La vecchia regola del cui prodest è quella che ci permette di fare un po’ di ordine nel casino che sta succedendo in Palestina e su cui girano le più diverse versioni, anche le più incredibili, le più fantasiose e quelle più banali che tendono a mettere in secondo piano i cambiamenti profondi che questa inaspettata esplosione pone in primo piano. Ora uno dei soggetti che si avvantaggia di questa azione  è certamente Hamas -in realtà creata a suo tempo da Israele per  contrastare l’Olp, ma che poi ha seguito una propria traiettoria.  Questa incursione in territorio israeliano,  lanciata  simbolicamente  proprio nel cinquantesimo anniversario della guerra Yom Kippur ottiene il risultato di mettere in crisi quei rapporti diplomatici che Israele stava tessendo in Medio oriente con i Paesi arabi, in particolare l’Arabia Saudita, comprendendo di non potere più rimanere un enclave occidentale a somiglianza di quei vecchi regni crociati che poi furono spazzati via.

La teoria secondo cui potrebbe essere stato lo stesso Netanyahu a fomentare il conflitto per superare la crisi e incoronarsi di “gloria” distruggendo Hamas una volta per tutte, non ha molto senso innanzitutto perché  il governo israeliano ci fa una pessima figura e in secondo luogo perché è impossibile distruggere Hamas visto l’enorme intrico sotterraneo della striscia di Gaza: un’operazione del genere richiederebbe  un bagno di sangue tale da spazzare via non solo Netanyahu, ma anche le formazioni estremiste e fondamentaliste che lo sostengono. Può semmai ricorrere a rappresaglie indiscriminate ( nella foto di apertura il bombardamento dell’ospedale di Gaza ) che naturalmente fanno il gioco di Hamas. Inoltre – questa è una cosa sulla quale insisterò perché è l’altra faccia di ciò che accade in Ucraina  – è piuttosto sciocco ragionare sulla base di mitologie di invincibilità createsi createsi sessant’ anni fa.

A questo punto dobbiamo domandarci chi potrebbe avere interessi coincidenti o sinergici rispetto a quelli di Hamas sceso in campo per risvegliare la solidarietà araba?  Non è difficile individuarlo: si tratta come sempre del santo protettore delle guerre e degli spargimenti di sangue, ovvero degli Usa che vedono come fumo negli occhi la possibilità che si crei un Medio Oriente  con un grado di autonomia e di sovranità tale da impedire a Washington di dividere e imperare. Così non ci sarebbe nulla di strano se Hamas fosse stata armata è spinta all’azione dagli americani dopo che è servita per tanto tempo  come innesco del caos e pretesto per fare i Israele uno stato sotto assedio, mentre assedia Gaza.  Il fatto stesso che tutta l’informazione anglosassone sembri prendere di mira l’Iran come responsabile,  fa capire che tutto è stato pensato per isolare Teheran proprio nel momento in cui stava costruendo una complessa diplomazia nell’area.

Tuttavia questa “alleanza” mette in luce nuovi rapporti di potere e in generale quel declino occidentale che allo stesso tempo è causa delle guerre e causa delle sconfitte. L’operazione  di Hamas dissipa come un’illusione la presunta invincibilità di Israele così come in Ucraina si è dissolta quella della Nato. Fino all’attacco furtivo di questo fine settimana, alcuni avevano continuato ad aggrapparsi all’affermazione che le  capacità tecnico-militari convenzionali e il massiccio aiuto da parte dell’America facevano di Israele l’egemone regionale, ma quella percezione era semplicemente rivolta al passato: in realtà Tel Aviv  ha dimostrato di essere totalmente impreparata a contrastare le tattiche di guerra ibrida di Hamas con fulminei assalti di squadra e attacchi di droni sia pure rudimentali. Forse se i servizi militari  e  di intelligence israeliani   non fossero stati coinvolti nella disputa politica sulle riforme giudiziarie pianificate da Netanyahu, cosa che di per sé dimostra il declino dello Stato, esacerbata dall’ingerenza dell’amministrazione Biden  allora avrebbero potuto individuare in anticipo i piani di Hamas e quindi essere in grado di sventarli. E a questo si aggiunge l’assenza dei satelliti americani tutti concentrati sull’Ucraina.

E questo ci porta al secondo interesse di Washington in questo conflitto: quello di coprire il disastro della guerra ucraina creando un altro incendio e con esso il pretesto di dire che ora bisogna congelare la situazione ucraina, anche se fanno i  conti senza la Russa che continuerà a martellare fino a che non avrà raggiunto i suoi scopi. Ma ormai per i democratici e per Biden che sperava di essere rieletto per la vittoria del regime di Kiev o quanto meno per le speranza di vittoria, tutto sta crollando. Meglio  passare a qualche altra strage.