamolo, per via del nostro evidente masochismo che ci fa sopportare un regime di incompetenti, incapaci servitorelli sadici, che hanno in odio cultura, sapere, conoscenza, bellezza. E che quando mentono non lo fanno nemmeno più per regalarci radiose visioni, un immaginario che ci gratifichi illusoriamente e ci faccia dimenticare l’odierna miseria, ma invece per imporci l’oscena e restrittiva necessità, la divinità gretta e sciagurata che impone il sacrificio di speranze, diritti, certezze.

Si, potremmo sottoporlo a indagine clinica, ma basterebbe anche un test di quelli che circolano sui supplementi dei quotidiani o in rete, per comprendere la natura dell’impostore pronto a mandarci in una guerra, però “informale”, voluta o suggerita che sia. Basta leggere i suoi tweet, le sue dichiarazioni, il suo mentire e smentire, per capire che   mentire per lui è l’unico modo di vivere: la verità gli è scomoda mentre sparare balle gli sembra giusto. E c’è da intuire che questo comportamento si sia sviluppato fin da fanciullino, ispirato dal su’ babbo e in risposta a situazioni difficili a casa o a scuola che sembrano risolversi meglio con la menzogna. Come è noto, il suo profilo psicologico lo porta a mettere gli uni contro gli altri, inventando e alimentando conflittualità, cambiando la verità die fatti per piegarla a suo piacimento. E se viene colto in castagna, eccolo incolpare dei suoi sbagli e attribuire responsabilità  e negligenze ad altri. Mente per noia, per avere attenzione, per ottenere consenso, per suscitare compassione o ammirazione, per bassa stima di s+ alternata a dissennata sopravvalutazione.

Ci sarebbe da rimpiangere la più “normale” megalomania del Cavaliere che mentiva per alimentare il suo mito – e con successo se finivano per credere alle sue prodezze con la nipote di Mubarak, o per difendere le aziende, o per cavarsi dalle peste giudiziarie, o per confermare la sua narrazione di sé, spaccona, millantata e guascona, talmente gradassa e sbomballata che ce ne accorgevamo tutti, tutti la denunciavano, era oggetto di satira e invettiva, di vigilanza e attenzione.

Sarà consigliabile riservare la stessa sorveglianza ai comportamenti del bugiardello che supera il maestro con l’oscura potenza  del “malato”, matto senza genio, se non quello di trascinarci verso l’incubo. ma allora siamo più matti e più stupidi noi che glielo lasciamo fare.