Da circa tre anni mentre assistevamo allo smantellamento di tutele e di welfare, mentre sperimentavamo la deindustrializzazione, la persistenza dei conflitti d’interesse e del suo inarrivabile campione di Arcore, l’esplodere della corruzione, il sistema politico ci ha astutamente indicato, in vari modi e narrazioni, una sorta di via d’uscita, quella di una possibile alleanza tra Paesi in crisi che si ponesse come contraltare alle dottrine dell’austerità. Fulcro di questa idea, speranza, illusione, inganno, per citare le fasi in cui si è declinata questa evasiva promessa era il socialista Hollande, arrivato all’Eliseo proprio sull’onda di un cambiamento europeo.
Purtroppo sono bastate poche settimane per accorgersi che il nuovo presidente francese, seguendo con ferrea determinazione il cammino della resa socialdemocratica, non aveva alcuna intenzione di aprire un fronte Sud, che era sostanzialmente in accordo con le tesi economiche che invocavano l’austerità e che puntava piuttosto a un partenariato dirigista con la Germania. Lo scopo era quello travestire la Francia da vice carnefice, nascondendone la natura di vittima: grandeur oblige. E magari strappare qualche benevolenza verso i suoi numeri in virtù di questo travestimento.
Non per questo un sistema politico tutto teso alla salvezza di se stesso, ha rinunciato ad indicare la medesima via d’uscita, il comodo paracadute immaginario grazie al quale si poteva da una parte contenere l’euroscetticismo e dall’altro offrire prospettare soluzioni inesistenti. Lo stesso Renzi si è abbarbicato a questa idea, già tramontata da tempo facendone anzi una sorta di feticcio dalla quale sarebbe potuta saltar fuori qualche flessibilità. Ma non poteva immaginare che una crisi di governo nata proprio sul tema dell’austerità, smascherasse definitivamente Hollande: l’inquilino dell’Eliseo che non ha più nulla da perdere non solo ha accontentato il ministro Valls nella sua richiesta di cacciare dal governo gli antiausterità, ma è arrivato addirittura a nominare ministro dell’economia, Emmanuel Macron, un giovane enfan gatè e prodige con una carriera breve, misteriosa, ma lucrosissima (550 mila euro netti di stipendio) di banchiere presso Rotschild. In pratica un personaggio uscito dalle pagine di Zola, avendo avuto un lungo rapporto poi divenuto matrimoniale con la sua professoressa di francese al liceo, vent’anni di più e soprattutto figlia di uno dei più noti cioccolatieri di Francia. Il governo di fatto delle banche si concreta in lui che è un aperto assertore del mercato totale, come emerge dai documenti della commissione Attaly e riporta Parigi al tardo Ottocento dove non si muoveva foglia che Rotschild non volesse.
Se non altro adesso sappiamo con certezza che l’uscita d’emergenza tante volte evocata e favoleggiata non esiste: non tutto il male viene per nuocere.
Curiosità neutra. I Rotschilds furono grandi beneficiati della battaglia di Waterloo, grazie alla loro rete privata di informazioni. Quando i dapprima incerti risultati della battaglia divennero chiari, un loro agente partì per Londra a cavallo spronato. Nathan Rotschild vendette tutte le proprie azioni sul mercato londinese, causando panico. Gli agenti di borsa assunsero che Napoleone avesse vinto e che Rotschild si auto proteggesse. Ne risultò l’equivalente di un venerdì nero.
Ma appena Rotschild concluse che i prezzi erano scesi al minimo, ricomprò sia le sue che molte altre azioni, a prezzi stracciati.
La notizia della vittoria inglese a Waterloo raggiunse Londra il giorno dopo. Il mercato risalì in verticale e Rotschild realizzò una fortuna in miliardi. Da un suo diario, “Non importa chi e’ sul trono inglese a regnare sull’impero dove il sole non tramonta mai. Chi controlla la massa monetaria (money supply) controlla l’impero britannico e io controllo la massa monetaria britannica.”
A buon intenditor….
http://www.yourdailyshakespeare.com
Aggiungo anche, dall’articolo che Wikipedia francese gli dedica, i due seguenti elementi:
– Proche des États-Unis, il est membre de la promotion 2012 des “Young Leaders” de la French-American Foundation
– En mai 2014, il participe au meeting officiel du groupe Bilderberg au Danemark en présence de hauts responsables financiers, politiques, et militaires
Ti pareva che non fosse anche un devoto filo-americano nonché partecipante all’annuale riunione Bilderberg, che deve essere stata una sorta di cresima per la sua futura attività di ministro. Mi permetto poi una duplice profezia: il ministro giubilato, Arnaud Montebourg, fonderà un suo proprio partito e farà credere agli elettori di essere anti-austerità assolvendo alla stessa funzione che permise a Hollande di vincere le presidenziali. I francesi di sinistra sono infatti orfani di qualcuno che alimenti le loro speranze nel futuro non austero che aveva loro promesso Hollande, fedifrago in tanti sensi della parola.
In realtà l’articolo di Wikipedia francese presenta credibilmente Montebourg come il modello perfetto di politico contrario alle politiche dell’austerità e infatti egli vuole invertire il processo di globalizzazione e far sì, per esempio, che i francesi ritornino a comprare francese (ci ha scritto perfino un libro) ma, purtroppo, alla fine salta fuori la radice americana delle sue fortune. Scrive infatti Wikipedia alla voce Distinctions (onorificenze ricevute):
“2000 : Reçu comme « Alumnus » au sein de la French-American Foundation, élu en 2000 dans le cadre du programme Young Leader, fondation atlantiste ayant pour vocation de réunir les futurs principaux acteurs du monde politique, de la finance, de la presse et de l’industrie de manière informelle.”
Per chi non lo sapesse i Young Leader sono i giovani futuri leader dei paesi vassalli degli Stati Uniti. A questo punto non ci si può aspettare che Montebourg canti in modo difforme dalla partitura che gli è stata data, qualunque siano le cose che dice quando non è ancora lui a comandare. Sigh!