Forse le critiche piovute su Napolitano dopo la firma del decretino salva Pdl, hanno fatto bene al presidente, quanto meno gli hanno dato il polso di un Paese che in larga parte non è disponibile ad accettare i continui diktat di Berlusconi. Lo ha forse rafforzato nella convinzione che si può dire di no. Così sta meditando di non dare il proprio assenso alla legge che uccide di fatto l’articolo 18.

E’ una svolta importante per molti motivi. Il primo è che contraddice la filosofia di questo governo di agire sempre più in deroga all’ordinamento giuridico, deformandolo senza toccarlo direttamente. Il fatto che un lavoratore debba firmare all’atto dell’assunzione una rinuncia di fatto ai propri diritti, accettando di mettersi nelle mani di mediatori non ben definiti, non solo è anticostituzionale, ma è anche l’ennesima furbata per evitare di pagare un dazio politico pur raggiungendo egualmente il risultato, ossia il furto di diritti.

Il secondo motivo è che un no del presidente contraddice in pieno la politica ormai apertamente padronale di quelli che furono un tempo dei sindacati. Cisl e Uil infatti anche su questo punto fondamentale hanno traccheggiato, evitando di prendere una posizione decisa e chiara. Rivelandosi per quello che sono: centri di potere legati ormai strettamente al disegno berlusconiano. Inutile dire che le attuali leadership ci fanno la figura dei cioccolatai se persino il prudente Napolitano li scavalca nella tutela dei lavoratori.

Forse i tempi sono maturi per pensionare un po’ di burattini. In attesa di pensionare il burattinaio.