Anna Lombroso per il Simplicissimus

Massimo Fini sul Fatto a margine di un convegno dal titolo La Shoah e la sua negazione, e dell’ipotesi di rendere il negazionismo un reato, ammonisce “Ancora un passo e si arriverebbe al reato di “puro pensiero” ipotizzato da Orwell nel suo 1984” . E continua: “non capisco come chi sostenga questa proposta non si renda conto che quella è una norma liberticida, totalitaria, in tutto e per tutto degna proprio di quello Stato fascista che emanò le ripugnanti leggi razziali. In una democrazia, se vuole esser tale, tutte le opinioni, anche quelle che paiono più aberranti al senso comune, devono avere diritto di cittadinanza”.
Sono convinta anche io che questo è il prezzo che la democrazia doverosamente paga a se stessa. E le ho tenute tante volte anche io certe sussiegose lezioncine volteriane sul diritto di espressione, sul morire per difendere idee che non si condividono.
E inoltre per via di una consolidata convinzione libertaria preferisco la condanna della ragione, del pensiero e della consuetudine alla libertà, a quella dei tribunali.
Ma forse perchè conduco una battaglia – spesso perduta – con la faziosità, non posso esimermi dal sospettare che dietro questi moniti e a queste esortazioni a una dissipata e sgangherata libertà di espressione, si nasconda una compromissoria e condannabile inclinazione all’omologazione. A una confusa pasticciata marmellata che di questi tempi inevitabilmente favorisce un appiattimento su una “cultura di governo” , quella che predica pacificazione, concede licenze morali purchè a senso unico e che fa un cinico “uso politico” della storia per piegarla a strumentalizzazioni infami. E che contribuisce così ad accreditare e rafforzare presso l’opinione pubblica convinzioni distorte: quelle di una modernità che si declina nella “necessità” etica di riconciliazione con i fascismi, e quindi perdita di senso dell’antifascismo anche come revisione del senso della Resistenza, svuotamento dei contenuti costituzionali, virtù delle monocrazie, antipolitica, perdita del senso della repubblica, erosione della memoria come veicolo per ridurre il senso dell’identità e dell’unità nazionale.
Insomma tutta questa voluttà di elegante equilibrio, tutta questa nobile aerea e aristocratica tolleranza – sarò maliziosa – mi sembra che alla fine siano molto schierate, che precipitino irresistibilmente verso l’essere molto “di parte”. Ma dalla parte sbagliata.