La maggior parte delle persone che non lavora in fabbrica, non si rende conto dell’impatto che avrà sulle loro vite e su quelle dei propri figli l’abolizione dell’articolo 18. Abituate da vent’anni di berlusconismo a pensare in termini individuali, per interessi separati, cosa del resto facilitata dalle stratificazioni della mentalità nazionale, non si rende conto che i diritti e le tutele tolte a qualcuno, finiscono per ricadere sulle spalle di tutti, soprattutto di quelli che si sentono così estranei ai provvedimenti da essere colti di sorpresa.
La società è un domino complesso dove il “non mi riguarda” è solo un’illusione, peraltro coltivata ad arte da chi ha invece tutto l’interesse che riguardi tutti. E anche in questo caso si blandiscono quelli che pensano di esserne fuori o addirittura di trarne un vantaggio, per non dire del tentativo di seduzione para pedofila nei confronti di quei candidi ingenui a cui viene insinuata l’idea che l’eliminazione dell’articolo 18 ci salverà dalla Cina. Idea stravagante e persino grottesca nel momento in cui il premier va a Pechino a piatire qualche briciola, insieme ai compagnucci di merende liberiste come Van Rompuy e Barroso.
Il fatto è che l’altare sacrificale sul quale viene immolato un simbolo delle tutele e della dignità del lavoro di cui direttamente o indirettamente beneficiano tutti, non è soltanto un colpo alla democrazia permettendo di fatto il licenziamento per il reato di opinione, non è soltanto un colpo di mano dell’oligarchia italiana permesso da un vegliardo da sempre incline all’inciucio e al tradimento*, ma è l’atto finale della deindustrializzazione italiana. Un gradito regalo a ciò che resta di un imprenditoria che ha pensato di poter stare sul mercato esclusivamente con la compressione dei salari e dei diritti, rinunciando completamente allo sviluppo del prodotto e investendo non in quello e nell’innovazione, ma in prodotti finanziari. Assecondata in questo da una seconda repubblica, svagata, marcia, affarista e matrigna per la scuola, il welfare, l’efficienza, il rigore, il merito.
Ci voleva una svolta profonda e invece è venuta una conferma al “modello Marchionne” il cui straordinario successo è sotto gli occhi di tutti: la debacle delle vendite e l’uscita di fatto dal Paese. La soppressione dell’articolo 18 significa proprio questo: continuate su questa strada, rendetela più larga e anzi liberatevi di chi vi dà fastidio. Pochi riescono a conciliare in uno stesso provvedimento l’abiezione sociale e lo scacco economico: solo alcuni rari geni della stupidità.
Quanto ci vorrà perché tutto questo si riverberi su quelli a cui non riguarda? Pochi mesi. E pochi anni per non avere più una grande azienda italiana in questo Paese, salvo quelle che servono per pascere la manodopera delle caste. Il nome di questo esecutivo andrà scolpito nella roccia, perché invece di aprire un capitolo nuovo, ha voluto portare quello vecchio e orribile del berlusconismo fino alle sue ultime e disastrose conclusioni.
Forse sarebbe il caso di citare Steinbeck, e il suo affresco sulla depressione americana, ma non vale la pena per certi personaggi. Meglio quella battuta di Woody Allen: “gli americani non gettano mai via i loro rifiuti. Li trasformano in show televisivi”. Gli italiani in governi e in classe politica.
*Confrontare ” Re Giorgio” di Fabrizio d’Esposito
leggete :
http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-modello-tedesco-non-centra/
La rovina del mondo del lavoro sono stati i tipi come Marchionne, la Marcegaglia, Maroni, i collusi Bonanni e Angeletti, d’Alema e Veltroni ansiosi di provare fedeltà ai nuovi padroni delle ferriere.
Cacciamocelo in testa una buona volta: abbiamo fatto la stessa fine della Polonia di vent’anni fa.
Loro, quando si trovarono con le pezze al sedere dopo che il loro nuovo governo “democratico” e “liberale” svendette tutto a prezzi da ferrovecchio agli americani, abrogò ogni tutela e stato sociale, realizzarono di essere stati truffati. Ricordo ancora un operaio degli ex-cantieri navali dire tristemente “ci avevano promesso l’automobile per tutti, adesso non abbiamo più nemmeno una casa”.
Noi abbiamo ceduto l’Alitalia pagandola noi, “per salvaguardarne l’italianità”.
Abbiamo venduto le autostrade per un boccone di pane, quello che incassano in soli tre mesi di pedaggio, in cambio di promesse di investimenti mai visti. E quando ci sono stati, i soldi ce li ha messi lo Stato.
Abbiamo venduto le ferrovie per due soldi, perchè “la privatizzazione aumenterà la qualità e ridurrà i costi”. Chiunque sia salito sui carri bestiame stracarichi o sugli intercity luridi con i cessi ingorgati per mesi interi può testimoniare lo strepitoso successo del programma.
E continuiamo imperterriti come i mosconi che sbattono la testa su una finestra chiusa a votare quegli stessi criminali che ci hanno messo in mutande con promesse imbecilli. Perchè? Perchè siamo noi stessi degli imbecilli, signori.
ìQUANDO CI SARA’ UN CAMBIO GENERAZIONALE SPERO CAPISCANO CHE CON UNA MIGLIORE DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA E MAG
GIOR CONTROLLO DELLE RISORSE POTRANNO LAVORARE MENO
E ANDARE IN PENSIONE PRIMA DEI 70 ANNI.
leggete :
http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/03/23/a-chi-straparla-di-modello-tedesco/
Essere drastici non serve e nessuno, ed aizzando il mondo lavorativo si aiutano solamente i sindacati ottusi e papponi che continuano ad accantonare proprieta’ con i soldi sottratti ai lavoratori.
E’ evidente che non si puo’ piu’ andare avanti in questo modo, ma non si risolve nulla scioperando, si affossa sempre piu’ l’economia Italiana.
Chiaro e,’ che una grande scossa era necessaria nel tentativo di sviluppare il mondo lavorativo, introdurre i giovani al lavoro, eliminare i previlegi di tanti che sfruttano i contratti che i sindacati hanno firmato con gli inconcludenti accordi del passato, unicamente per il loro tornaconto e non per gli interessi dei lavoratori.
I sindacati sono stati e sono la rovina del mondo del lavoro, le colpe sono da addossare unicamente a questi papponi che non sanno cosa vuol dire lavorare. Dichiarino apertamente a quali condizioni e regole lavorano i loro dipendenti, sottopagati e sottoposti a licenziamenti a piacimento, escludendo loro per primi le regole contrattuali. Sono lontani i tempi della schiavitu’, il mondo lavorativo si e’ evoluto a dismisura ed oggi e’ impossibile porre un freno, urge aprire gli occhi e non fidarsi piu’ di nessuno, politici e sindacati che siano.
E’ necessario lavorare meno ma lavorare tutti per portare a casa la pagnottella. I tempi sono questi purtroppo ed e’ necessario stringere la cinghia e modificare la vita individuale per sopravvivere.
Ormai siamo alla frutta!!! Ci avviciniamo sempre più alla rivoluzione!!
Se entro pochissimo tempo non cambierà la situazione sul lavoro
(cosa molto improbabile) ed un altro 5% di disoccupati si aggiungerà
agli attuali, prepariamoci a tempi molto bui !!!
Grecia e Portogallo, stiamo arrivando !!!!
Quoto al 100%. Se posso trovare un difetto è il taglio un po’ troppo filosofico-socio-antropologico dell’articolo. In soldoni non è che la maggior parte delle future vittime, a breve, della enorme cazzata dell’abolizione dell’articolo 18, leggendo l’articolo capirebbero subito bene cosa le aspetta. Lo riassumo io.
Se mai entrerà in vigore (si spera in tempi biblici e in una caduta del governo di fronte al futuro certo default del paese a breve), un minuto dopo la sua approvazione il 90% delle aziende italiane licenzierà gradatamente i suoi dipendenti con più di 50 anni di età (con altri 17 anni prima della pensione grazie a Monti e Fornero), e assumerà a frotte giovani apprendisti sotto i ventinove anni da sottopagare e sfruttare per 2 anni e 11 mesi, per poi licenziarli e riprendere il giro, con enormi risparmi rispetto ai costi dei loro predecessori ultracinquantenni, che si troveranno a spasso e in mezzo a una strada con solo 18 mesi di assistenza pubblica. Geniale vero?
E quel 10% di imprenditori che onestamente non ne approfitterà, fallirà in breve nel proseguio andando fuori mercato, rispetto agli altri che con questa trovata hanno dimezzato i loro costi. Sempre più geniale no?
Il tutto nel segno di Marchionne: o così o pomì (gliano). E in culo alla legge, e al buon senso (ma che mi frega di vendere auto?)
Saluti a tutti
Enrico l’analista – anal. finanz. indip. – opinionista economico per la SBS TV di Sidney
Questo è un articolo che espone davvero la realtà della situazione in tutta la sua drammatica verità.. Siamo tutti coinvolti in questa sistematica, silente guerra alla democrazia e ai suoi valori. Non è più possibile voltarsi da un altra parte.. perchè siamo tutti destinatari di un tentativo marcio e spietato di privazione della nostra libertà..
L `Italia non e` un paese sovrano e` un paese occupato.E` una colonia Qualsiasi governo , qualsiasi cosa accada deve essere approvato”altrove” .
La stessa costituzione fu scritta con penna straniera.
Senza le chiavi di lettura corrette ci si avvitera` sempre in discorsi assurdi perche` si parte da presupposti errati.
Il cambiamento avverra `solo quando il padrone sara caduto` in disgrazia, solo allora i servi potrebbero segarsi le catene….ammesso che ne siano capaci
I DIRITTI ACQUISITI DEGLI ITALIANI SONO SPARITI ,UN DIRITTO E DOVERE E’ QUELLO DI VOTARE E DI MANDARE A CASA QUESTA GENTE SENZA SCRUPOLI,FEDELE SOLO AI PRINCIPI DETTATI DAL POTERE FINANZIARIO.
il PD se non si impegna a far sciogliere le camere di questo parlamento nominato con LEGGE ELETTORALE PORKATA, ed a mandare a casa questa nauseabonda classe poltitikante e teknokrate prima dell’ennesima “porcata” (s)governativa dell’abrogazione dell’art. 18 … può tranquillamente considerare la sua totale disfatta alle prossime elezioni …
questo significa anche che le nuove generazioni dovranno lottare per ottenere un articolo 18 bis .io ci credo