Anna Lombroso per Il Simplicissimus
A volte succede di rimpiangere la cara vecchia barbarie di una volta nella quale catartiche congiure di palazzo si svolgevano dietro pesanti cortine di velluto e si abbatteva un despota versandogli opportunamente il veleno dentro nappi d’oro durante banchetti nei quali si sbranavano capretti e fanciulle ingenue e renitenti.
Tutta questa esplicità contemporanea questa moderna perentorietà toglie pathos e rende difficile la vita dei congiurati e non parliamo di quella del popolo, mentre appaga i peggiori istinti di servi e giullari abilitati a compiere i loro rituali corrotti illuminati e esposti senza vergogna alle luci di scena e delle telecamere. Il cui orrendo potere ha la facoltà di mischiare le carte con improbabili agiografi della bonarietà filantropica del tiranno, un improbabile esercito della salvezza impegnato a farci dimenticare che dobbiamo morire e a ricordarci la bellezza dei consumi effimeri soprattutto di corpi, pie dame dedite alla tutela delle peccatrici impenitenti, sopralluoghi in agenzie immobiliari d’oltralpe e in empori della più squallida mobilia. E simultaneamente vede in pieno esercizio instancabili chiosatori delle uscite dei wikileacks nostrani che ci rivelano il risaputo di puttane per niente tristi, coca poco light, palamenti e travestimenti, quanto invece sembravano incuranti di accuse di collusioni mafiose, corruzione, espliciti attentati alla costituzione alla legalità.
Si se non l’avete ancora fatto se non l’abbiamo ancora fatto è venuto il momento di spegnere i televisori in una benefico sciopero contro l’assalto alla ragione condotto dai fabbricati di menzogna e di produttori di malefiche visioni che portano all’assuefazione alla paura e all’anomalia. Che si sa usano sempre il solito collaudato sistema di impiego delle tre tecniche vincenti: la ripetizione ossessiva, il far apparire regolare l’irregolare e la cara vecchia disinformazione. Che in questo caso prende le fattezze di un sovraccarico di indiscriminata comunicazione, di brutale offerta di dati che non sanno essere né conoscenza, né sapere, né tantomeno informazione.
Ero già convinta dal primato della rete, ora ne sono entusiasta e voglio solo la diffusione e il contagio del collegamento benefico del mezzo televisivo con internet aprendo la programmazione alla spontanea e decisiva irruzione del talento, della creatività e della controinformazione dell’antagonismo. È vero la rete ospita celibi mugugni, sterili performances da clasa discutidora, nevrotiche esternazioni e frustrazioni di esclusi o reclusi delle vite parallele. Ma agita, fa circolare, movimenta a differenza di quello che succede in quei teatri mediatici dove il conflitto diventa scontro e tutto così diventa una guerra artificiale dove perdiamo tutti.