Anna Lombroso per il Simplicissimus
Si autodefiniscono comuni “virtuosi”, quei probi enti locali che presentano bilanci meno sgangherati e bricconi delle varie amministrazioni salite agli onori della cronaca giudiziaria. Verrebbe però da interrogarsi su certe virtù più pelose delle carità. Ve ne sono magari alcuni che si dedicano a lungimiranti e oculati esercizi di risparmio energetico, di razionalizzazione dei servizi. Ma in altri la lezione dell’austerità punitiva ha attecchito come un vizio contagioso, per la perversa tentazione di fare bella figura con chissà che fantasmatica autorità di controllo pronta a dare bei voti ai tagli, più che con i cittadini chiamati a partecipare di questa esibizione di composto sacrificio collettivo.
E si è radicata anche quell’aspirazione di matrice pedagogica, che piace tanto al governo, a educare i cittadini secondo una didattica dimostrativa ed esemplare perché si pentano di chissà che esuberanze consumate nei tempi delle vacche grasse, perché si ficchino in quelle benedette teste che i diritti vanno pagati, che spetta alle autorità erogarli secondo propri criteri di merito, che l’welfare non c’è più per colpa di qualcuno: di quelli che se ne sono approfittati, degli immigrati che non se lo meritavano, dei cittadini sleali che si sono fatti prescrivere medicine inutili, dei meridionali parassitari che pesano sul nord operoso – perché i comuni virtuosi insistono soprattutto in quei territori e i morigerati irriducibili sono bi partisan. Mentre non si fa molta menzione di poco frugali dirigenti politici, di poco temperanti amministratori convinti dal gioco d’azzardo dei derivati, dell’egemonia bancaria che ha rapinato e continua a sottrarre risorse, di grandi evasori spesso riconoscibili in integerrimi concittadini, preoccupati delle rapine in villa.
Così a Brescia, è stato negato l’accesso ai servizi di trasporto e mensa a 321 bambini,” indigeni” e non, di cui i 72 del campo nomadi di via Borgosatollo. Per il comune la soluzione è solo una: le famiglie paghino i debiti, o non se ne fa niente. più penalizzati sono i piccoli che devono raggiungere la scuola dall’accampamento rom, percorrendo strade trafficate. Ma fa sapere il Comune, attento a criteri di equità, se “transigessimo per quei 72, commetteremmo un’ingiustizia verso gli altri 249”. E per quanto riguarda poi la mensa, il Comune propone rateizzazioni dei debiti delle famiglie morose o una soluzione “domestica”: i bambini, compresi i 72 costretti a un percorso da rally, potrebbero pranzare a casa e poi tornare alla scuole dell’obbligo, dove i servizi e l’uguaglianza sono invece un optional.
All’Ada Negri di Cavenago invece ai figli delle 120 famiglie ree di non pagare la retta viene concesso di accedere a un corner allestito alla bisogna per mangiare quello che si sono portati da casa, nel ghetto della “sciscetta” o della rosetta. Ma non c’è malizia, per carità, in questa procedura di esclusione e emarginazione: il Comune guidato da un sindaco di centro sinistra è ligio alla norma che proibisce di far entrare nei locali della mensa cibi preparati altrove, insomma prodotti che non provengano dalla società che fornisce il servizio di ristorazione, la multinazionale francese Sodexo (un fatturato da 16 miliardi e 47 milioni di euro) che reclama dal Comune la liquidazione degli arretrati. Anche in questo caso tra i 120 “discriminati” e schedati come morosi ci sono figli di immigrati ma ormai la qualità del razzismo è cambiata o è diventata più esplicita, sono i poveri di qualsiasi colore e qualunque sia il sapore del contenuto del tegamino, a subire la segregazione come una punizione. Anche gli indigeni sono indigenti e vengono colpiti là dove sono più vulnerabili, che i figli so’ piezzi e core e così il povero paga con una doppia vergogna, nei confronti del creditore e delle proprie creature che scontano con l’isolamento, con una diversità inspiegabile.
In pieno primato dell’ideologia della precarietà, solo la miseria è inflessibile. E colpisce con un senso di perdita irrimediabile anche in quei territori che si credevano inviolabili dalla povertà, quelli del Nord opulento, nei quali la regressione economica si connette a un coevo declassamento civile, e la privazione viene intesa come una sottrazione di qualcosa che sembrava naturale e inalienabile. E che ha prodotto e produrrà rancore, risentimento e quella invidia livorosa che una volta aveva una sua verticalità, dal basso verso l’alto. E che ora invece si sviluppa orizzontalmente, tra uguali e perfino in chi sta giù, al di sotto, colpevole di esistere, di aspirare al poco che si possiede, anche solo alla rabbia che tutti rivendicano, come un privilegio.
Nell’espropriazione che stiamo subendo quella della solidarietà è la rapina più atroce. Condanna corpi nudi e indifesi all’emarginazione e alla solitudine in paesaggi sempre più poveri di bellezza e armonia, sottoposti alla feroce prova dello spaesamento in territori geografici e umani deformati dalla speculazione e dal profitto, tra le spire di svincoli, tangenziali, al cospetto delle nuove cattedrali dell’outlet, imbarbariti e ostili alle relazioni, agli affetti all’aiuto reciproco, alla civiltà.
In ogni caso i bambini hanno i loro diritti, sono cittadini di questo pianeta ma sono anche, e sempre, le prime vittime e le più indifese quando non oggetto di ricatti di ogni tipo, mense comprese. Il compito di sostenere e difendere questi diritti penso sia di ciascuno di noi.
Le informazioni date dalla stampa dei paeselli dispersi sui monti, dovendo primariamente servire a vendere copie, vanno prima verificate nei fatti e nei termini. Gli esempi che ho citato riguardano la prima e la terza città d’ Italia dove generalmente i problemi si misurano in termini di MILIONI di famiglie non centinaia per cui rimango convinto che le agevolazioni per reddito esistono anche li da qualche parte nei regolamenti comunali, se poi ci sono italiani che non vogliono pagare 5 euro al mese o stranieri che non vogliono subire accertamenti sul reddito è giusto che vengano castigati e successivamente processati per aver lasciati digiuni i figli. Posso garantire che le vaschette dei pasti a Napoli vengono date in sovrannumero di 2 o 3 unità per classe, il cibo in se, cucinato in massa ha un costo irrisorio, perchè capita spesso che qualcuno faccia cadere tutto il vassoio oppure abbia ancora fame per cui alla fine NESSUNO neanche il moroso temporaneo viene lasciato digiuno tranne poi se persevera trovarsi la polizia municipale fuori la porta di casa. La gente spesso protesta e si espone ai media per manie di protagonismo quindi ripeto che le notizie inverosimili come questa andrebbero verificate in loco con i redditi degli interessati ed i regolamenti comunali alla mano. Cosa fanno e quanto guadagnano gli amministratori sono esclusivamente affari dei loro elettori e delle leggi vigenti, se a qualcuno le cose non stanno bene possono sempre emigrare a Napoli dove il comune pur tra mille problemi non lascia morire di fame ne i poveri ne gli zingari ne nessun altro. Sacrosanto il divieto di consumare cibi propri nei locali adibiti a mensa, perchè se a qualcuno viene la diarrea, la società appaltatrice e il comune ne rispondono civilmente e penalmente, queste norme di sicurezza sono in vigore in qualunque mensa pubblica o privata anche se poi nei fatti vengono ignorate a tal punto da sembrare una novità, perfino al tavolino del bar non puoi consumare cibi e bevande portati da fuori altrimenti se crepi avvelenato dal tuo panino ne risponde in prima istanza il titolare dell’ esercizio. Che poi sia compito di chi gestisce la cosa pubblica allestire locali dignitosi dove consumare i pasti portati da casa questo è un altro discorso.
I croccantini cinesi costano poco.
naturalmente il post è costruito sulla base delle informazioni date dalla stampa locale che correda i “piagnistei” di interviste degli amministratori locali. Che invito Rudolf a leggersi. Magari riflettendo sull’improbabilità di affidare servizi di mensa a multinazionali. E a interrogarsi sanche sui rimborsi spese degli stessi amministratori dei civilissimi comuni oltre che sulle loro limpidissime procedure di appalto. Lo esorto anche a interrogarsi su quali potrebbero essere le motivazioni oscure per le quali delle famiglie dovrebbero sottoporsi alla vergogna della pubblica denuncia e i loro figli all’umiliazione di una emarginazione così plateale. Ah e anche sul costo dei croccantini
TUTTO MOLTO COMPLICATO !
A parte i piagnistei di facciata ma siete sicuri che la civilissima Brescia voglia affamare la gente? Di norma la refezione e lo scuolabus sono GRATUITI per gli indigenti ed assimilati, prendendo come riferimento Roma, la soglia ISEE sotto la quale NULLA è dovuto per la refezione è di 5162,00 euro/anno per poi salire gradualmente a partire da 30 euro/mese fino ad 80/euro mese per chi supera l’ ISEE di 45000,00 euro/anno. A Napoli è più o meno la stessa cosa, le tariffe sono meno favorevoli ma ci sono un mucchio di agevolazioni collaterali ossia gli invalidi sono esentati indipendentemente dal reddito, nei casi di grave disagio socio-economico il comune manda gli assistenti sociali che hanno facoltà di esentare dal pagamento a prescindere dal reddito, i figli successivi al primo sono scontati del 50% e le chiusure istituzionali e/o per causa di forza maggiore danno diritto al rimborso di 1/20 per ogni giorno non fruito.
Ora nel caso peggiore si tratta di pagare 5 euro al mese, lontanamente meno di quanto costi preparare i pasti in casa a meno di non dargli da mangiare le buste di croccantini per i cani.
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A parte che quei sindaci dovrebbero vergognarsi per le loro assurde e crudeli decisioni, ritengo che esistano gli estremi per una duplice denuncia penale: una perchè non si garantisce il diritto allo studio nella scuola dell’obbligo ed un’altra perchè si costringono i bambini a serio rischio per la loro incolumità nel traffico cittadino mentre il trasporto gratuito dovrebbe essere garantito dall’amministrazione comunale.
Analogamente, per quanto riguarda la mensa, l’atteggiamento punitivo nei confronti di minori dove i bambini sono affidati dai genitori per tutto il periodo scolastico e PER TUTTE LE ATTIVITA’ all’autorità scolastica, comporta che se la mensa avviene nell’ambito dell’edificio scolastico la responsabilità di tutto ciò che vi accade, quindi mensa compresa, avviene in un luogo in cui il sindaco non può dettare ordini e meraviglia che nè gli insegnanti nè il dirigente scolastico non abbiano già presentato un esposto alla magistratura, alla procura della Repubblica del Tribunale dei minori di Brescia o, comunque dei competenza. Per quanto concerne, invece, l’abolizione del servizio di scuola bus, la denuncia deve essere presentata all’autorità di pubblica sicurezza che,a suo volta, dovrà garantire l’incolumità dei bambini lungo il percorso casa-scuola e viceversa.
Codesti ladri del futuro di codesti bambini meritano la forca!