Anna Lombroso per il Simplicissimus
Dondolandosi comodamente sull’amaca, Serra si sente al sicuro: i forconi non gli pungeranno il sedere al caldo. Sono litigiosi che nemmeno la sinistra estremista “infantile” lo è stata tanto, con risse tra Internazionali, partiti, fazioni e leader.
Si, sono rassicurati, lui, osservatori, commentatori, sindacalisti, politici: si tratta di una marmaglia non ancora affamata, forse, ma già rissosa, disunita, senza idee e senza principi, ignorante e quindi inoffensiva. Poco vale ricordare che non avevano curricula più prestigiosi quelli che presero la Bastiglia, quelli che scesero in certe guerre del pane o i comunardi.
Poco serve rammentare che alla Marcia su Roma parteciparono disadattati, marginali, ladruncoli, piccoli criminali uniti dalla smania di un riscatto o che le milizie di Forza Italia non erano certo composte vent’anni fa da nouveax philosophes, che a unirle in fondo era il mito del danè possibilmente facile.
Non vogliono vedere, non vogliono preoccuparsi, così come non hanno voluto sapere che la crisi stringeva la gola di interi paesi come un nodo scorsoio, allacciato dagli stessi che hanno chiamato a fronteggiarla.
Si sa la povertà non è esteticamente decente, a meno che non sia letterario ed epica, quella dei bambini africani, che si adottano, purché a distanza, quella dei profughi, purché abbiano altre destinazioni da qui.
E’ più gradito un movimento sans culottes ma con l’i phone, che modernizza i nuovi brutti sporchi e cattivi, plausibilmente di destra e antisemiti, probabilmente razzisti e sicuramente incolti, così che si è autorizzati a abbandonarli nelle mani di quelle destre che hanno contribuito – da aule parlamentari, talk show e autorevoli quotidiani – a renderli più poveri, più inascoltati, tanto da legittimare le loro aberrazioni, appunto, xenofobia, simpatia per le mafie e inclinazione a soluzioni militari, nazionalismo becero e sciovinismo, teppismo e bullismo.
Ed è più rincuorante che siano così divisi, così piantagrane da risultare impopolari, così maleducati da essere sgraditi a penne eleganti e osservatori sofisticati, così intemperanti da bloccare insieme ai taxi e alle Maserati anche i tram, e così inopportuni da presentarsi in Jaguar.
E invece … e invece proprio per questo chi sta in calde case, chi sta sdraiato in amache dorate, chi osserva affacciato al davanzale di google, coprendo le urla col tintinnare del ghiaccio nel bicchiere di vodka, dovrebbe preoccuparsi. Preoccuparsi del serpeggiare disordinato di un malcontento che di divide e poi si riaggrega, si dissolve e si ricompone come il mercurio, non intorno a una causa, ma intorno a bisogni, vecchi e nuovi, a perdite antiche e originali, a assenze di rappresentanza e testimonianza e a presenze di improbabili capi bastone. Un amalgama fatto di gente che non si piace, non è amica, che l’amicizia non è più di moda, che non va d’accordo, ma che di volta in volta si unisce al coro, sotto una qualche bandiera, dietro un qualche slogan, che a muoverli e tenerli insieme è il collante tremendo della collera, della disperazione che sembra essere più cruenta per chi ha avuto qualcosa e sperato in qualcosa. Che se come dice la cancellieri il carcere è più duro per chi ha vissuto nella bambagia, la povertà è ancora meno tollerabile per chi ha potuto dimenticarla, per chi non l’ha conosciuta, per chi è abituato a pensare non a un riscatto, ma a un risarcimento obbligatorio.
Si ci saranno i soliti sospetti là in mezzo, ma ci sono anche gli impoveriti come noi, l’ex ceto medio, il popolo delle partite Iva e dei mutui, i falliti, gli esodati, gli indebitati, gli “scoperti”, gli autotrasportatori e i padroncini, i negozianti che hanno tirato già la serranda, i disoccupati e chi non ci prova più a cercare un lavoro dopo troppi no, i manovali di cantieri chiusi, gli artigiani che non possono pagare il fitto del laboratorio, quelli senza casa e quelli per i quali l’abitazione è diventata una galera di debiti le cui chiavi sono imano alla banca o a Equitalia.
Gli incendi che vanno sotto traccia si spengono e si riaccendono, come in Spagna, come in Grecia, innescano altri incendi e altre repressioni e allora il pericolo è per chi sta sull’amaca ma anche per la democrazia, che non ha saputo resistere e non ha saputo ascoltare, vedere e difendere, con se stessa, partecipazione e rappresentanza.
Michele Serra è il più paradigmatico rappresentante della ‘Gauche Caviar’, o, come si usa adesso (D. Sepe cit., se non sbaglio), “indignato sushi & martello”. Le sue amache, sono sempre meno il messale mattiniero e indispensabile dei sinistroidi allineati e coperti. Anche le più condivisibili sono scritte col leggero schizzo ‘de plume’, come si addice agli intellettualastri ‘blasé’ che rifuggono il popolino perché “putea” (gli puzza l’alito, per capirci), non sono più intinte nella bile, che è l’inchiostro dei satiristi credibili (e questo non vale solo per Serra, l’elenco è lungo, ahimé). L’altra sera, per dire, dal soldatino della pseudo-controinformazione Formigli (in realtà benissimo integrata al Sistema…) abbiamo assistito alla secessione dei Forconi buoni da quelli cattivi, che puteano; abbiamo Forconi (o “Movimento 9 Dicembre”, come si vogliono ridefinire, forse fa più marketing, fa più brand) apocalittici, e Forconi integrati. Chi stava nella piazza sporca, al freddo, e chi stava stravaccato sulle comode poltrone di Piazza Pulita, autoincoronandosi, o meglio, facendosi incoronare Neo-leaderino delle Partite Iva. Certo, quelli collegati dalle piazze sono impresentabili, non sono telegenici, fanno skifo, parlano male, sono populisti-fascistoidi e vanno in giro con la Jaguar. Gli altri sono “presentabili”, hanno superato con successo il provino-casting per bucare lo schermo, e soprattutto presenziano agli Angelus di papa Francesco. Insomma sono pronti per essere ammessi alla Corte del Sacro Giro degli Ottimati, di cui Serra è un Alto Giudice da X-Factor.
Beh, per quanto le mie idee siano distanti da quelle ideologiche che si percepiscono dalla ‘nuce’ di questo Movimento, mi sento più vicino a chi sta in piazza (e spesso ci resta, magari per dormirci, all’addiaccio, magari perché è la sua casa, come unico tetto una copia sgualcita de ‘Il Messaggero’), che di quei signori che si sono fatti “investire” come pungolo ufficiale per infastidire un po’ il manovratore, purché si tolgano dalla testa di disarcionarlo dal timone.
Già. Chissà come mai dopo gridolini di orrore, dopo piccoli sussulti snobistici sapientemente scritti adesso, i nipotini di Facta “nutrono fiducia” e indossano la vesticciola rassicurante del chierico che non è nè prete nè laico, che non salta alle conclusioni ma si genuflette al conformismo rassicurante: il nemico è diviso, è eterogeneo dunque ha già perso.
Ci crederanno? E’ invece un tentativo di divulgare un’interpretazione rassicurante nella convinzione che, una volta nascosto il volto nella sabbia anche l’immagine sparirà? Oppure non hanno capito perchè non vogliono capire? Clerici non vaganti (magari vagassero), ma saldamente adagiati alle loro poltrone vintage, con alle spalle collane di libri e fascicoli avuti in omaggio, assistono, sentendosi come sul vecchio palco della Scala, ad una rappresentazione di cui pensano di poter già conoscere il finale.
Eppure non mancano né i pensosi avvertimenti di persone colte e illuminate, né osservazioni di buon senso di chi la vita l’ha vissuta e vive senza scorciatoie né corsie di favore.
Davvero preoccupati per le prossime europee, per il nostro paese e per le nostre famiglie direi che rimane un ultimo avvertimento per i chierici asserragliati: fate attenzione, le brioches sono finite, non so se ve ne andrete in pace.
Grazie Anne
Uno dei più bei “pezzi”.
Guardare il mondo da sinistra, senza spocchia… per poter vedere.
Grazie.
ho le lacrime agli occhi….