So che magari sto per dire qualcosa che nel momento della delusione e della rabbia può sembrare strano, quasi un arzigogolo consolatorio. Eppure in queste elezioni amministrative non ha affatto vinto Berlusconi, anzi il suo partito del predellino e dei miracoli, è praticamente appaiato al Pd.

In parte eroso dall’astensione e in parte fagocitato dallo squalo leghista a cui ha fornito ossigeno per un decennio, il Pdl non ha ottenuto un risultato che gli consente di sopprimere  le tensioni centrifughe, nonostante l’amoroso Cavaliere canti vittoria.

Ciò che invece ha vinto è proprio quello contro cui molti di noi hanno combattuto in quest’ultimo anno: il berlusconismo inteso nella sua accezione più ampia. Una mentalità complessiva che Silvio, partendo dal materiale grezzo dei vizi nazionali, ha saputo coltivare, vezzeggiare, ingrassare, sottrarla alla ragione  fino a sdoganarla come atteggiamento normale e persino virtuoso.

Parlo della superficialità, del vivere in un presente senza prospettive, della mancanza di senso della comunità nazionale, dell’aggrapparsi alle piccole appartenenze locali o ad ecumeniche ipocrisie, ai luoghi comuni, ai pregiudizi, alle convenienze, al clan, alla famiglia, al comitato d’affari, alla conventicola, coniugando mirabilmente il qualunquismo dell’uomo della strada con le real politik dei partiti, compresi ovviamente quelli di sinistra e di opposizione.

Quelli che sono tutti uguali, quelli che tanto non cambia nulla, quelli la cui massima dimensione politica è la protesta, quelli che se pago le tasse mi rovino, quelli che le regole valgono per gli altri, quelli che lasciamoli rubare basta che facciano qualcosa, quelli che non me ne frega niente, quelli che non vivono senza televisione, quelli che dio mio la piazza proprio no, quelli che la politica fa schifo, quelli che considerano il proprio elettorato come un peso e quelli che senza un padrone o senza un mito sarebbero solo dei randagi. Tutti questi e altre infinite maschere della comedie italienne, sono il berlusconismo. Il partito che ha vinto e che rappresenta benissimo lo stato comatoso di un Paese che ha disimparato a guardare e da qualche anno ha persino paura di guardare.

Certo è impressionante notare la viscosità dell’elettorato italiano rispetto a quello francese che per molto meno di ciò che è accaduto in Italia ha punito la destra in maniera clamorosa. Ma i francesi hanno ancora un’informazione libera, non hanno il conflitto d’interessi, non hanno la camorra e sono una grande nazione, mentre noi siamo solo un Paese di grandi eccezioni.

Ma proprio tutto questo vuoto , questo nulla brulicante e contraddittorio sta generando il bisogno di nuove prospettive, di un modello diverso di convivenza e di sviluppo, un nuovo bisogno di politica, uno spazio diverso. Ne abbiamo visto i germi negli ultimi sei mesi. Nessuno si può illudere di trascurarli e di continuare come prima. E’ una piantina che può sbocciare. Se la curiamo, la innaffiamo, le concediamo nuovi pensieri. Non lasciamoci abbattere dalla siccità di idee e di cuore di questi anni.