Proprio questo Paese non da fare a meno della censura e dell’ipocrisia. Anzi a volte esse fanno parte integrante dello spettacolo come una processione di flagellanti che peccano con più gusto se poi possono fustigarsi. Così anche Busi è caduto sotto le grinfie di Masi  a causa delle sue intemperanze vocali ed è stato messo alla porta dalla Rai. In perpetuo. Con soddisfazione di varie e associazioni grillopardesche che si lamentano del fatto che sia stato detto detto qualcosa e si sia riempito il nulla.

Non guardo di certo i reality e quindi so della vicenda attraverso articoli e qualche video reperito in rete. Per di più Busi mi è anche cordialmente antipatico, proprio a pelle. Ma è del tutto evidente la ragione dell’ostracismo: nel Paese in cui è proibito parlare di politica sotto elezioni, anche solo accennare a quel crogiolo di stupidità e infingimenti di cui si nutre  la società italiana, è un fatto gravissimo. Se poi traspaiono critiche al governo e, dio non voglia, al Papa, la cosa è davvero imperdonabile. Mi meraviglio che non si faccia un decreto per restaurare la tortura.

Immagino lo scandalo di quell’associazione di genitori che plaude all’ espulsione di un personaggio non facile. Il che mi fa ritenere che madri e padri di questa sponda facciano vedere ai loro figli quel programma senza domandarsi se la vacuità assoluta, il guardonismo implicito, la volgarità di fondo, siano buoni strumenti educativi. Probabilmente pensano di sì.

E rimango basito di fronte all’ipocrisia del Codacons che finge di non sapere che una trasmissione è costruita dal cast. E non sa nemmeno a cosa serve il telecomando per cui si può cambiare programma se appena le cose dette non piacciono. Ma forse anche questa autonomia è vista come peccaminosa e inopportuna.

Tutto questo ci dice cosa sia la televisione nell’era del Cavaliere e cosa deve essere per i suoi famigli: un brulicante, rumoroso silenzio. Un’assenza  così fragorosa da far dimenticare se stessi.