Qualche giorno fa il Financial Times ha raccontato una nuova e finora sconosciuta stazione della via crucis europea: nell’autunno del 2012 l’Fmi, visto che il debito greco aumentava “nonostante” i sacrifici ( adesso diremmo a causa degli stessi) mosse il suo uomo della troika ad Atene, il danese Poul Tomsen per convincere il premier Samaras a ristrutturare una parte del debito. Tanto la speculazione sui titoli dello stato mediterraneo era già avvenuta mesi prima e ormai i titoli spazzatura erano per il 70% in mani greche.
Sarebbe stata un’operazione conveniente per la Grecia, ma non fu attuata, come ha spiegato il ministro dell’economia Stournaras, a causa della totale opposizione di Wolfgang Schaeuble, titolare del dicastero delle finanze tedesco. Le ragioni dello stop erano ovvie: la ristrutturazione avrebbe solo marginalmente colpito crediti tedeschi, ma avrebbe dimostrato clamorosamente il fallimento della politica di austerità, denudato un Europa basata unicamente sul rapporto creditori – debitori e instillato corposi dubbi sulla bontà dell’euro. Ciò che il governo tedesco temeva e teme è l’instaurarsi di un effetto domino che finisca per distruggere una costruzione di cui la Germania (non necessariamente i tedeschi) è praticamente l’unico beneficiario assieme ai potentati finanziari.
A un anno e mezzo di distanza da questi fatti la Grecia è una polveriera dove il 44% della popolazione vive in stato di povertà assoluta, l’assistenza sanitaria è divenuta impossibile se non per i ricchi, il 60% dei giovani è disoccupato, l’elettricità viene fornita come donazione caritatevole alle feste comandate, il governo, alla disperata ricerca di soldi, arriva a minacciare il sequestro di tutti i beni per evasioni di 15 euro. Solo la Borsa e gli speculatori festeggiano ad atene, come del resto fanno anche Milano e Madrid.Tutte situazioni che man mano si stanno verificando anche da noi nonostante il bailamme mediatico con il quale si distrae la popolazione e si dà per certa una ripresa, anche ricorrendo ad espedienti miserabili quali la domanda: la Spagna uscirà dalla crisi prima di noi? Interrogativo con il quale si vorrebbe confermare una uscita del Paese iberico dalla crisi, cosa assolutamente e grottescamente fantasiosa, dando al contempo come scontato che anche da noi avverrà la stessa cosa. La realtà è completamente diversa e la fuga della Fiat che abbandona il Paese dopo aver promesso mari e monti perché una politica corrotta e cialtrona avesse l’alibi di fare ponti d’oro a Marchionne, ne è un’ennesima terribile conferma. Assieme all’irresistibile aumento del debito pubblico secondo una logica già vista in Grecia.
Tutto questo non mi serve per suonare sull’organetto la solita canzone, ma per mostrare come l’europeismo di maniera, quello che al massimo si aggrappa un’arcadia più futuribile che futura, ha fatto ormai il suo tempo e che i populismi e i nazionalismi di ogni risma l’avranno vinta se non si comincia fin da ora a contestare e in maniera radicale la costruzione che si è realizzata finora. La quale ben lontana dall’assimilare gli stati in un contesto più ampio li ha divisi, mortificati e abbandonati ai lupi delle banche e della finanza, creando di fatto una potenza egemone e Paesi vassalli. Vale a dire una situazione che è l’esatto contrario di quelle che erano le aspirazioni che portarono alla creazione dell’Europa e che rischiano di diventare un assetto stabile. Se non si abbandono adesso i farfuglii e le incertezze che pure sono evidenti dentro una sinistra in stato ipnotico, sarà poi troppo tardi.
Proprio per questo bisogna fare molta attenzione all’ operazione Tsipras, distinguere tra il leader di Syriza e le eventuali liste di appoggio che potrebbero anche contenere il baco di posizioni assai più moderate, disponibili a compromessi e magari focalizzate più che su posizioni di concreta contestazione della politica europea da sinistra su irrealizzabili illusioni di piani Marshall o retoriche similari improntate alle tesi del liberismo dal volto umano. Nulla sarebbe peggio del pensare di mettere in piedi qualcosa che possa somigliare a una lista unitaria della sinistra e rivelarsi poi un ensemble raccogliticcio, magari funzionale ad ambizioni personali. Ma credo anche che occorra non fermarsi alle premesse di Tsipras, più che condivisibili e chiedere conclusioni più stringenti e programmi d’azione meno astratti in merito alla contestazione degli strumenti che ci hanno portato a questa situazione. Perché con l’entrismo a tutti i costi non si va più da nessuna parte, come – tanto per tornare a bomba – dimostra l’azione tedesca nei confronti della Grecia e il volto senza maschera dell’Europa.
Non c’entra con il mio commento precedente ma proprio oggi sullo Spiegel Online c’è un articolo molto rivelatore del presidente tedesco Gauck (Warnung vor staatlicher Regulierung: Bundespräsident Gauck verteidigt Neoliberalismus – Messa in guardia contro la regolamentazione da parte dello stato – il presidente della Repubblica Federale Tedesca difende il neoliberismo) che è un canto di lode al neoliberismo. Non è che fosse necessaria una dichiarazione di fede così scoperta ma fa comunque impressione notare che il neoliberismo vincente ora non ha più paura di rivelarsi per quello che è: la trasformazione dell’ideologia capitalista in una vera e propria religione salvifica i cui massimi esponenti occupano ormai tutte le posizioni di leadership politica in Europa. Ecco perché non si può più scappare: perché questa gente crede veramente e fanaticamente che l’unico modo di creare lavoro sia attraverso la compressione dei salari (degli altri!), l’aumento delle ore di lavoro (degli altri!) e l’eliminazione progressiva di tutte le garanzie di sicurezza e di un trattamento umano sul luogo di lavoro (degli altri!).
Chiamarli neo-schiavisti sarebbe quasi doveroso. Perché anche lo schiavismo fu, a suo modo, un inno al lavoro gratis (degli altri!).
Volevo fare una riflessione sull’egemonia tedesca. La Germania, secondo me, non è egemone, un paese privo di sovranità non può essere egemone anche se può funzionare molto bene da kapò per conto terzi. Che la Germania non sia egemone è dimostrato da troppi elementi, tra cui, molto evidenti, la rinuncia all’opzione del nucleare pacifico, fatta per indebolirne strutturalmente l’economia e mantenere la Francia in una posizione di superiorità energetica, e la rinuncia a perseguire una politica militare autonoma, anche qui a vantaggio della Francia che ha invece piena libertà d’azione di sfogare le sue velleità di grandeur nel centr’Africa.
E’ fin troppo ovvio che la Germania è nettamente più forte della Francia, ma il suo contenimento è un elemento fondamentale della politica, o geopolitica, statunitense in Europa. Quindi sia Francia che Germania sono “manovrate” dall’alto e sottoposte a un sistema di pesi e contrappesi in modo da non poter mai far nascere una vera potenza egemone in Europa. Quanto all’Unione Europea la potremmo definire al massimo un’impotenza egemone visto che non ha nemmeno un proprio esercito ed è costellata di basi USA e di servilismi che si videro chiaramente all’opera quando all’aereo del presidente boliviano Evo Morales venne perfino impedito di decollare solo perché si sospettava che a bordo ci potesse essere Edward Snowden.
L’UE deve la sua potenza solo al fatto di essere un leveraggio degli Stati Uniti. Quando si gira il volante della propria auto, il movimento si trasmette dal piantone dello sterzo all’assale motore e di qui alle ruote. Ma siamo abituati a dire che siamo noi a guidare, non che è il volante, il piantone, l’asse o le ruote a guidare.
La Merkel, insomma, è il plenipotenziario di Obama o, come mi piace dire, l’area manager di Obama con competenza sull’intera Europa. All’area manager Merkel riportano poi i vari Rajoy, Letta, Samaras eccetera con funzioni di capi area locali.
Certo, è vero che in contropartita di questa gestione europea che permette agli Stati Uniti di dissimulare la propria presenza e di fare lo gnorri la Merkel parafulmini è stata ricompensata con una posizione di minore subalternità o di maggiore privilegio che dir si voglia. Ma quando la Merkel ha avuto l’ardire un mese fa di chiedere spiegazioni sullo spionaggio subìto a livello personale da parte della NSA è stata immediatamente rimessa a posto: è iniziata, penso non a caso, una campagna di ritorsione statunitense basata sull’assurda accusa alla Germania di esportare troppo, come se, in un mercato dominato dagli ideali liberisti della concorrenza illimitata, si potesse rimproverare ad una nazione la sua capacità di essere competitiva!
Ma, così, i padroni d’oltreoceano hanno lanciato alla Merkel un chiaro messaggio: “se vogliamo, come abbiamo disintegrato l’economia di Grecia, Spagna, Portogallo e Italia perché erano dei paesi peccatori così possiamo disintegrare l’economia della Germania perché è un paese troppo virtuoso.” Alla fine, il lupo può sempre accusare l’agnello di intorbidirgli l’acqua anche se si trova a monte e l’agnello a valle.
Punto 1. La Spagna è nel guano sino al collo. Le menzogne di Rajoy esportate acriticamente dai media mainstream italiani sono smentibili non solo e non tanto da cifre e statistiche appena un po’ più ponderate della solita solfa, ma da chi ha vissuto a Valencia per tre mesi, per cui i “jobs” per stagisti sono il solito specchietto per allodole onde truccare le cifre che vedrebbero il Paese iberico “che ha fatto i compiti” (come dicono i ‘Pangloss’ dell’europeismo di maniera, col codice a barre che il lettore ottico individua la matricola delle bolle papali emesse dal Financial Times) come un modello. In realtà il tonfo è vicino, a Maggio se ne accorgeranno i soloni del Partido Popular e i loro tirapiedi del PSOE…
Punto 2. A quale miseria teorico-ideologico-strategica è ridotta la csd “Sinistra italiana”. Attaccarsi alla zattera gericaultiana di un Tsipras, incapace, la stessa, non dico di elaborare una propria riflessione a tutto campo sullo stato delle cose, ma almeno far riferimento a pensieri “alti” un po’ più lungimiranti, con basi teoriche più salde e prospettive di più ampio respiro (penso a Lafontaine in Germania, per fare un nome spendibile). Purtroppo Siryza è un’anatra zoppa con la l’altra zampa in cancrena, non si va da lontano con questi orizzonti micragnosi. Mi aspetto un altro lavacro elettorale alle prossime Europee. Ahimè, mai come di questi tempi, ai lacerti di Sinistra che vagolano nella brodaglia europeicista, è facile vaticinare le conseguenze della Prima Legge di Murphy. Ed essere profeta di sventure è la più facile delle profezie, ma la realtà induce ad esserlo.