Anna Lombroso per il Simplicissimus

Si dice che la bontà è disarmante e invece io come molti sono adirata  e temo che dobbiamo attrezzare un vero e proprio arsenale per ricostruire questo Paese, riedificare la qua impalcatura di diritti, ridare forza e autorevolezza alle istituzioni, recuperare dignità e rinsaldare i vincoli della solidarietà

Una volta c’era uno slogan: tempi duri per i troppo teneri, mi pare dicesse. Ma a volte, magari inconsapevolmente, le bontà iperglicemiche sono anche venate da una certa furbizia. Il buonismo non l’ha inventato Veltroni, esiste proprio un filone di pensiero, letterario e giornalistico che fa dei buoni sentimenti un contenuto retorico di sicuro effetto e di audience garantita. Lo sanno bene i cattivi che da sempre ci ispirano a delegare  riabilitazione morale e resistenza passiva, encomiabile ma poco incisiva, a quei piccoli eroi domestici e obsoleti  che una volta si sarebbero definiti persone “per bene”, galantuomini, persone probe e oneste che si comportano, loro, secondo regole e leggi.

E c’è una “faziosità” dei buoni sentimenti,   testimoniata e rappresentata al meglio, passatemi il jeu des mots, proprio da Fazio e dalla sua trasmissione, non solo per la scelta degli ospiti, in decisa ed educata controtendenza con la strillata ferocia   televisiva, ma soprattutto per quel suo ecumenismo, quella esplicita e candida inclinazione  a trovare tutto quello che viene proposto bello, gradevole, accettabile, educativo, edificante, dimostrativo, virtuoso fino alla melensaggine.

Sono convinta dell’utilità di manifestare come con un ostensorio mediastino le virtù del paese, compresa quella mitezza che sembriamo aver dimenticato. E concordo con  tutti quelli a cominciare da Cattaneo che ritengono che sia proprio una dannazione italiana, quella di parlar male della nazione che ci ha dato i natali.

Ma sono altrettanto sicura che ad affrancarci non bastino la consolazione e l’incoraggiamento  dei buoni esempi, perché il riscatto si sa deve sgorgare dalla riappropriazione della dignità e della  responsabilità personali.

E non deve bastarci il sentirsi benevolmente redenti dall’espiazione, dal sacrificio, dal coraggio di qualcun altro perfettamente ritratto in quelle favolette con la morale somministrate nello spirito dello “Specchio dei tempi”, rivisitazione contemporanea della irreprensibile probità deamicisiana, rispolverate in quel  corner molto torinese, ispirato alla sobrietà e al perbenismo caritatevole e didascalico.

E il quotidiano di riferimento non poteva che essere la Stampa, rappresentata da Gramellini che si muove astutamente nei territori del buonismo fulminante, attingendo a larghe mani dalla rete che si sa offre generosamente spunti e provocazioni. E ieri sera dal suo direttore cui è stato dedicato un poderoso soffietto di promozione della sua prossima galleria di ritratti di eroi domestici.

Superdotato anche lui di una opportuna nonna di riferimento, maestra di valori domestici sapiente ed equipaggiata di una cassetta degli attrezzi di saggezza popolare: proverbi, aneddoti e lezioni di vita esemplari ed istruttive.

Ce ne sono stati di illustri precedenti  costretti poi da una censura più severa a  disfarsi  del loro inventario  di figurine del perbenismo nazional popolare. Sarò maligna ma  sospetto che con questi epigoni del “cuore”, tra De Amicis e Serra,  la censura sia più indulgente, bonaria e tollerante. Perché fanno comodo le nonnine del Talmone, i poveri e semplici, i retti, probi e un po’ rinunciatari. Purchè restino appartati, una minoranza silenziosa, discreta e compensativa di una maggioranza arrogante e prepotente, avida ed egoista.

E allora c’è da augurarsi che sia venuto il tempo di dimostrare con atti e con forza che non c’è bisogno di piccoli eroi nascosti perché è uscita allo scoperto  tanta gente allegra, incollerita, determinata  a riprendersi una vita bella e un futuro il più possibile somigliante alla felicità.