Cosa si potrà scrivere dopo Berlusconi? Quali poesie o romanzi o storie, quale immaginazione sarà rimasta dopo il dramma in forma di farsa, quale sensibilità dopo l’anestesia del gusto, quali ideazioni politiche e sociali dopo la cattività berlusconiana?
La sciocca, grottesca, polemica contro Umberto Eco, accusato dai i pied noir di Silvio di aver paragonato Berlusconi a Hitler, quando lo scrittore aveva detto l’esatto contrario, mi ha fatto tornare in mente una frase di Adorno nei Minima moralia: “Scrivere una poesia dopo Auschwitz è barbaro”. Certo era un’esagerazione, ma anche un criterio perché dopo quell’evento, quel luogo, quella condensazione dell’orrore, non era possibile non tenerne conto, non sentire la ferita e ricondurla nella propria vita. Günter Grass riteneva quella frase così estrema la chiave di lettura del libro, di uno dei libri del ‘900.
E non è un caso la citazione perché essa si basa su un ritrovarsi della civiltà dopo il totale smarrimento: mentre Adorno la scriveva nel suo forzato esilio a New York, costretto dalla sua “qualità” di ebreo, Günter Grass militava come volontario nella SS. PanzerDivision Frundsberg.
Naturalmente l’Italia di oggi non ha nulla a che fare con i campi di sterminio, non voglio fare paragoni impropri. Così come il Cavaliere non c’entra nulla col nazismo, non fosse altro perché alle fedi feroci, al male organizzato ancorché banale, si contrappone quell’inconsapevolezza dello stesso nel quale siamo immersi: oggi la disumanità si chiama buon senso. Lo stesso che ci ha consentito di chiudere entrambi gli occhi e le orecchie sui metodi da torturatore e assassino con cui Gheddafi ci garantiva dagli sbarchi. Lo stesso che oggi ci spinge a una missione umanitaria pelosa e che forse è anche uno dei modi per dare direttamente una mano al tirannello libico.
E tuttavia la domanda rimane: cosa si scriverà dopo questi lunghi anni di veleni e di distruzione, dopo il sonno della memoria, l’ablazione della sensibilità, dopo anni di dormiveglia? E cosa verrà dopo la satira, antidoto contro il dolore, ma divenuta ormai anche esercizio stucchevole e consolatorio, vista la sua impotenza a risvegliare il sonno della ragione?
Non so davvero se si potrà scrivere una poesia d’amore che prescinda dal degrado a cui siamo costretti, dalle atellane rappresentate in Parlamento, dalla desolante mancanza di idee e di cuore e di coraggio che sperimentiamo. Dal furto di diritti e di speranze, dall’avidità inculcata, dal sesso grossolano. Dalla deformazione del gusto e del giudizio. Dall’atonia di chi in linea teorica avrebbe dovuto opporsi con le idee, le sue elaborazioni a tutto questo mentre si è limitata al mugugno. E cosa si potrà scrivere dopo i cahier des doleances quasi masochistici che sono la forma letteraria più in voga in questi anni o i noir nei quali ci si rifugia alla ricerca di una qualche oasi o i pamphlet indignati e scontati? Di questa letteratura al tempo della peste?
Non so cosa potrà venire dopo la protesta, dopo la resistenza contro il nulla berlusconiano, ma anche dal nulla berlusconiano. Forse mancherà la voce, forse ci si sentirà prosciugati e storditi. O pieni di dubbi, come accade sempre quando si apre un orizzonte. Chissà magari si potrà essere orgogliosi più dell’opera collettiva che di quella personale ammucchiata in milioni di pagine col nome a fronte.
Una cosa però è certa sarà barbaro scrivere una poesia senza la consapevolezza del dramma e del degrado di questi anni. Anche una poesia d’amore.
Mai più poesia?
Sempre più poesia!
Eccolo addirittura espresso in poesia il senso del nostro buio odierno.
E la cosa più curiosa – o paradossale? – è che si tratta di una canzone pop (seppure cantautoriale), ma che ripetendo ben 22 volte il sostantivo “amore”, lo descrive poi nel modo forse meno consueto per il contesto nazional-popolare che l’ha accolta decretandola “incredibilmente” – altro paradosso? – vincitrice a Sanremo.
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—————– Chiamami ancora amore … ———–
… e per la barca che è volata in cielo / che i bimbi ancora stavano a giocare,
che gli avrei regalato il mare intero / pur di vedermeli arrivare,
… per il poeta che non può cantare, / … per l’operaio che ha perso il suo lavoro
… per chi ha vent’anni e se ne sta a morire / in un deserto come in un porcile.
… e per tutti i ragazzi e le ragazze / che difendono un libro, un libro vero,
così belli a gridare nelle piazze / perché stanno uccidendoci il pensiero,
… per il bastardo che sta sempre al sole, / … per il vigliacco che nasconde il cuore,
… per la nostra memoria gettata al vento / da questi signori del dolore.
chiamami ancora amore, / chiamami sempre amore
che questa maledetta notte / dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui / di musica e parole.
Chiamami ancora amore, / chiamami sempre amore
in questo disperato sogno / tra il silenzio e il tuono,
difendi questa umanità / anche restasse un solo uomo,
chiamami ancora amore, / chiamami ancora amore, / chiamami sempre amore.
… perché le idee sono come farfalle / che non puoi togliergli le ali,
… perché le idee sono come le stelle / che non le spengono i temporali,
… perché le idee sono voci di madre / che credevamo di avere perso
e sono come il sorriso di dio / in questo sputo di universo.
Chiamami ancora amore, / chiamami sempre amore,
che questa maledetta notte / dovrà ben finire
perché la riempiremo noi da qui / di musica e parole.
Chiamami ancora amore, / chiamami sempre amore
continua a scrivere la vita/tra il silenzio e il tuono,
difendi questa umanità / che è così vera in ogni uomo.
chiamami ancora amore, / chiamami ancora amore, / chiamami sempre amore.
Chiamami ancora amore, / chiamami sempre amore
che questa maledetta notte / dovrà pur finire,
perché la riempiremo noi da qui / di musica e parole.
Chiamami ancora amore, / chiamami sempre amore.
In questo disperato sogno / tra il silenzio e il tuono,
difendi questa umanità / anche restasse un solo uomo.
Chiamami ancora amore / chiamami ancora amore / chiamami sempre amore / perché noi siamo amore.
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Mondo e umanità sono contesti tanto grandiosi quanto pieni di contraddizioni, in definitiva.
La poesia probabilmente sembra tanto più autentica quanto più esalta queste contraddizioni.
E forse là dove c’è più infelicità la poesia deve sgorgare più fresca e dissetante proprio per lenire il dolore e il lamento, il rimpianto o il desiderio, il ricordo e l’evocazione … insomma tutti i sentimenti necessari per “salvarci” dalla sua assenza.
La poesia allora – almeno a partire dall’affermarsi prima illuministico e poi romantico dei modelli culturali della borghesia moderna – è più frequentemente la consolazione nell’assenza … variandone costantemente l’oggetto ma non la motivazione – anche estremamente soggettiva – dell’oggetto, la “felicità” appunto.
L’uomo “infelice” che vive comunque appieno la sua esistenza è potenzialmente un poeta, bisognerebbe solo dargli carta e vocabolario adatti ad una scrittura che accomuni per la sua elevatezza …
E ottimismo e pessimismo sono due facce della stessa realtà: l’una per ostinatamente credere, l’altra per mantenere una razionalità sempre lucida davanti al male, di cui l’Uomo, come realtà terrena, è intrinsecamente portatore.
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Complimenti per l’indirizzo politico-culturale del sito, nei cui contenuti mi riconosco abbastanza pienamente.
era tocqueville a dire che la libertà è un ideale intermittente mentre l’ugiaglianza è una necessità che si ripresenta continuamente come la fame. invece tutto dimostra che fame o no la libertà è un bisogno primario. e è anche un movente creativo. A meno che non riescano davvero a spegnere ogni fiamma in noi. Leggendoti si ha la conferma che finora, malgrado tutto, non ci sono riusciti
….”cosa potrà venire dalla protesta”….
Il dramma è proprio questo:ci sarà mai una protesta in Italia di dimensioni tali da liberarci da una setta di fanatici? Credo che Umberto Eco, da bravo semiologo qual è, da intellettuale cosciente della situazione, abbia fatto il paragone con Hitler per simboleggiare l’apparato di uomini che ruotavano intorno al dittatore. Uomini senza scrupoli, come sono quelli che ci stanno governando. Negano tutto.Negano numeri sondaggi, negano il malessere di un paese che soffoca il proprio malumore e non riesce a esprimerlo. E mentre il mondo cammina, si evolve, cambia, una lezione di cosa sia la libertà ci viene da quel mediterraneo, dove i fuochi brillano nella notte e si alimentano, facendo si che le fiamme si propaghino e accendano altri fuochi.In Occidente si studiano strategie, si portano avanti analisi sociologiche. In Libia si combatte con le mani o con una fionda pur di affermare un principio nato con l’uomo.la Libertà. Ci sarà molto da scrivere dopo il Berlusconismo. Ma ne vedremo la fine. Saremo capaci di determinarci come soggetti che operano come società e difendono il valore della Democrazia? I dubbi rimangono.