“The euro: It can’t happen. It’s a bad idea. It won’t last: US economists on the EMU, 1989 – 2002”. Questo è il titolo di un paper pubblicato nel 2009 dalla Direzione generale della Commissione europea per gli affari e la finanza, diffuso però non per ciò che vi era scritto, ma per dimostrare l’esistenza di una contrarietà Usa nei confronti della moneta unica. La cosa, a pensarci bene, è abbastanza strana, non solo perché vi venivano riportate e ridotte a pregiudiziale contrarietà le opinioni negative di alcuni fra gli economisti più famosi al mondo, ma perché quegli economisti erano gli stessi a cui si era ispirata  tutta la costruzione liberista dell’Europa, compreso il trattato di Maastricht.

Adesso però stanno venendo fuori tutti i problemi posti da meccanismi mal studiati e regole assurde: il sistema europeo sta accumulando sempre più debiti della periferia verso il centro per l’impossibilità della Bce di intervenire senza limiti nell’acquisto di titoli sovrani. Con in più un sistema bancario che lucra enormi cifre nella differenza tra i prestiti della banca centrale a interesse minimo e gli alti interessi invece dei titoli di stato dei loro Paesi di appartenenza che appunto vengono assorbiti con i prestiti di Francoforte. Una situazione  impropria che sta per esplodere e che si riflette negli spread sempre più alti con brevi remissioni e nuovi rialzi, ma con medie tendenziali sempre più alte e insopportabili.

Tutto questo è destinato a saltare per la sua insostenibilità, non c’è alcun bisogno di essere un premio nobel per comprenderlo ed era peraltro scritto su bianco in quel paper pubblicato tre anni fa, ma  contenente cose scritte molto prima. E’  fin troppo chiaro che o si rivedono i trattati per dare una nuova funzione alla Bce, quella di una vera banca centrale o sarà gioco forza rinunciare alla moneta unica, pena il default di mezzo continente. Tutto questo era già sul tavolo  da un anno o anche prima,  ma si ha l’impressione che si sia cercato di prendere tempo con progetti e istituti tampone per scassare, con il pretesto dell’emergenza, istituzioni, sistema dei diritti e welfare, prima di affrontare davvero la situazione. Una prova indiretta di questo movente è la straordinaria carenza di informazioni significative fornite dai media che  ormai si accompagna al vero e proprio depistaggio: il culmine raggiunto su rai news  dal corserista Fubini, l’altro giorno, merita di essere tramandato ai posteri come esempio di sublime intreccio tra incompetenza e menzogna.  Ma non ci fermiamo a queste miserie: il fatto è che i padroni dei grandi gruppi editoriali hanno tutta la convenienza economica e/o politica in questa operazione di scasso prima della caduta.

Per l’Italia uno dei momenti cruciali sarà l’autunno, durante il quale non solo ci sarà di nuovo in campo l’esplosivo problema greco , ma scadranno pure circa 200 miliardi di btp con la quasi impossibilità di rinnovarli a interessi possibili, visto che persino l’Azerbijan ha fatto sapere di non voler più saperne dei nostri titoli. Ed è singolare – torno a ripeterlo nella stessa giornata, mi scuso per la noia – che la recente improvvisa conversione alle elezioni anticipate di partiti sdraiati, anzi spalmati su Monti e i suoi sponsor come formaggini, non derivi proprio dal  fallimento, inaspettato nella sua clamorosa evidenza, delle cure e dal restringersi dei tempi  per decisioni non più rinviabili: meglio anticipare le elezioni prima del redde rationem e  assicurarsi il posto per altri anni in vista dello tsunami.