Ieri l’Espresso ha presentato il suo scoop: un documento di Wikileaks che svela le manovre di un accordo segreto per arrivare alla liberalizzazione selvaggia nel campo dei servizi. Governi di fatto permeati dalle lobby e da una politica subalterna, multinazionali delle comunicazioni, della finanza, dei trasporti, dell’istruzione e della gestione dei beni comuni che discutono su come continuare sulla stessa strada che ha aperto la crisi. Il pezzo lo trovate qui, ma il senso generale può essere riassunto da queste parole: «Un esempio di quello che emerge da questa bozza filtrata all’esterno dimostra che i governi che aderiranno al Tisa ( questo è il nome dell’eventuale accordo, ndr) rimarranno vincolati ed amplieranno i loro attuali livelli di deregolamentazione della finanza e delle liberalizzazioni, perderanno il diritto di conservare i dati finanziari sul loro territorio, si troveranno sotto pressione affinché approvino prodotti finanziari potenzialmente tossici e si troveranno ad affrontare azioni legali se prenderanno misure precauzionali per prevenire un’altra crisi».
Chi legge questo blog riconoscerà queste linee di azione come le stesse che stanno guidando le trattative del cosiddetto trattato transatlantico destinato ad avere nel campo delle merci gli stessi effetti, se non addirittura più gravi dando alle corporation gran parte del potere legislativo reale attraverso un meccanismo diabolico che potrete trovare qui. Dunque l’allarme è più che giustificato, lo scoop fa bella figura di sé, forse qualcuno s’indigna, qualcun altro si preoccupa. Ma basta voltare pagina perché le stesse filosofie e linee d’azione, lo stesso preludio nazionale a tutto questo trovi invece approvazione e incitamento: i peana alle privatizzazioni e alle liberalizzazioni sono in bella vista sulle bancarelle del “nuovo”. La deregulation spacciata per semplificazione diventa imperativa, la burocrazia, senza distinzione tra quella pessima o ambigua e quella necessaria, diventa l’obiettivo primario in quanto residuo del potere dello stato che non si adegua al “mercato” costituito poi dagli stessi soggetti che considerano la democrazia e i diritti come un ostacolo per il profitto. La caduta delle regole del lavoro viene salutata come inevitabile sacrificio (degli altri, s’intende) e come strada obbligatoria della competitività.
Siamo di fronte a una sorta di schizofrenia del pensiero o una illusione percettiva per cui lo stesso oggetto acquista caratteristiche diverse a seconda dell’angolazione. Basta aggiungere il segreto e la giovane donna della deregulation diviene una orribile megera, come in un noto disegno ingannevole. Del resto l’evanescenza del momento e la mancanza di punti di riferimento crea molte di queste trappole mentali, Basti solo pensare allo “scandalo” che sta suscitando l’alleanza tra Grillo e Farage perché quest’ultimo è xenofobo, nuclearista, euroscettico e sovranista, dunque di destra. Peccato che queste siano le medesime pietre angolari del leghismo e del berlusconismo di cui il Pd è stato alleato di ferro per più di due anni e con i quali tuttora patteggia il massacro costituzionale. Stranamente invece il fatto che Farage sia un liberista di sapore vagamente reazionario e che dunque non sia affatto distante dalle idee che muovono il Tisa, il patto transatlantico, le linee della commissione europea oltreché molti provvedimenti dei governi di larghe o piccole intese che si sono succeduti dal 2011 ad oggi, tutti regolarmente volti ad aumentare la forbice sociale e sbaraccare le tutele, non viene nemmeno citato e non va né a lode, né a detrimento di Grillo. E’ proprio come se Farage non esistesse oltre ad alcune etichette, giuste o sbagliate che siano, senza la pena di chiedersi cosa ci sia sotto, cosa le leghi.
E si potrebbero citare in questa casistica di schizofrenie percettive, anche i fuoriusciti da Sel che vanno verso il Pd proprio quando questo si sposta a destra, se non fosse che qui si tratta di pura bottega, di miserabilia. Insomma ci sono pezzi di realtà che non vengono nemmeno più percepiti se non quando un caso particolare non li mette in evidenza. Come se avessimo la percezione delle parti ma non dell’insieme e quelle parti le mettessimo insieme secondo uno schema abituale che tuttavia non rispetta più le coordinate reali. Così andiamo a fondo pensando di essere in superficie.
L’ha ribloggato su profumo di donna.
Io sono probabilmente la persona più isolata della terra o quasi (anche per mia scelta) ma quello che mi sento di dire è che se ci fosse qualcuno che è ben connesso, al 99% dei casi sarebbe sicuramente connesso a persone che hanno già dei rapporti molto positivi con il neoliberismo e che non hanno alcun interesse a proporre alternative. Infatti il cosiddetto establishment è ormai fatto quasi al 100% di neoliberisti attivi (entusiasti della nuova travolgente libertà di poter fare quello che si vuole eliminando gli “ostacoli” rappresentati dall’etica, dalla religione o dallo stato) o di neoliberisti passivi (che accettano il neoliberismo come un male necessario o inevitabile).
Se sei connesso a queste “attivisti” impropri, il tuo mondo di amicizie è comunque fatto di queste persone e non puoi andare contro di loro, puoi solo o assecondarle o associarti, pena l’isolamento.
Se comunque vi fosse qualcuno autenticamente libero, disposto a soffrire l’eventuale isolamento e che volesse fare qualcosa di concreto, dovrebbero come prima cosa dissociarsi da tutto ciò che è la scena politica attuale che è solo un cumulo di falsità, una galleria di trompe l’oeil, un’illusione ottica. Quello che Mr. Simplicissimus dice di Farage vale peraltro anche per il Movimento Cinque Stelle. L’alleanza tra i due non è casuale ma non ha niente a che vedere con il supposto razzismo degli uni o degli altri. Sono movimenti che per quanto parlino di cose anche giuste rappresentano una delle declinazioni “estremiste” anziché “centriste” del neoliberismo, quella magari con interessi più tecnologici o con un profilo umanitario destinato a incantare molto, ma a durare poco.
Se Grillo non fosse una declinazione del neoliberismo avrebbe impostato tutta la sua lotta, tutte le sue energie, tutta la sua voglia di ribellione contro il neoliberismo, contro i vari trattati internazionali in corso d’opera, contro lo spionaggio totalitario, contro i giganti del web, contro la globalizzazione, contro questo mondo di egoismo selvaggio e autoritario che vuole radere al suolo la nostra sovranità e le nostre libertà e tutele, cosa che lui non ha fatto nemmeno per uno zero virgola uno per cento nonostante qualche sparuto post scritto su questi argomenti da giornalisti o accademici suoi amici, il che sottolinea ancor di più che per lui non si tratta affatto di temi prioritari tant’è che li lascia volentieri agli altri.
È significativo poi che appoggi la lotta anti-TAV in modo decisamente vigoroso ma non la lotta ai diabolici trattati che sono la premessa di infinite altre TAV. In ciò Grillo ricorda l’atteggiamento delle chiese che ci invitano a lenire le piaghe della società ma non muovono poi un dito per denunciarne le cause reali. Grillo, in fondo, si accontenta solo di gestire la parte di elettorato che ha abbastanza intelligenza da vedere il male (mentre la maggior parte della gente neppure se ne accorge) ma non riesce a vederne le cause profonde per eccesso di ingenuità e difetto di abitudine ad analizzare la politica nella prospettiva della geopolitica e della Realpolitik, ossia del potere reale. È un tipo di elettorato che esiste ovunque e che rimane al palo: in Italia pensa che Grillo sia la soluzione, in Inghilterra che sia Farage la soluzione, in Francia che sia la Le Pen la soluzione, in Germania che sia AfD la soluzione e, in Grecia, che sia Tsipras la soluzione. La cattiva moneta scaccia la buona e anche la cattiva politica, promossa da chi di moneta ne ha a fantastiliardi, scaccia quella buona e non solo le impedisce di esistere ma ne crea una serie vastissima di avatar fasulli che diventeranno invariabilmente il bacino di raccolta di tutti coloro che aspirano sinceramente ad una politica diversa non condizionata dall’economia e dalla finanza e che non si accorgeranno che quanto viene loro offerto non è una proposta onesta ma l’ennesima maschera del neoliberismo. Quando se ne accorgeranno, sarà già nato a latere qualche altro partito o movimento con una maschera più convincente verso cui potranno migrare felici.
La storia ci insegna che si comincia il viaggio come PCI e si arriva poi a destinazione come PD. Ma la maggioranza dei passeggeri a bordo non si è ancora accorta che durante il viaggio è cambiato qualcosa.