Napolitano ha detto stamattina che “in democrazia non servono atti di coraggio”. E la cosa è davvero sorprendente, perché non c’è altro sistema di governo che invece ne richieda, tutti i giorni. Certo, alla luce degli ultimi avvenimenti si sarebbe tentati di giudicare la frase come autobiografica, ma in ogni caso è qualcosa talmente lontana dalla realtà del Paese che sembra la rituale continuazione della sordida favola che ci avvolge.

Ci vuole molto coraggio a resistere alle bugie che vengono dette tutti i giorni, alle minacce espresse e sotterranee che s’intrecciano dovunque, per resistere alle censure, all’uso della forza evocato o reale che viene utilizzato contro le proteste di chi ha perso lavoro o di chi rischia, come in Abruzzo, di contraddire la commedia governativa. Ci vuole coraggio per non perdere la speranza, per non scoraggiarsi.

Quindi delle due l’una: o il presidente della repubblica vive  nella quinta dimensione, cosa sempre possibile vista la vicinanza al buco nero del berlusconismo, oppure ha voluto elegantemente dire che non viviamo in piena democrazia.

Potremmo chiederglielo, se non temessimo di ricevere un’inquietante risposta: che non poteva non dire quello che ha detto.