La volta scorsa era l’obbligo di uscire di casa a 18 anni, oggi è la riduzione delle pensioni per dare 500 euro ai bamboccioni affinché escano dal nucleo familiare. Il ministro Brunetta non delude mai: ogni domenica ci rallegra con progetti demenziali, asserzioni insensate, cavolate colossali. Il dottor Freud potrebbe spiegarci che si tratta di una sindrome di compensazione, ma io sento invece in questa demenza progressiva l’eco di un’epoca. Ci vedo il lungo filo che lega questi terribili anni con le cene d’antan del craxismo dove bastava poco per sembrare brillanti e dove una boutade poteva essere scambiata per un’idea. Ci leggo l’Italia canaglia, svagata, dilettantesca, volgare e cinica che oggi raggiunge l’acmé. E dove  le stupidaggini pagano bene in termini di visibilità e di audience.
Ma al di là dei frizzi e lazzi giullareschi, è parecchio tempo che sentiamo progetti di compensazioni ed equilibri generazionali, tutti sul confine che separa l’idiozia dalla macelleria sociale: dare ai giovani invece che agli anziani, al privato invece che al pubblico, ai consulenti invece che agli impiegati e chi più ne ha, più ne metta. Ma una cosa non ho mai sentito dire: di compensare i redditi alti e altissimi con quelli bassi, di togliere un po’ ai ricchi per dare ai poveri. La cosa cioè più semplice e anche la più necessaria, sia per un elementare principio di equità, sia per l’economia. Tanto più che siamo uno dei Paesi dove il divario è esploso.
Eppure questo no, non si può fare. E nemmeno dire. Neanche al buffone di corte è concessa questa libertà.