Anna Lombroso per il Simplicissimus
Di solito i regimi al tramonto invece di animare e ispirare poeti e artisti, stimolano barzellette e spronano la satira. Il ripresentarsi seriale di tiranni e dittatori in Italia si può dire che sia stato caratterizzato dalla cifra del ridicolo, del grottesco, addirittura del patetico, pericolosissimo se stende il solito compassionevole velo pietoso su carneficine o sul commercio di carni giovani.
Ma forse viviamo un’epoca così miserabile, così amara o così povera che in giro circola poco umorismo graffiante, il pennello si intinge nello sterco più che nel vetriolo e gli eroi negativi sono così mediocri da spegnere la creatività più pungente e dissacrante.
A me personalmente Vauro non mi fa ridere, non mi fa riflettere, non mi fa indignare e per giunta non mi piace il suo tratto. Ma oggi grazie a lui ho potuto fare esercizio di sdegno e collera. Allora, come tutti hanno visto Vauro ha ritratto una La Fornero in reggicalze e guepière, insomma nei panni della squillo, che attende la telefonata – che non arriva – di Marchionne, donna in cerca di guai con quel telefono che non suona mai, direbbe la Mannoia.
E via tutti a prendersela con Vauro in una riprovazione ecumenica, che mette insieme tutti i boccaloni che gli hanno creduto e vorrebbero che mi convincesse ancora delle sue patacche; tutte le nostalgiche del puttaniere che hanno finalmente trovato un nuovo bersaglio per le loro invettive contro l’oltraggio alla figura femminile; tutti i beneducati che fingono di non vedere che ormai il regime ha cancellato ogni forma di civilizzazione lasciando il posto a inimicizia, violenza verbale e non, lesione continuativa di ogni forma di dignità e rispetto.
Si, lo ammetto la vignetta è bruttina, facile, ma utilissima se ha costretto a venire allo scoperto la grande cricca dell’ipocrisia, quella bipartisan, interclassista, interreligiosa, interpartitica. Talmente obnubilata dal pensiero forte da dimenticare che La Fornero più che nei panni della squillo dovrebbe rivestire quelli della maitresse, promotrice come è stata di una “riforma” la chiama lei, che prevede la riduzione in servitù, flessibile peraltro, persone, uomini e ancora più donne come succede in tempi ardui come questi. Così intrisi da stereotipi di genere da aver creduto alle sue lacrime da sottovalutare il suo ghigno quando ha offeso il lavoro, e con esso i diritti e le conquiste che nel passato hanno contribuito all’affrancamento di generazioni di donne.. e di uomini. Così imbevuti di perbenismo da far supporre che ci sia una graduatoria della dignità: quella dei potenti superiore a quella degli altri; quella di un manager indaffarato cui riservare più tolleranza se offende quella di un ministro del suo Paese; quella nostra annientata da un governo che ha cancellato con la democrazia alche l’autorità e l’autorevolezza delle istituzioni, prese in giro da una piazzista inetto, imbroglione e prepotente, che non ritiene nemmeno di dover dare conto dei suoi atti, riservandosi qualche confidenza a un giornale amico.
Le vignette, come i giullari, dovrebbero far ridere, oppure, nel migliore dei casi suscitare vergogna nei sudditi che subiscono l’onta di essere trattati da schiavi. Forse Vauro a sua insaputa ci è riuscito.
Cara Anna, seguo te e gli altri su questo blog ormai da tempo, il piu’ delle volte concordo con voi, raramente dissento, comunque mi date da riflettere e questo, in un deserto culturale e ideologico come quello attuale, è già davvero tantoe di questo vi ringranzio. L’altro giorno mi sono imbattuto in sito “insieme per il PD” ed ho trovato anche il tuo nome, spero si tratti di un’omonimia perchè altrimenti non comprendo: cio’ che scrivi parte da un’ottica di sinistra di classe, oserei dire comunista, e non ha nulla a che vedere con il PD che ormai ha sposato una logica liberista. La domanda è, ovviamente, è un’omonimia, vero?
Cordialdo, non ho un giornale preferito di questi tempi proprio perchè nessun giornale fa davvero il suo mestiere, informare, esplorare, far pensare. Tanto che questo Spazio vine occupato giustamente dalla satira. Se mi hai letto hai capito che pur non avendo grande ammirazione per il tratto e l’inclinazione al pernacchio puro di Vauro – gli preferisco Altan e pochi altri – in questo caso sono al suo fianco…
Mon dieu, devo parlare di satira e non so cosa mettermi, ma qualsiasi cosa abbia il colore dell’ipocrisia andrà benissimo in questo paese arretrato [l’ha detto anche Rosy Bindi perciò è vero] composto in maggioranza da gente ipocrita.
Un migliaio di persone in questo paese perdono il lavoro OGNI GIORNO [anche grazie alle scelte del governissimo che fa benissimo del quale fa parte anche Fornero], e i commentatori si indignano e fanno indignare i moralisti à la carte per una vignetta; poi ci stupiamo ancora se berlusconi è potuto rimanere dov’è stato per diciassette anni a tempo praticamente indeterminato.
La satira non è mai bella. NON DEVE essere bella.
E stupisce che nel terzo millennnio si aprano ancora dibattiti infiniti su cosa è opportuno e cosa no riguardo alla satira.
E stupisce che i politici di oggi, tecnici e non, siano molto peggiorati nelle loro reazioni rispetto a quelli della cosiddetta prima repubblica, Spadolini è stato massacrato, Andreotti non ne parliamo proprio, D’Alema, invece, da bravo politico di sinistra, anzi statista di sinistra, querelò Forattini per la storia del bianchetto. La classe, ça va sans dire, non è acqua.
Ipocriti perché la satira, come il giornalismo, non può essere “buona” quando prende di mira il nemico e cattiva quando invece se la prende con tutti.
Ipocrita perché, e questo ormai dovrebbero saperlo anche i bambini, la satira non deve essere bella, gentile, opportuna, educata altrimenti non è satira ma squallida comicità da Bagaglino.
Ipocrita perché la “ministra squillo” sarebbe un insulto sessista e, ad esempio, un topo che ha abitato per mesi nel culo di larussa non scandalizzava invece nessuno. Un topo nel culo dovrebbe essere molto più spiacevole e quindi più criticabile, così come lo era ridicolizzare Spadolini perché ce l’aveva piccolo, ma allora non mi pare che nessuno abbia mai aperto dibattiti sul sessismo.
Ipocrita e anche profondamente ignorante perché invece di alzare il ditino e arricciare il naso disgustati basterebbe andarsi a leggere un po’ di storia per comprendere dove e come è nata la satira e qual è stata la sua funzione nel corso della storia, si parla di millenni, da imparare ce n’è.
La satira è nata per essere linguaggio di popolo, per ridicolizzare il potere, TUTTO il potere, perché non esiste il potere buono e quello cattivo, esercitare potere nei confronti di un popolo è sempre limitare la libertà di quel popolo, ed ecco che la funzione della satira è quella di parlare al popolo, di raccontare col suo linguaggio cosa fanno e come i rappresentanti di quei poteri, i re cattivi, i dittatori, o semplicemente gli esecutori di progetti assassini.
La Fornero esige vergogna da chi la ridicolizza per mezzo della satira dopo che, grazie alla sua bella “riforma” su lavoro e pensioni migliaia di persone sono ridotte praticamente alla fame.
Il concetto da non perdere di vista è questo, non, invece, aprire il dibattito sulla vignetta di un satiro, sebbene irriverente [e deve esserlo!] come vauro.
Alla Fornero e a chi s’indigna per la satira piacerebbe che l’Italia diventasse come quei bei paesi dove per una vignetta di satira si scatena una guerra? dove chi osa prendere di mira dittatori e religione viene ammazzato, perseguitato, costretto all’esilio, gli vengono mozzate le mani? ce lo dicano, ci dicano quale deve essere il termine ultimo per un’innocente presa per il culo qual è una vignetta, una battuta.
Il satiro dei tempi antichi veniva chiamato alla corte dei re per farlo ridere, ma il satiro rideva di lui senza che questo se ne accorgesse, perché solitamente i re cattivi sono anche dei perfetti coglioni, e nel frattempo parlava al popolo, un popolo che in tempi molto remoti capiva, metteva da parte e si organizzava per difendersi dalle tirannie.
Oggi invece no, oggi il popolo se la prende col satiro, c’è gente che pur di difendere i re cattivi, dunque gl’indifendibili, manderebbe al patibolo il buffone e salverebbe quel re.
E’ l’evoluzione della specie.
Guarda, Anna, che Vauro è sempre efficace: ogni sua vignetta è più efficace di un articolo di fondo del tuo quotidiano preferito, qualunque sia.
In questo caso, se ha fatto inc….re la Fornero, che ha la pelle spessa come quella dell’elefante, vuol dire che è stato efficacissimo.
incredibile , la fornero si indigna per una vignetta , si dovrebbero indignare i lavoratori , per la sua bella riforma dell’art 18 , oppure i quasi pernsionati/esodati , lasciati in braghe di tela, e proprio vero , la vergogna NON alberga nei “nostri politici”
dico solo una cosa VER-GO-NA-TE-VI parassiti .
ahahahahahaha !
I media si interrogano sul seno al vento della reale di Inghilterra tentando invano di interessarne noi, il popolo, intenti a scegliere tra le crocchette e i surgelati del discount, tappa immediatamente precedente la mensa caritas. Dunque sì, la vignetta di Vauro può piacere o non piacere, ma lo svelamento se non necessario è sicuramente utile.