L’evento politco del mese di luglio è l’approvazione, avvenuta praticamente sottobanco, del fiscal compact, l’infernale meccanismo che per vent’anni dovrebbe togliere sovranità di spesa a qualsiasi governo e dunque azzerare la politica, relegandola dentro questioni marginali. Dico dovrebbe perché l’esborso di 50 miliardi ogni esercizio finanziario per ripianare la metà del debito pubblico, unito ad altre obbligazioni europee, al pareggio di bilancio in Costituzione, a interessi sui titoli di stato più che triplicati rispetto alla media 2002-2011 e alla caduta dell’economia reale, rischia di far saltare il banco e innescare logiche imprevedibili.
In questo quadro l’altro evento estivo, ossia il groviglio cubista tra le forze politiche del cosiddetto centro sinistra, il puzzle sbagliato che non si incastra mai, da una parte assume un grande e inquietante rilievo sul cammino che porta alla distruzione dello stato sociale, dall’altro può essere considerato come bagatellare, un semplice giochino all’interno della casta per sistemazioni di potere. Mi chiedo che senso abbia essere stati d’accordo con la cessione di ogni sovranità di bilancio a istituti non elettivi e di carattere essenzialmente bancario, per poi sollevare la questione dell’alleanza con l’Udc di Casini. Cosa cambia nel momento in cui ci si è incarcerati da soli dentro la prigione liberista, per di più gettando via la chiave? Un Pd che riuscisse a sottrarsi alla fascinazione casinista e si alleasse diciamo, per fare un esempio, con Sel cosa potrebbe fare di diverso in queste condizioni? E la stessa cosa si potrebbe dire per tutte le altre possibili combinazioni. Tutto questo è come guardare dal buco della serratura come un Minzolini qualsiasi, mentre la storia batte alla porta.
Ah già però ci sono anche i diritti civili, i problemi della giustizia, forse anche qualche limitato aggiustamento del prelievo reale e allora sì che contano le alleanze. La figuraccia del Pd sulla questione dei matrimoni gay, la sfacciataggine con cui i vlasti difendono gli oscuri segreti del passato e l’insopportabile ipocrisia con cui il nascondimento viene ammantato da ragioni costituzionali, l’ignominia con cui vengono trattate le questioni del lavoro, richiedono un’indiretta risposta politica attraverso le alleanze. Forse, ma siamo ancora chini dal buco della serratura, non ascoltiamo ancora i colpi che il convitato di pietra batte alla porta.
Si tratta di illusioni, di miraggi, di inesistenti oasi nel deserto. Nel momento in cui si sono difesi gli interessi di una classe dirigente oligarchica contro quelli dei popoli, uno dei must del pensiero liberista, non solo si hanno le manovre di impoverimento e le firme su trattati che ne garantiscono la continuità nel tempo, ma anche una giustizia iniqua e il ritorno a cosiddetti valori tradizionali che permettano il controllo sociale pur nella atomizzazione imposta dal mercato. E’ impossibile separare le ricette economiche liberiste da cui siamo investiti dalle posizioni conservatrici e reazionarie che ne sono la radice. I vari Fioroni, Casini, Letta, Rutelli, Bindi e chi ne ha più ne metta, sono lì a dimostralo e anche a dimostrare le ragioni del fallimento del Pd.
Del resto non è un fenomeno solo italiano: fin dai tempi di Reagan la destra si è appoggiata a posizioni integraliste e/o a sciovinismi di tipo francese-lepeniano variamente interpretati a seconda dei Paesi. Per l’Italia è l’adesione al Vaticano, alle idee familistiche e a un vago e vacuo concetto di Patria che ha ben poco a che fare con l’autoconsapevolezza di una comunità nazionale. Cosa questa che ha anche permesso con molta facilità la svendita di sovranità operata dai tecnici come anticipo e pegno sulla svendita dei beni. Pensare di appoggiare le ricette liberiste in economia per inseguire una qualche forma di progressismo nel campo dei diritti civili per non parlare dei diritti in generale è non aver capito nulla: questi infatti si accompagnano sempre al senso di quella cittadinanza che è per l’appunto l’esatto contrario di una allucinante visione dove la libertà economica riassume tutta la libertà.
La partita a questo punto punto sarebbe già conclusa se non fosse per un piccolo particolare: i teoremi liberisti non funzionano. Sono di straordinaria efficacia fin quando esistono mercati resi ricchi proprio da decenni di crescita garantiti dallo stato sociale e dall’aspirazione all’uguaglianza e manodopera a basso costo nei Paesi di sottosviluppo: come nella termodinamica la macchina funziona finché ci sono temperature molto differenti tra questi due punti, ma a poco a poco la gallina dalle uova d’oro diventa sterile a forza di impoverimenti e sottrazione di diritti. E tutto s’inceppa. Gli esiti possono essere tra i più diversi e tra i più pericolosi, richiedono decisioni forti, lungimiranza e sufficiente lucidità per liberarsi dei feticci e dei miti, ma una cosa è certa: questa fase non può essere affrontata da una classe politica che ha perso la propria funzione per diventare a tutto tondo parte della nuova oligarchia e vi si è totalmente data e compromessa.
Occorrono nuovi soggetti politici “veri”, non rimasugli o spezzoni e nemmeno improvvisazioni anche quando di buona volontà. E’ l’ora di farsi avanti e di cambiare strada prima che il dramma in arrivo ci paralizzi.
Gli italioti faranno la rivoluzione il giorno in cui il governo sospenderà o toccherà in qualche modo il calcio.
Attenzione, se saranno i calciatori ivece a scioperare per le troppe ore di lavoro o per il loro basso stipendio, allora il popolino sarà compassionevole e generoso con loro, probabilmente inviando un sms su un numero appositamente creato. E da qui si potrebbe andare avanti all’infinito..mi chiedo perchè il paese più bello del mondo debba al contempo essere il più marcio.
Mi e’ piaciuto tutto, ma in particolare il richiamo alla termodinamica. Se si guarda bene i metodi della termodinamica classica possono essere estesi all’economia per l’evidente parallelismo fenomenologico. Siccome i politici e gli economisti non studiano la termodinamica non riescono a capire, neppure se evidenti, i loro sistematici errori che qualsiasi persona capace di fare i conti della serva sarebbe in grado do fare. Così fanno operazioni cervellotiche connesse con le loro tendenze psicotiche derivanti dal fatto che non conoscono il mestiere,hanno, anche se ben nascosti, dubbi su come si deve lavorare, quindi si rifugiano nelle prassi correnti anche se irrazionali. Perché non ci fanno eleggere, in luogo di questi politici, dei ricoverati in cliniche psichiatriche? In fondo i danni ci sarebbero comunque, ma almeno avremmo una maggiore varietà di comportamenti devianti dei rappresentanti governativi.
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l’unica strada possibile é la rivoluzione..anche se l’italiano non ce lo vedo a fare la rivoluzione..