La cosa peggiore non è la sconfitta o la non vittoria. La cosa peggiore è che non si faccia alcuno sforzo per capirne i motivi, anzi la si prende a pretesto per un ennesimo squallido gioco di nomenclature. Si sguazza nella fanghiglia di potere.
Ora Franceschini dice che “bisogna tornare allo spirito originario del Pd” quello stesso che ha subito altre mazzate elettorali, ma che in primo luogo è un oggetto misterioso, mai definito. Anzi no, a ben vedere lo spirito originario era un confuso e contraddittorio spray di idee già un po’ vecchiotte.
Se la tesi di Bersani fa acqua, anche quella della minoranza non è migliore: qui non è questione di fare la conta delle regioni vinte e perse: con una manciata di voti in più si sarebbero conquistati Lazio e Piemonte e adesso staremmo festeggiando una grande vittoria. Ma sarebbe lo stesso un’illusione. Il problema è capire come mai siano venuti meno il gusto della democrazia, il senso della comunità e la capacità di interpretare i propri interessi in modo collettivo. In pratica come mai una così larga fascia del Paese aderisce empaticamente alla politica del niente e della rapina.
Certo la televisione “che non conta” , l’informazione che non c’è, ma anche l’inesistenza di una proposta innovativa di fronte alla quale queste baruffe chiozzotte tra gruppi di potere sono una risposta ridicola e penosa. Una risposta che continua ad abbeverarsi nel pozzo avvelenato della sconfitta ed è essa stessa uno dei motivi della medesima.
Non ce ne frega nulla degli equilibri interni di un Pd che non si sa bene cosa sia, cosa voglia, cosa pensi. Di un Pd che finora ha fatto opposizione più verso il proprio elettorato che nei confronti della maggioranza. Un Pd timido e impotente più attento ai comitati di affari, alle prelature personali, alle alchimie laici-cattolici, ai potentati economici che alla gente che lo vota, di un partito che non riesce a parlare alla società che ha di fronte e alla sua gente che, anzi ,spesso e volentieri contraddice.
Così anche questo tentativo di messa in mora di Bersani, probabilmente giusta, anzi ovvia, in un un paese normale, in una situazione normale, fa parte a pieno titolo della stessa linea della sconfitta senza riscatto, dell’incapacità di uscire dal piccolo mondo antico. Tutti insieme appassionatamente.
State un po’ zitti, per favore. Ascoltate noi.
Ieri seguivo Otto e mezzo (la 7) c’erano Letta (pd) e Bonaiuti e in collegamento un candidato del movimento 5 stelle (di cui non ricordo il nome ahimé ) Letta spiegava che si sarebbero impegnati per cercare di vincere le elezioni del 2013 e parlava di alleanze alleanze alleanze alleanze, ed io me li sono visti quelli del pd , chiusi nelle loro stanze ed intenti a sforzare la mente per individuare, percenuali alla mano, quale alleanza gli potrebbe portare più voti. Ed é così che perdono. La politica per loro é diventata una specie di risiko, un gioco di società, un gioco da tavolo sul quale puntano e perdono. Ad un certo punto il rappresentante del movimento 5 stelle ha detto che non aveva sentito parlare di programmi. Appunto. Oggi ho letto che Giovanni Sartori sul Fq diceva che i programmi non contano e ci vuole passione politica; credo che ci vogliano tutti e due: programmi e passione. Ma al Pd continuano a pensare che si può vincere migliorando le strategie del “risiko” , scambiando un “gioco di società” per la società stessa che é fatta di persone e non di pedine da spostare insieme al voto…..
D’Alema a casa o sulla barca come preferisci….